Nostalgia della mia città

Buonasera,
volevo chiedere il parere di voi psicologi sulla mia situazione. Premetto che non si tratta di nulla di grave, però ho idea che possiate darmi qualche suggerimento o feedback illuminante.
Ho 33 anni e ne ho passati 29 nella stessa città in cui sono nato, un posto che ho sempre amato e sentito "mio", a mia misura, non ho solo bei ricordi ma è proprio come se abitassi a "casa", una casa grande come tutta la città. Strade, angoli, conosco tutto a menadito. Un posto in cui mi sarei visto crescere e invecchiare benissimo. Probabilmente è una sensazione di profonda familiarità data dall'abitudine, ma me ne sono reso conto una volta che mi sono trasferito (e qui viene il tasto dolente).
Da 4 anni abito in un'altra città, per amore, e con tutta la buona volontà, non riesco ad ambientarmi. Non mi piace, mi ci sento fuori posto. Mi manca tutto. Non passa giorno che non fantastico sul tornare a vivere nella "mia" città, e a volte mi sale un groppo alla gola perché mi rendo conto che non è per niente facile e forse mi sono un po' inguaiato. Qui ho casa di proprietà e fidanzata che non intende trasferirsi. E a me non basta farmi una gita ogni tanto nei "miei luoghi" per rinfrescarmi la memoria. Mi manca proprio svegliarmi la mattina ed essere lì, nel mio ambiente.
Preciso che nonostante la situazione da questo punto di vista non sia gradevole, non è drammatica, nel senso che quando ho questi pensieri tiro un sospiro e vivo lo stesso, anche bene. E di per sé, in casa le cose vanno benissimo (ironicamente infatti io a casa ci sto bene, è quando metto piede fuori che mi intristisco - parentesi nella parentesi: obiettivamente, dove sto adesso non è che sia un granché). Ma non riesco a farmene una ragione. A volte sfoglio gli annunci immobiliari della mia vecchia città e parte la nave della fantasia (con tonfo finale).
Insomma quello che vorrei chiedervi è questo: secondo voi è ancora "normale" che dopo 4 anni ci sia questa difficoltà di adattamento, e non posso aspettarmi di sentirmi già come mi sentivo in un posto in cui ho vissuto (benissimo) per quasi 30, e mi farebbe meglio "staccare" questo cordone e pazientare finché l'abitudine non mi fa stare meglio anche qui... quindi questi pensieri vanno lasciati scorrere perché lasceranno il tempo che troveranno, oppure è meglio dare ascolto a questa persistente nostalgia e a questa forte consapevolezza che mi spinge verso la mia vecchia città per riguadagnare quella splendida sensazione di "casa", prendere coraggio e cercare una soluzione (che sia convincere la consorte, o extrema ratio, "riconsiderare il rapporto" per dirla in termini manageriali?)
So che "la risposta è dentro di me", ma poiché entrambe le soluzioni - aspettare e lasciarmi coinvolgere dalla città nuova (che ormai tanto nuova non è) VS. prendere coraggio - sono ugualmente sensate e potenzialmente percorribili, sono un po' smarrito.

Vi ringrazio in anticipo!
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Dr.ssa Franca Esposito Psicologo, Psicoterapeuta 7k 154
Gentile utente,
A me sembra che la Sua *nostalgia* abbia proprio la connotazione irreale della *nostalgia* cantata dai poeti dello scorso secolo. Bella e struggente perche` irrealizzabile "Saudade" la chiamavano in Sud-America: Una emozione tipica degli immigrati che sognavano la loro casa, ove avevano lasciato familiari e affetti immensi, per andare incontro ad un avvenire piu' confortevole economicamente.
E soffrivano, tanto. In un Paese cosi` estraneo e a volte ostile!

Lei dove si e' trasferito invece?

Quindi ora Le proporrei di elaborare questo concetto: quello della *saudade*.

Legga qualcosa a tale proposito per elaborarne i temi. Che concernono non solo il *luogo* ma l'identita'. Lo sradicamento dalla propria realta'. Per incontrare un'altra.

Potrebbe essere molto interessante per Lei!
Auguri!

Dott.a FRANCA ESPOSITO, Roma
Psicoterap dinamic Albo Lazio 15132

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dopo
Utente
Utente
Dott.ssa Esposito, la ringrazio per la sua risposta. Ho letto qualcosa sulla "saudade", che in parte riflette la mia condizione sebbene la differenza fondamentale sia che il mio sogno non è "irrealizzabile", bensì tremendamente concreto e a portata di mano (15 km scarsi mi separano dalla mia Itaca!).
E in più il mio disagio non è molto tinto al passato, nel senso che il mio è un discorso proprio più pratico - una dimensione che mi appartiene (ancora) versus una che (ancora) non sono mai riuscito a fare mia, e ci ho provato tanto.

Ad ogni modo ne ho parlato con la mia consorte, che non sapeva (ancora) di questo mio disagio, e si è detta del tutto disponibile a fare le valigie da subito, quindi proverò ad assecondare questa nostalgia e tornare dove sono sempre appartenuto. Lo so che è più tonificante e formativo provare a conoscere nuove realtà e costruirsi nuove parti della propria identità; ci ho provato. Vedremo come va. Al limite si riparte!

La ringrazio di nuovo.