Depressione e innamoramenti ossessivi

Buongiorno.Dai miei 20 anni ho sofferto di stati depressivi e ansiosi. Sono riuscita a portare avanti l'università bene, tuttavia dopo 3 mesi di terapia i problemi anziché diminuire aumentavano: l'ansia peggiorava, rimettevo, tremavo, avevo dolori alle ossa e capogiri fortissimi. Lo psicologo non mi dava alcun sostegno, diceva che l'unica soluzione era trovarmi degli amici e uscire. Io non ne avevo, all'università erano tutte fidanzate e non gliene fregava niente di uscire con me. Dopo 3 mesi mollai. Andai da uno psichiatra e con una cura di 30 gg di citalopram e 1 cp di sereupin in un mese stetti bene. Dopo anni, ho una terapia di mantenimento di 15 gg di citalopram e 1 cp di sereupin. Ammetto che spesso non prendo i farmaci sentendomi bene anche per parecchio tempo. Ora non li ho presi con costanza per un po' e sto male da circa 8 giorni. In questo periodo si è presentato un problema di cui solo ora ho preso coscienza, anzi due. Il primo è che io non riesco a viaggiare. Da quando mi rifiutai, a 19 anni, di restare a Roma e tornai indietro sotto shock non sono mai riuscita ad andare da nessuna parte. Nemmeno da mio padre.Non riesco a viaggiare, ci ho provato ma sono tornata a casa da mia madre il giorno dopo. Non sono andata nemmeno al funerale di mio zio. Mi sono sentita un mostro, ma tornare in una città con solo brutti ricordi mi ha paralizzata. Ora mio padre dice che sono come un cane da compagnia per mia madre, che non so vivere. Pure io mi sento inabile alla vita. E qui veniamo al secondo problema: io ho avuto, a 30 anni, solo amori impossibili. A 12 anni mi innamorai del vicino di casa più grande, e lo rimasi per 4 anni. Ci fantasticavo sopra...lui era all'università in un'altra città. Poi dai 16 anni fino ai 18, ogni anno cambiavo oggetto del desiderio. Mai ricambiata.Uno mi mandò al diavolo. A 19 anni presi una cotta per un assistente. Contavo di scrivergli una lettera anonima per ringraziarlo, perché mi aveva reso piacevole l'università, ma non lo feci,continuai a fantasticare. Come per le altre volte, non vedendolo più mi passò dopo un anno. Ora, dopo 10 anni di stallo mi sono 'innamorata'. Di un tizio visto su facebook. Con cui ho parlato pochissimo, perché è 'famoso'. Forse è pure gay. Stavolta però ho avuto l'idea: avevo una scusa e l'ho contattato. E' stato un 'No' su tutta la linea: no a parlare di libri, no ad un cinema. Misantropo, non vuole essere seccato. Ed è stato come risvegliarsi da un sogno: ho preso coscienza che le mie fantasie tali sarebbero rimaste. Ho capito che sono stata poco umile e molto egocentrica. Ho fatto una ricerca su internet ed è uscito fuori che esiste la patologia, che vi sono 'sognatori compulsivi'. E che tornare alla realtà è dolorosissimo. E io lo sto vivendo: non riesco più a rifugiarmi nelle mie fantasie e dirmi che va tutto bene. Ho capito che devo salvarmi da sola. E' una buona idea una psicoterapia? E'una buona idea resistere alla tentazione di sbirciare il profilo del tizio in questione?
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Dr.ssa Laura Rinella Psicologo, Psicoterapeuta 6.3k 119 9
Gentile Utente,
rifugiarsi nei sogni e nelle fantasticherie su amori impossibili, probabilmente la esenta dal viverle nella realtà.
Le ipotesi possono essere molte, tra le quali forse una difficoltà a staccarsi dalla vita familiare (sua madre) e diventare autonoma con un suo progetto di vita. Così come anche la difficoltà a viaggiare potrebbe fare pensare.

Che tipo di rapporto ha con sua madre? E con suo padre?
I suoi sono separati?
Lasci perdere le patologie lette su Internet e le relative autodiagnosi , sarebbe opportuno incontrasse un nostro collega per una valutazione diretta e un eventuale percorso terapeutico che la possa accompagnare a superare le difficoltà esposte e a godere di una qualità di vita personale e relazionale più piena ed appagante.

Inoltre non regoli da sola o addirittura sospenda di sua iniziativa il dosaggio dei farmaci, ma si consigli con lo specialista prescrivente.

Cordialità

Dr.ssa Laura Rinella
Psicologa Psicoterapeuta
www.psicologiabenessereonline.it

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dopo
Utente
Utente
Non riesco a essere autonoma. Nello studio lo sono ma non in altro. Ad esempio, sono terrorizzata dall'idea di vivere da sola. I miei sono separati e io sono sempre stata legatissima a mia madre, ma la cosa è divenuta chiara dopo i 19 anni. E' come se fossi regredita. Lei mi capisce sempre, mio padre invece urla solo.
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Dr.ssa Laura Rinella Psicologo, Psicoterapeuta 6.3k 119 9
Ben si comprende dal suo scritto la difficoltà a staccarsi dalla famiglia e diventare autonoma, la separazione dei suoi ha un probabile ruolo in tutto questo, andando, ipotizzo, a creare o mettere in evidenza/sostenere dinamiche relazionali improprie.
E' su questo a mio avviso che sarebbe opportuno lavorare, per non vivere in amori fantasticati e impossibili, per darsi l'opportunità di allontanarsi da casa e "tagliare il cordone ombelicale" che la tiene "legatissima" a sua madre, maturando con lei un rapporto più consono alla sua età adulta.

Progredire verso la sua autonomia, verso il suo status di donna adulta con un proprio progetto di vita al di fuori delle mura domestiche (cosa che attualmente la terrorizza), oltre ad altro che un colllega di persona saprà valutare, può diventare possibile con l'apporto opportuno.

Cordialità
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Dr.ssa Franca Esposito Psicologo, Psicoterapeuta 7k 154
Gentile utente,
Forse Lei sente il bisogno di *classificare* tramite Internet la Sua maniera di essere.
Se vuole nulla Le impedisce di farlo. Ma non sta centrando il Suo problema.
La personalita' ha diversi aspetti e l'affettivita' e' un aspetto molto rilevante di essa.
Cio' che racconta indica un *congelamento* della Sua affettivita' che Lei ha sofferto con la depressione adolescenziale.
Poi l'ha voluto *rimuovere*. E' un meccanismo di difesa inconscio per non soffrire.
Non e' l'ansia il Suo male anche perche' seppure ci fosse l'ansia sarebbe solo un sintomo di un conflitto profondo che forse dovrebbe elaborare compiutamente.
Cosa blocca la Sua affettivita? Lo sa?
Come sono stati e come sono i rapporti con i Suoi genitori?
Ci sono sensi di inadeguatezza? Di colpa? Ci sono stati nell'infanzia desideri allora censurati che la turbano nell'oggi all'emergere di impulsi affettivi o sessuali ? E che quindi Lei vanifica nella loro possibilità di espressione reale?

L' affettivita' e le disfunzioni dell'affettivita' possono condurla ad una vita molto triste nell'oggi e nel domani.

Rifletta su questo e magari ci pensi a regalarsi una psicoterapia dinamica per comprendersi e risolvere i Suoi conflitti di giovane donna!

Auguri!

Dott.a FRANCA ESPOSITO, Roma
Psicoterap dinamic Albo Lazio 15132

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dopo
Utente
Utente
grazie per le risposte. non so cosa blocchi la mia affettività. non ho avuto abusi, se è questo che intende, e i rapporti con i miei genitori, che si sono separati quando avevo 19 anni dopo anni di litigi, sono buoni. mia madre mi è stata molto accanto e ha capito il mio malessere, e questo mi ha legato ancora di più a lei, mentre mio padre no. in realtà non ne sa nulla, perché se provo ad accennarlo non lo capisce minimamente. ho paura, ho tremendamente paura. è come se mi fossi risvegliata da un sogno con quel 'no'. non capisco se questo è il mio modo di essere, e quindi io debba accettarlo, o cambiare, a costo di sputare sangue. perché mi rendo conto, a volte, di non voler cambiare. di voler restare nel mio bozzolo. se sto bene, mi dico che prima o poi ci riuscirò, e vado nel mio mondo di fantasia, se sto male, la realtà mi prende a pugni e mi dico che dovrei cambiare ma che non voglio farlo. non ci capisco niente. vorrei solo non amare più in modo così sconclusionato. come posso fare? resisto alle fantasie e all'impulso di guardare il profilo del tizio in questione ma non so come uscirne