Gestione dei NO nel'educazione dei bambini piccoli

Buongiorno,
vorrei chiedere un consiglio riguardo il modo migliore per educare un figlio (per la precisione una bambina) nei primi anni dello sviluppo.

Premetto che io e mia moglie siamo una coppia internazionale (io italiano e mia moglie coreana) e che la bambina riceve l’influenza di entrambe le culture ma con maggiore influsso da parte della mamma (trascorrendo la maggior parte della giornata con lei).


Il mio dubbio riguarda la gestione dei no per i bambini.
Secondo mia moglie e mia suocera, e il loro modo tradizionale di educazione, non si dovrebbe dire no ai bambini fino ai 3 anni, perché non sanno ancora capire il significato di un si e di un no.
In altre parole, i bambini dovrebbero fare ciò che vogliono senza che il genitore dica no, o questo non si fa, ecc.
A parte ovviamente evitare situazioni pericolose, quindi non fare toccare ad esempio un coltello, il resto dovrebbe essere permesso senza limitazioni.

Da una parte sono d’accordo che i bambini siano liberi di esprimersi, ma dall’altro lato sono anche spaventato dalla possibilità che mia figlia dopo i tre anni sia viziata, troppo libera di fare ciò che vuole e ormai non più disponibile a ricevere dei no.
Anche perché dopo i tre anni arriverà il momento dell’asilo, del confrontarsi e scontrarsi con altri bambini senza la presenza di mamma e papà.


Il mio dubbio dipende anche da ciò che vedo con la cuginetta più grande, che è stata cresciuta in questo modo ed ora è arrivata ai tre anni e mezzo ed è molto capricciosa e autoritaria (e un no scatena pianti e capricci).
Difficile però per me capire se è semplicemente il carattere della bambina o il risultato dell’educazione senza no.


Per questo modo libero di educare, la cuginetta è stata abituata a fare cose che a me spaventano solo a guardarle.
Ad esempio, la mamma della cuginetta (sorella di mia moglie) cucina tenendo la bambina in piedi su una sedia messa a lato (questo accadeva già da poco prima dei tre anni e continua anche ora).
Questo perché la bambina voleva stare vicino la mamma mentre cucina e voleva guardare, e questa richiesta è stata soddisfatta.
La mamma quindi è ai fornelli, la bambina a lato in pedi sulla sedia (davanti ha il pianale della cucina su cui mettere le manine ma ai lati non c’è nulla), e la bambina guarda o collabora passando alla mamma le spezie o le verdure.
Io avrei paura a tenere una bambina così piccola in piedi vicino a dei fornelli accessi e a fianco di una persona impegnata a cucinare (potrebbe cadere dalla sedia e sbattere sul pavimento, cadere addosso alla mamma mentre sta maneggiando padelle con cose calde), ma per loro anche questo fa parte del rapporto madre-figlia e del crescere liberi.


Ci tengo a precisare che non si tratta per me di dimostrare chi ha torto o chi ha ragione tra me e mia moglie, non è una questione che influisce sulla serenità come coppia, ma semplicemente vorrei capire quale è la via migliore per indirizzare l’educazione e trovare una via di mezzo.


Grazie.
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Dr.ssa Anna Potenza Psicologo 3.8k 184
Gentile utente,
dire che "non si dovrebbe dire no ai bambini fino ai 3 anni, perché non sanno ancora capire il significato di un si e di un no" è come dire che non si dovrebbe insegnare ad un bambino a parlare o a camminare o ad usare le posate finché non ne sarà miracolosamente capace da solo, senza prove o allenamento, la qual cosa, come ci insegna l'esperienza dei bambini-lupo, abbandonati nella Foresta Nera durante la Seconda guerra mondiale, se non avviene gradualmente e nei tempi giusti purtroppo non avviene mai più.
Lei stesso tra l'altro segnala che c'è già una serie di eccezioni a questa vita senza regole: "evitare situazioni pericolose, quindi non fare toccare ad esempio un coltello", e immagino le prese elettriche, e forse non è permesso saltare giù dalla finestra o lanciarsi sotto le auto in corsa.
Altrettanto sarà vietato alla sua bambina di distruggere oggetti, libri, giocattoli; di tirare i capelli o schiaffeggiare altri piccolini o gli adulti; di defecare in mezzo alla stanza da pranzo...
Inoltre i genitori insegnano sempre moltissimo con il loro esempio: se loro stessi limitano le manifestazioni di rabbia, adottano formule educate, etc., il bambino è per ciò stesso invitato a farlo, e il ribadire che questa è una meta da raggiungere perché mai sarebbe sbagliato?
Dunque precisamente di quali "no" stiamo parlando?
Dire che non si deve opporre mai un "no" ad un bambino è prima di tutto falso, come vede da questi esempi; la permissività talvolta è la proiezione su figli incolpevoli di propri desideri a suo tempo repressi, il che risulta una trasmissione della propria nevrosi; a volte è un'interpretazione sbagliata della corretta informazione per cui ad un bambino non deve essere insegnato nulla con la violenza; ma un "no" fermo e gentile non è una violenza, è un'informazione su come si sta al mondo.
A volte, infine -e qui sarei d'accordo con sua moglie e sua suocera- occorre permettere ai bambini di partecipare ad esperienze come assistere la mamma che cucina, con le dovute cautele, in quanto sono utili alla crescita e non vanno negate per ansia.
Che tuttavia il dialogo col proprio bambino sia fatto di segnalazioni serene circa ciò che va fatto e ciò che non va fatto si dimostra dal comportamento della cuginetta, che lei descrive così: "la cuginetta più grande, che è stata cresciuta in questo modo [...] ora è arrivata ai tre anni e mezzo ed è molto capricciosa e autoritaria (e un no scatena pianti e capricci)".
Ecco, appunto. La paura che alcuni adulti nutrono dei "no" produce una crescita senza punti d'appoggio e di conseguenza reazioni isteriche nei figli.
Provi a guardare online il video che presenta il libro "I no che aiutano a crescere".
Parli serenamente con sua moglie per trovare un punto di vista comune.
La suocera sarà senza dubbio una presenza affettiva indispensabile, ma la responsabilità dell'educazione dei figli, come tante altre cose riguardanti la coppia, non ammette eccessive ingerenze.
Infine, dubito molto che "il loro modo tradizionale di educazione" preveda che non ci siano dei no. Talvolta scambiamo per effetti di una cultura a noi non familiare le scelte individuali di una famiglia.
Auguri.

Prof.ssa Anna Potenza (RM) gairos1971@gmail.com