Come si chiama quello che sta succedendo?

Ho 28 anni e sono fidanzata da 4 con un ragazzo di 38.

Da due mesi abbiamo una bambina e lavoriamo entrambi nel bar di famiglia di lui, che nella carta è suo ma di fatto è un "prestanome" del padre ultrasessantenne che ha in mano ancora quasi tutta la gestione.

Una famiglia aldilà di tutto quello che andrò a scrivere, piena di sani principi e valori.

Il motivo per cui vi scrivo è che sto pensando di lasciarlo.

Lui ha continui sbalzi di umore, dorme di giorno e passa la notte al computer (6-7 ore) manca ai suoi impegni lavorativi, risponde arrabbiato a quasi tutte le richieste, non vuole svegliarsi e si arrabbia quando deve andare a lavoro, beve appena puo anche se non esagera, ma soprattutto fa uso "moderato" di cocaina.

d ora con la bambina, si ha imparato a cambiare pannolino cosa di cui ne va molto fiero e mi alleggerisce un un'po, ma la maggiore tocca a me perché spesso, dormendo di giorno, non vuole alzarsi per aiutarmi.

Di fronte a tutte le mie ramanzine, rotture di coglioni o discorsi fatti con amore per migliorare il nostro rapporto, lui 5 volte risponde malissimo, 1 lo tocca nel profondo e si pente.

Ma io sono stanca di sperare.

Oggi mi ha detto che forse soffre di esaurimento nervoso, ma io, pur apprezzando la sua autoanalisi, non credo sia quello.

Pur sapendo che il rapporto con il padre che lo ha sempre criticato di non fare abbastanza che ha influito nella sua pigrizia, io comunque non gli credo.

E non gli credo perché io sono l'unica che lo ha sempre valorizzato e coccolato e perciò se lui tratta male me perché sta male lui, non lo trovocgiusto e non mi viene voglia di aiutarlo
Cosa devo fare e soprattutto...è davvero esaurimento nervoso?
Se no come si chiama il suo problema?
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.8k 183
Gentile utente,
avendo letto anche la lettera che ci ha scritto due anni fa, direi che la domanda "come si chiama il suo problema?" si risolve nella formula un po' brusca che ha usato lei stessa qui sopra: si chiama "rottura di c...".
A quello che lei racconta, infatti, quest'uomo, presumibilmente debole, è stato sempre vittima delle decisioni altrui.
Il padre gestisce un bar, ma usa il figlio come prestanome e lo fa lavorare, forse senza uno stipendio idoneo e meno che mai contributi e diritti, e lo critica incessantemente per la sua pigrizia.
Quando quest'uomo si fidanza, la ragazza, ossia lei, va a lavorare nello stesso bar (spero, almeno lei, in regola), va anche a vivere lì vicino e comincia a pressarlo senza sosta perché lui si decida a rinunciare all'uso notturno del computer, alla cocaina, e conviva con lei.
Chiaramente la sua stanzetta solitaria, le veglie notturne, i suoi "vizi" erano per lui le uniche oasi concesse da una vita ossessivamente concentrata su obblighi anche topograficamente circoscritti come in un lager, ma lui stesso non sa difendere i suoi spazi.
Uno psicologo due anni fa le aveva detto che lei avendo tratto dalla situazione tutto il possibile: un lavoro, l'occasionale compagnia che il "fidanzato" era disposto a concederle, non poteva pretendere altro.
L'altra mia collega, nel consulto di due anni fa, l'ha guidata a riflettere: era evidente che il suo rapporto col fidanzato era un braccio di ferro per imporgli cose che lui chiaramente non desiderava.
Infatti, quest'uomo ha resistito finché ha potuto, spesso gridando e ribellandosi, ogni tanto cedendo e soffrendo pure di sensi di colpa. Infine ha perfino messo al mondo una bambina. Mi chiedo se ha veramente desiderato almeno una cosa così intima e personale come la paternità, o se anche questa gli è caduta addosso per decisione altrui.
La conseguenza di una mancata assunzione, prima che di responsabilità, di scelte personali libere, sta tutta nella sua accurata descrizione: "Lui ha continui sbalzi di umore, dorme di giorno e passa la notte al computer (6-7 ore) manca ai suoi impegni lavorativi, risponde arrabbiato a quasi tutte le richieste, non vuole svegliarsi e si arrabbia quando deve andare a lavoro, beve appena puo anche se non esagera, ma soprattutto fa uso "moderato" di cocaina".
Lei a questo punto cosa può fare? Decidere, meglio se con l'aiuto di un professionista, ma questa volta ascoltando le sue parole, o di aiutare quest'uomo, con discrezione e rispetto, a scoprire la libertà, senza più pressioni, rimproveri, strattoni, ricatti morali, imposizioni, o di farsi la sua vita per fatti suoi.
Nella sua prima lettera manca qualunque riferimento a suo padre: anche questo può essere significativo.
Rifletta e decida, per il bene suo, e a questo punto anche della bambina che ha messo al mondo.
Auguri.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com

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dopo
Utente
Utente
Io amo profondamente il mio compagno.
L'ho incoraggiato continuamente a fare quello che desiderava di più, gli ho addolcito la vita essendo una ragazza molto affettuosa e capace di ascoltare.
Lo amo perché conosco i suoi tanti lati positivi, estremamente intelligente, estremamente simantico, estremamente curioso etc..
E si, questa bambina la desideravamo ma abbiamo fatto in modo che fosse il destino a mandarla, senza programmarla.
Il punto è che quello che dice riguardo le imposizioni nella sua famiglia, sono tutte vere.
Ma vorrei che lo conoscesse, questo ragazzo é un toro, non guarda in faccia a nessuno, apparentemente non è affatto debole.
Sono sicura che nonostante il suo egocentrismo, sia sopraffatto da tanti sensi di colpa che provengono dal padre e da me, ma io ritengo che le richieste che gli faccio, non vadano oltre le responsabilità di una vita di coppia.
Non so fino a che punto il suo caratteraccio insolente, presuntuoso, arrogante, volgare, venga da quello che vive quotidianamente con il padre.
Se fosse così saprei che vale la pena stargli vicino.
Ma lui mi tratta male ed io ad un certo punto dovrei pensare alla mia salute.
Per esempio, quando parlo di cocaina con lui, lui non si vergogna, non è debole..ma fiero, tanto che spesso ne parla in pubblico.
[#3]
dopo
Utente
Utente
Inoltre per quanto riguarda il padre di lui..beh, i lati negativi di sicuro li avrà capiti.
Un ultra sessantenne che non molla l'attività, anche lui pieno di vizi che rimprovera troppi spesso il figlio, MA...infondo è un uomo di cuore, lo capisco dal rapporto che ha con me, purtroppo per i figli.
Lo dico perché quest'uomo con me ha pianto, a me ha dato tante carezze, mi tratta benissimo e ha fatto in modo che io fossi assunta regolarmente.
È un serpente che si morde la coda questa situazione, perché il padre occupa il ruolo del figlio e lo scredita perché il figlio non prende il suo posto alle sue regole.
Il figlio è estremamente pigro di natura e per rifiuto nei confronti del padre manca a quasi tutti i suoi impegni e tentativi di dialogo.
Non credo vorrebbe farsi aiutare da uno psicologo, é pragmatico e non crede in queste "cazzate" a suo dire.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.8k 183
Gentile utente,
l'insieme dei suoi messaggi è ricco di contraddizioni che andrebbero analizzate nella sede opportuna, quella della terapia psicologica.
Da qui non è possibile spiegare quella che tecnicamente si chiama "ricerca nevrotica dell'equilibrio", costituita da un aggrapparsi ad affermazioni contraddittorie, inverosimili, per mantenere una visione della realtà che viene di continuo smentita dai fatti.
Basti per tutte il confronto tra queste frasi: "Il motivo per cui vi scrivo è che sto pensando di lasciarlo"; e nell'email seguente: "Io amo profondamente il mio compagno".
Di seguito: "Lo amo perché conosco i suoi tanti lati positivi, estremamente intelligente, estremamente simantico, estremamente curioso etc.", mentre poco dopo parla del "suo caratteraccio insolente, presuntuoso, arrogante, volgare".
E per quale di queste doti sostiene di amarlo?
A questo si accompagnano i contorsionismi mentali per cercare di dir bene del padre di lui e intanto lasciar trapelare i suoi comportamenti deplorevoli.
Al momento lei è così aliena dal vedere chiaramente la realtà che equivoca sul mio invito ad affidarsi ad un professionista e sembra credere che io lo abbia suggerito per il suo partner, infatti risponde: "Non credo vorrebbe farsi aiutare da uno psicologo, é pragmatico e non crede in queste "cazzate" a suo dire".
Ossia, è una persona disinformata e incapace di guardare dentro di sé, come ce ne sono tante, che di pragmatico non hanno proprio nulla.
La invito ancora a pensare a sé e alla sua bambina.
Le avevo chiesto se suo padre le è stato vicino nell'infanzia e nell'adolescenza, ma non mi ha risposto, lasciando immaginare una carenza che potrebbe spiegare tante cose.
E' tempo di uscire dalle costruzioni immaginarie.
Molti auguri.
[#5]
dopo
Utente
Utente
Dottoressa, mi sono contraddetta perché credo che come tutti il mio ragazzo ha sia pregi che difetti..e io in momenti diversi li ho raccontati.
Per il resto in non la penso come lui nella questione psiche e ho affrontato in passato uno psicologico.
In ultimo, non ho parlato di mio padre perché "manca qualunque riferimento a suo padre" lo avevo inteso come padre di lui, da li la mia risposta.