Depressione post degenza ospedaliera

Buongiorno. Mio padre , 73 anni, è stato ricoverato per due mesi e mezzo in ospedale. Prima la diagnosi è stata di un'osteomielite cronica con l'altissima probabilità di amputazione alla gamba. Poi gli è stato praticato un by pass axillo femorale per poter scongiurare questa evenienza. Premesso che lui a parte questo gode di ottima salute e di fisico di ferro, ora si trova in uno stato confusionale abbastanza marcato. Ossia ogni tanto nomina cose o persone non rientranti nel contesto, Ci riconosce benissimo e per il resto è sì molto debilitato. I medici hanno detto che in poco tempo nel suo ambiente tutto questo disagio dovrebbe rientrare. Sono situazioni queste che si presentano nel caso di ricoveri un po' più lunghi? Grazie per la risposta e buo lavoro.
Mariagrazia
[#1]
Dr. Alessandro Roscetti Anestesista 83 3
Carissima Mariagrazia,
la questione sulla quale Tu poni il "problema" e la ricerca di risposta è complessa ed all'attenzione, già dal 1987, del Chiarissimo Professore, di Anesthesia, Ronald D. Miller, M.D., allora Presidente dell'American Board of Anesthesiologist, dell'epoca Organismo più autorevole dell'Anestesia e Rianimazione.
R.D. Miller incaricò, in quell'anno, l'unico Anestesista che conosceva anche Psicologo, per cercare di colmare la lacuna, a cui non si sapeva rispondere.
Così il sottoscritto Alessandro, neofita in Anestesia ed in Psicologia, si trovò sulle spalle un fardello non indifferente: conciliare l'Anestesia con la Psicologia (le mie due passioni ma che in quel periodo gli Anestesisti e gli Psicologi ritenevano discipline distanti per non dire inconciliabili).
Nacque così, dopo studi, approfondimenti, sperimentazioni, il testo di studio "Problemi Psicologici in Anestesia", LAS Editore, pubblicato in prima edizione nel 1991, tradotto nelle lingue principali, per adeguata divulgazione ed utilizzo per le scuole di specializzazione in Anestesia e Psicologia Clinica, dei Paesi interessati ad approfondire la materia.
La risposta al Tuo quesito si potrebbe già trovare nel testo, ma l'esperienza acquisita, ed il desiderio di essere immediato nel processo di aiuto (mi appartiene per deformazione professionale), mi impone attenzione affettiva a risponderTi, brevemente ed in modo adeguato, come ad una Sorella, anche perchè in Nostri Papà sono coetanei.
Veniamo quindi al punto: 1) ogni evento che ci allontani dai Nostri Soggetti di investimento emozionale affettivo, si traduce in un vissuto di lutto, anche se per breve periodo; 2) ogni intervento chirurgico, o condizione nuova, che Ci imponga una possibilità di rimaneggiamento delle Nostre abitudini di Vita od aspettative di Vita, equivalgono ad un lutto; 3) una Anestesia Generale, quale quella subita dal Tuo Papà, per l'intervento chirurgico, specie se condotta come neuroleptoanalgesia, come d'uso per le Persone Anziane, per garantire maggiore stabilità emodinamica, è in grado di dare luogo ad alterazioni del comportamento e del tono dell'umore; 4) una scelta terapeutica chirurgica del genere, che descrivi, indica una valutazione, da parte dei Colleghi Curanti, di una patologia preesistente ed in atto, in grado di dare luogo a micro embolie, le quali possono interessare anche organi cosidetti "nobili", quali l'encefalo; 5) l'intervento stesso pone delle caratteristiche di rischio di "spallinamento", vale a dire del'insorgenza di micro embolie.
Per essere maggiormente esauriente quindi avrei bisogno: di avere sotto mano la cartella clinica del ricovero, comprensiva di tutti i presidi terapeutici attuati, non ultimo della cartella anestesiologica, con l'estratto delle variazioni emodinamiche avvenute durante l'intervento; di conoscere il trattamento in corso per prevenire, per quanto possibile, micro embolie; di una Risonanza Magnetica cerebrale, con mezzo di contrasto gadolinio.
Tutto questo per poterTi orientare in modo adeguato, dopo aver fatto diagnosi differenziale, sul percorso da intraprendere per aiutare Papà.
Altrettanto farei per il Mio.

Con Affetto
A Disposizione


Alessandro Dr. Roscetti

[#2]
Dr. Daniel Bulla Psicologo, Psicoterapeuta 3.6k 187 37
Gentile Utente,
da decenni è risaputo che interventi di chirurgia cosidetti "maggiori" (non l'appendicectomia, per intenderci...) determinano nei pazienti degli stati psicologici particolari, caratterizzati per lo più da ansia nella fase perioperatoria, e da episodi depressivi soprattutto dopo i primi dieci giorni post-intervento. Stati confusionali come quelli da lei descritti sono frequenti soprattutto nelle 72 ore dopo l'intervento, e sono per lo più dovuti all'effetto di agenti anestetici (tant'è che, ad esempio, è prassi diffusa l'uso di farmaci antipsicotici in queste fasi).
Ora, nel caso di suo padre bisognerebbe valutare quanto il particolare tipo di intervento abbia influito sulla "qualità di vita" del paziente, cioè quanto ne abbia sofferto, quali i limiti, etc. Solitamente la reazione dei pazienti è direttamente proporzionale alla loro personalità "indipendente" prima dell'operazione; non sono infrequenti episodi confusionali. Vero è anche che un'eventuale sofferenza cerebrale intraoperatoria potrebbe determinare dei peggioramenti nel normale stato di coscienza.
In conclusione, le direi innanzitutto di non allarmarsi; per togliersi eventuali dubbi si rivolga ad un neurologo di fiducia, il quale le indicherà quali esami portare, etc.
In secondo luogo, provi a dare un'occhiata sulla rete circa le reazioni psicologiche/psichiatriche dopo interventi di chirurgia. Andrà bene un qualsiasi motore di ricerca (in inglese potrebbe usare termini di ricerca quali SURGERY, PSYCHOLOGICAL DISTRESS, DEPRESSION,, etc.
Se dovesse riscontrare problemi mi può scrivere all'indirizzo dbulla@libero.it, noi qui in clinica ci occupiamo proprio dell'analisi psicologica con soggetti sottoposti ad interventi chirurgici.

Cordialmente

Dr Daniel Bulla

Cordialmente

Daniel Bulla

dbulla@libero.it, Twitter _DanielBulla_

[#3]
Dr. Alessandro Roscetti Anestesista 83 3
Carissima Mariagrazia,
colgo l'occasione per approfondire alcuni aspetti, per cui è stato di grande stimolo anche la risposta del Collega Dr. Daniel Bulla.
Tali approfondimenti hanno lo scopo di cercare di ottemperare a sfatare alcune credenze, o "madie con cristalliera", sull'anestesia.
Questo, che sto per proferire, potrebbe affermarlo qualsiasi anestesista, quale anch'io sono, come anche psicologo, compreso l'Anestesista che si prese cura di Papà.
Una premessa comunque deve essere fatta: le scienze, che si occupano della cura dell'Uomo, non sono scienze esatte.
L'unica via per ovviare a questo problema, e quindi l'unica strada per ottenere un efficace cura, di fatto è la perizia, la prudenza e l'attenzione che ogni professionista del "Campo Salute" deve porre a disposizione secondo proprie competenze.
1. l'anestesia generale non è uno stato di coma, neppure di coma farmacologico.
2. l'anestesia generale è una condizione di insieme: di sonno, dove può anche presentarsi infatti attività onirica poi riferita da chi la "subisce"; di analgesia, anch'essa implicata in attività oniriche; di miorisoluzione.
3. non esiste uno "schizzo di anestesia": di fatto anche nel consenso informato anestesiologico, il rischio anestesiologico, è soltanto in minima parte considerato determinato dalla durata dell'intervento, ma dall'utilizzo stesso di farmaci specifici all'uopo.
4. proprio per il fatto che vengono usati tali farmaci, anche per una appendicite, correttamente cosiderato appartenente alla chirurgia minore, in senso relativo, la costellazione neurochimica, e quindi eventuali effetti secondari, devono considerarsi gli stessi.
5. il senso relativo di un intervento chirurgico, minore e così fino al maggiore, è in funzione del solo rischio chirurgico.
6. il rischio anestesiologico non segue la medesima correlazione: minore o maggiore è determinato dal rapporto tra il tipo di intervento e le condizioni generali cliniche di chi si deve sottoporre ad intervento.
7. la sofferenza cerebrale, da anestesia generale, per l'abbondanza di uso di farmaci, sempre in uso per tale condotta medica (l'etrane o enfluorane come vapore anestetico è abbandonato da prima che divenissi anestesista), protettivi per l'attività cerebrale stessa perchè hanno lo scopo di ridurre la necessità di consumo di ossigeno encefalico, è fantasia: a meno che con concomitino diversi fattori producenti una alterata stabilità emodinamica (ma allora gli effetti sono macroscopici che si manifestano nell'immediato: dall'infarto cerebrale massivo alla morte... non alterazioni del tono dell'umore e/o della personalità).
8. l'anestesia generale viene condotta con farmaci che vengono eliminati completamente dall'organismo comunque nell'arco di 24 ore (il deidrobenzoperidolo, neurolettico e quindi anche antipsicotico, negli anziani con difetti di clearance renale).
9. nel caso di persona sottopostasi ad intervento chirurgico ed affetta da insufficienza renale cronica, esistono conduzioni di anestesia generale che promuovono l'eliminazione dei farmaci, per l'anestesia, per la via respiratoria polmonare: finito l'intervento terminata l'attività anestetica.
10. l'uso di quest'ultima conduzione dell'anestesia deve ancora essere dimostrato essere in grado di dare luogo ad effetti collaterali da Te descritti di Papà.
11. l'attività onirica appartiene agli stati di coscienza.
12. durante l'anestesia generale, oltre al perdurare di uno speciale stato di coscienza, persiste uno stato emozionale affettivo, neurochimicamente il sistema neurovegetativo centrale, in grado nell'insieme di continuare a dialogare con l'anestesista, con il metalinguaggio del corpo.
13. l'anestesista conosce questo sistema di comunicazione che permette di personalizzare l'anestesia secondo le richieste, ad esempio fatte da Tuo Papà.
14. per tale motivo è la persona che finisce per "scegliersi" istante per istante ciò che è bene per Lui, ed all'anestesista sta assecondare le richieste.
15. piuttosto, visto che non si tratta di "schizzi", durate, chirurgie maggiori od altro, le alterazioni del tono dell'umore e delle performances psicofisiche, sono collegabili a livello neurochimico al fatto che in ogni caso l'uso di farmaci anestesiologici, ipnotici, stupefacenti, neurolettici, anche se eliminati ed allontanati dall'organismo nella loro attività primaria, anestesia, in breve tempo, lasciano una memoria di modificazione neurochimica recettoriale cerebrale.
16. gli effetti si rilevano a distanza: ma ogniuno ha il suo "marchio di fabbrica", per cui è possibile già nell'immediato promuovere contromisure, per riportare allo stato di equilibrio originale il sistema recettori neurotrasmettitori encefalici rilevati alterati.

Come agire allora?
Premesso quanto descritto il 15 Agosto, il consiglio del Collega Daniel Dr. Bulla mi sembra estremamente valido. Il collega neurologo dovrà comunque essere supportato da una consulenza anestesiologia, ed un supporto psicologico in associazione, rappresenterebbe il team ideale.


Tutti abbiamo sempre bisogno di lavorare in equipe, per ottemperare alle deficienze derivanti dalle proprie competenze specifiche.


In Fede

Con Affetto

Alessandro Dr. Roscetti
[#4]
Dr. Stefano Garbolino Psichiatra, Psicoterapeuta, Sessuologo 2.5k 36 2
Gentile utente, sono in accordo con i pareri precedenti.
Cordialmente

Cordialmente
www.psichiatriasessuologia.com

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