Accettare se stessi

Gentili dottori,
vorrei approfittare di questo utilissimo spazio per chiedere un consiglio su come aiutare mio marito: 40enne di grande cultura e intelligenza, ha tuttavia un carattere molto complesso, forgiato in parte dalle altissime aspettative che la sua famiglia ha nutrito verso di lui e in parte dalla difficoltà di rispondere adeguatamente a idee preconcette che si è sempre creato da solo in merito a come debbano o non debbano essere le persone e le vicissitudini.
L'anno scorso, per merito, è riuscito a sbloccare una situazione lavorativa asfittica, iniziando un'attività completamente nuova, ma molto più faticosa e di responsabilità.
Di lì, dopo i primi entusiasmi, siamo precipitati in un momento di profonda fatica di cui ancora non si vede la fine.
Accusa spesso una grandissima stanchezza, ha difficoltà a dormire, il pensiero del lavoro gli provoca stati d'ansia (di cui ha sofferto anni fa, uscendone però in poco tempo) e ha pensieri intrusivi ricorrenti.
Sta cercando di superare la refrattarietà a contattare uno specialista; nel mentre però cerchiamo di analizzare insieme le ragioni profonde di questo malessere, che credo siano identificabili in due grandi causali: un senso di colpa mai risolto verso la famiglia d'origine, per il fatto di averla lasciata, per il fatto di essere riuscito a realizzarsi nella vita mentre i suoi cari non sono riusciti a ottenere quasi nulla e ancora combattono con problemi e questioni di antichissima data, e una specie di "sindrome dell'impostore" per cui, nonostante la forte autostima e la consapevolezza di sé, ritiene a volte ancora di non meritare ciò che ha.

Premesso che farò quanto possibile per convincerlo a parlare con un professionista, come posso nel frattempo aiutarlo a risalire un po' la china di questo tunnel untuoso e soffocante che ci priva di molta della gioia che possiamo fortunatamente vivere?

Vi ringrazio fin d'ora per l'attenzione
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dopo
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile signora,

concretamente potrebbe proporre di iniziare insieme un percorso psicologico in modo tale che poi Suo marito possa essere "agganciato" e poter proseguire da solo, se necessario.
Potrebbe ad esempio dichiarare a Suo marito la Sua difficoltà (di Lei che scrive) ad affrontare questa situazione e a stare serena, in quanto si sta preoccupando perché non sa come aiutarlo...

Per quanto riguarda l'aiuto a Suo marito, difficile dire cosa fare, perché questo senso di colpa, che è un'emozione particolare, appresa nel contesto di provenienza e probabilmente rafforzata nel tempo, dovrà essere trattato in un lavoro più profondo.

Quando Suo marito comprenderà davvero (non solo a livello razionale) che la colpa verso la famiglia è incongrua rispetto a ciò che ha fatto (=aver successo), allora si comporterà di conseguenza.

Cordiali saluti

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

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dopo
Utente
Utente
Ha ragione dottoressa, il disagio deriva dall'incapacità di coniugare consapevolezza razionale e gestione emozionale: se da un lato soffre della loro situazione, e vorrebbe proteggerli e donare loro l'allegria che non hanno, dall'altro prova rabbia per la loro passività assoluta nei confronti della vita, e vorrebbe scuoterli, e vivere la propria vita con più leggerezza, senza il peso di responsabilità così più gravose e ingiustificate del semplice amore fraterno e filiale.
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Dr. Enrico De Sanctis Psicologo, Psicoterapeuta 1.3k 66
Salve a lei, dalla lettura del suo racconto mi sembra che lei abbia una profonda considerazione verso suo marito, e questo è molto importante.

Da come la descrive, immagino che la questione lavorativa abbia un peso significativo nel malessere di suo marito, di cui ci parla. Per quanto io non conosca la situazione, posso capire quanto debba essere difficile trovare delle soluzioni ai problemi che purtroppo devono essere insorti. Peccato che l'entusiasmo iniziale si sia spento al momento. Vi auguro che possiate ritrovarlo senz'altro.

Accanto ai problemi lavorativi, che stanno inevitabilmente occupando tanta energia, mi sono anche interrogato sulla vostra relazione. In tal senso si andrebbe aprendo un grande capitolo della vostra vita, che sarebbe necessario approfondire. Riguarda il vostro incontro e la vostra storia, fin dalle sue origini.

In questa sede, con gli inevitabili limiti del caso, provo a comunicarle soltanto alcune riflessioni evocate in me dal suo racconto, volendo pensare con lei alcuni aspetti legati alle dinamiche relazionali. Provo ad accennargliele.

Mi sono chiesto se quella modalità relazionale di suo marito, che con attenzione e cura lei ha individuato, non possa verificarsi per certi versi in generale, nelle varie situazioni relazionali, e quindi non possa verificarsi anche tra voi.
Per esempio, quando dice che lui "non sente di meritare ciò che ha", questo sentire potrebbe accadere anche nel rapporto con lei, sentire cioè la sua profonda devozione e temere ad esempio di deluderla?
Questo certamente è solo un esempio tra le tante cose di cui sarebbe necessario parlare.

Ci tengo a dirle, inoltre, che mi ha colpito anche il titolo che lei ha scelto per il suo consulto: "Accettare se stessi".
Mi sono chiesto allora cosa significa accettare se stessi e se, in qualche modo anche nella vostra relazione, lei sentisse a volte suo marito non sempre autentico, magari in alcune occasioni legato o trattenuto, non sempre libero di essere se stesso? Per quanto io non conosca la situazione, mi sono chiesto se questo discorso non fosse potenzialmente coerente con le sue parole, quando cioè ha definito suo marito una persona con "un carattere molto complesso".

Infine, mi sono chiesto anche come si sente lei stessa sia di fronte al malessere attuale di suo marito sia di fronte al suo carattere complesso. Quello che prova è importante.
Ho pensato chissà quali saranno i suoi vissuti, che forse ha accennato quando ci ha parlato del "tunnel untuoso e soffocante" che sta togliendo vitalità. In proposito, sono stato particolarmente catturato dalla parola "privare" che ha utilizzato, facendomi pensare che non può non esserci in lei un carico emotivo legato a questa situazione e alla vostra relazione.

Magari sono esclusivamente le difficoltà lavorative attuali a generare il malessere di suo marito. Ho voluto tuttavia comunicarle in questa sede anche alcuni spunti ulteriori, affinché lei possa valutarli ed eventualmente considerarli per altre riflessioni e un punto di vista in più.

Un saluto,
Enrico de Sanctis

Dr. Enrico de Sanctis - Roma
Psicologo e Psicoterapeuta a orientamento psicoanalitico
www.enricodesanctis.it

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dopo
Utente
Utente
Gentile dottor De Sanctis,
La ringrazio molto per l'attenzione che ha dedicato alla lettura della mia richiesta: sentirsi "ascoltati" nelle singole parole può essere molto confortante.
Mio marito ed io abbiamo un rapporto molto intenso ed esclusivo, di lunga durata, abbiamo un substrato comune su cui si innestano radicali differenze che si completano vicendevolmente.
Abbiamo vissuto negli ultimi anni una sequenza di difficoltà strazianti, che ci hanno messo a dura prova psicologica e logistica, soprattutto quando è arrivato nostro figlio.
Il cambio lavoro ha significato anche un cambio di vita per entrambi, proprio quando le acqua si erano finalmente calmate e avremmo potuto tirare un po' il fiato: nella situazione attuale gioca quindi un ruolo di rilievo anche l'infinita stanchezza pregressa e il fatto che io stessa stia facendo i conti col mio recente vissuto di lutto, affrontando anch'io il poco piacevole ritorno dell'ansia.
C'è quindi molto da metabolizzare e accettare e le sue parole mi sono ulteriore spunto di riflessione: sono seriamente intenzionata a riprenderci la leggerezza, per noi come individui, come coppia e per nostro figlio.

La ringrazio di nuovo
Cordiali saluti
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile signora,

è chiarissimo questo punto:
"se da un lato soffre della loro situazione, e vorrebbe proteggerli e donare loro l'allegria che non hanno, dall'altro prova rabbia per la loro passività assoluta nei confronti della vita, e vorrebbe scuoterli, e vivere la propria vita con più leggerezza..."

ma Suo marito non potrà mai modificare la vita di altre persone.
Ha potere, come tutti noi, soltanto sulla propria e in ogni caso credo che qui si sia generato un problema perché avere questa mission inevitabilmente porta sofferenza dal momento che è irrealizzabile in partenza.

Cordiali saluti,

Dott.ssa Angela Pileci