Scelta del terapeuta

Salve a tutti,
volevo chiedere quali secondo voi sono le linee guida per scegliere un terapeuta, al di la della terapia che si intende seguire.
Insomma quali sono le molle e i criteri che ci fanno preferire un terapeuta a un altro.
MI chiedo ad esempio se scegliere un uomo o una donna, e se per questo tipo di scelta esiste un meccanismo psicologico o è pura casualità.
Se questa scelta è ancora figlia di un qualche retaggio culturale, nel senso che ancora oggi se si parla di certe professioni si pensa alla figura maschile e non a quella femminile.
Se invece a seconda del sesso del paziente ci si sente più a proprio agio con una o cn l'altra figura.
Faccio un esempio: magari un maschio si sente più a suo agio con un uomo sopratutto se in terapia deve dire cose che ritiene che solo una persona del suo stesso sesso può capire, oppure se pensa per imbarazzo di non riuscire a dire al terapeuta in quanto donna certe cose; o ancora perché crede che certi argomenti non potrebbe affrontarli con libertà con una donna.
Certo le informazioni che si prendono dovrebbero essere il cardine per la scelta del terapeuta così come il disturbo per ci si decide di andare in terapia, ma volevo sapere se alcune, o altre, delle cose che ho elencato entrano in gioco nella scelta del terapeuta e se sì come.
Grazie
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Dr.ssa Paola Scalco Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 4.3k 101 45
Gentile Signore,
a mio avviso esistono, come Lei stesso ha suggerito, Linee Guida INDVIDUALI, nel senso che quando si decide di consultare uno psicoterapeuta per valutare se può essere intrapresa una psicoterapia (non dimentichiamoci che non è così scontato o automatico...) è indispensabile ascoltare se stessi in quel preciso momento di vita e in funzione delle problematiche che vorremmo affrontare.
Non c'è un meglio o un meno peggio: ciascuno deve fare la sua scelta, in base a quanto suppone di sentirsi libero di esprimersi. Questo perché il feeling, l'alleanza che si costruisce in terapia è uno degli aspetti basilari della sua buona riuscita, al pari -se non addirittura, a volte, di più- dello specifico orientamento seguito dal terapeuta.

Cordialmente,

Dr.ssa Paola Scalco, Psicoterapia Cognitiva e Sessuologia Clinica
ASTI - Cell. 331 5246947
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dopo
Utente
Utente
Intanto grazie della risposta.
Sono d'accordo con lei che a seconda del momento è indispensabile ascoltare se stessi.
Infatti la mia era ed è una domanda più mirata a capire se ci sono meccanismi particolari che si innescano, come ad esempio quelli da me descritti prima, e se anche quella parte di retaggio culturale ha la sua parte importante.
Questo perché ho pensato di suggerire, e gliene ho parlato, non dico una terapia ma una chiacchierata a uno dei miei genitori che a mio avviso necessita di un qualche tipo di aiuto.
Appartenendo a una generazione diversa mi sono scontrato con molta diffidenza, col classico "io dal dottore dei matti non ci vado" che anche se mitigato è stato poi seguito dalla richiesta di andare da un terapeuta dello stesso sesso, forse per le ragioni che ipotizzavo prima.
Mi chiedevo se anche oggi, nelle persone di oggi, questo tipo di dubbi, di idee, di approccio resistono, non tanto relativi all'idea che solo i "matti" affrontano percorsi di questo genere, ma tanto per l'altro aspetto.
Grazie
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Dr.ssa Paola Scalco Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 4.3k 101 45
L'importante è che la persona si senta a suo agio, per quanto possibile priva di imbarazzo e timore di venir giudicata.
E poi, di solito, il più è rompere il ghiaccio: nella mia esperienza, è sufficiente una sola seduta per ridimensionare timori e pregiudizi.

Forse può essere utile la lettura di questo articolo:

https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/849-perche-non-andare-dallo-psicologo.html

Saluti.