Sentirsi la pecora nera

Salve.

Sono un ragazzo omosessuale di 20 anni che, pur conoscendo il suo orientamento sessuale già dalla terza media, vive tranquillamente la sua sessualità solo da poco più di un anno.
Prima di accertarmi maledivo la mia vita: io che sognavo sin da bambino una bella e numerosa famiglia, perché ero nato in quel modo?
Non potevo nascere "normale" e senza problemi?
Più maschio?
Non soffrivo molto o, per meglio dire, la mia tattica di sopravvivenza era quella di non pensarci; di consegnare tutto al me stesso del futuro.
Questa è stata ed è tuttora la mia principale arma di difesa.
In famiglia siamo 6 e mi sono sempre sentito la pecora nera del nucleo (e so per certo che anche gli altri mi vedono così): quello che da bambino faceva più capricci, quello che non si alzava per andare a scuola, quello che a scelto un tecnico anziché un normalissimo liceo, quello da cui non ci si aspetta granché, quello a cui alzano il pollice quando non combina un guaio... quello gay! Non penso di avere atteggiamenti da vittimista, anzi, sono sempre stato attento nell'analizzare le cose da un prospettiva il più possibile imparziale e realistica.
Non fraintendete però: nella mia famiglia ci amiamo tutti quanti e, in un certo senso, sono contento di ricoprire il ruolo che ho.
Mi sento un po' il capro espiatorio della situazione, la valvola di svolgo dei problemi familiari.
Non di tutti chiaramente.
Se parte una discussione perché la casa è incasinata e fa schifo, fra le colpe di tutti drizzano le orecchie per quella mia.
È quella più facile, quella costante.
Io ormai ci ho fatto l'abitudine e me la prendo sì, ma dimentico tutto dopo poco.
È come se io fossi quel famoso male che nessuno vuole, ma che fa comodo a tutti.
Una droga che ti fa male, ma che quando la prendi te la fa spassare.
Una sorta di diavolo tentatore, Ecco! Da quello che avete letto fin'ora potrete aver capito che non biasimo sempre il mondo.
Sì, delle volte non hanno ragione (la maggior parte delle volte per me), ma a forza di sentirti dire sempre le stesse cose, cedi.
Di sicuro non sono il figlio o il fratello migliore del mondo e che tutte le famiglie vorrebbero, però penso che chiedere costantemente a qualcuno di provare qualcosa sia una lenta ed estenuante tortura psicologica.


Scusate per il mio divagare.
In realtà il focus della domanda non doveva neanche essere questo, ma un aspetto della sfera sessuale (che a questo punto esplicherò in un altro consulto).
Volevo darvi un quadro generale della mia vita prima di parlare della questione, ma a quanto pare il mio subconscio ha preso il sopravvento ahahah.

Penso che a questo punto vi sia dovuta quantomeno una chiara domanda.
Ebbene: ogni famiglia ha una pecora nera?
E questa siamo effettivamente noi o sta nelle teste degli altri?
Esiste il riscatto sociale nella famiglia?


Forse una le racchiude tutte: siamo quello che crediamo di essere o quello che vendono gli altri?

Grazie in anticipo per le risposte e il prezioso tempo che mi vorrete dedicare.
salu
[#1]
Dr. Vincenzo Cosentino Psicologo 204 12 1
Salve,
Rispondo subito innanzitutto alla prima domanda.
Siamo esseri in relazione, più che individui siamo il risultato di tante interazioni con le persone che ci stanno accanto.
Quindi sicuramente ci sarà una sua propensione ad essere la "pecora nera", ma la maggior parte delle nostre caratteristiche si forma con la relazione.
Le faccio un esempio pratico, immagini per un attimo se fosse stato figlio unico. Questo per dirle semplicemente che lei non è la "pecora nera" della famiglia ma è semplicemente se stesso. Sarebbe inoltre noioso se fossimo tutti uguali, anche lei riconosce che è contento di ricoprire questo ruolo. Un compito affascinante ma allo stesso tempo faticoso, a cui bisogna ad un certo cedere per far si che tutto vada bene.
Ecco mi concentrerei proprio su questo, si senta libero di essere diverso, di essere uguale, di essere se stesso. Di non lasciarsi scorrere sopra un ruolo preconfezionato, ma di esplorare le sue possibilità. Con la consapevolezza del fatto che essere diversi tra tanti non è qualcosa che accade per caso, che probabilmente si può aspettare molto dalle sue capacità, in modo tale da rendere questo ruolo una risorsa, invece che un limite.
Saluti.

Dr. Vincenzo Cosentino - Psicologo
In sede e online
www.psicologocosentino.it

[#2]
Dr. Simone Turati Psicoterapeuta, Psicologo 8 3
Salve,

innanzitutto, anche se non è sempre facile, ciò che riguarda l'orientamento sessuale non dev'essere MAI considerato un aspetto negativo. Se le persone attorno a lei non lo capiscono e lo considerano tale è possibile e sano allontanarsi, ma da quello che ho capito, da quando ha scritto, questo non è il problema principale...

Credo che il focus sia qui:

"Ebbene: ogni famiglia ha una pecora nera?
E questa siamo effettivamente noi o sta nelle teste degli altri?
Esiste il riscatto sociale nella famiglia?

Forse una le racchiude tutte: siamo quello che crediamo di essere o quello che vendono gli altri?"

Alla prima domanda risponderei che ha intuito bene, cioè nelle dinamiche di gruppo un capro espiatorio spesso è utile.
Alla secondo e quarta domanda, invece, credo che la risposta sia: entrambe.
Sicuramente se noi crediamo di essere "la pecora nera" lo diventiamo, almeno dal nostro punto di vista; spesso capita, però, che la percezione sia condivisa e in generale il problema è che alcuni eventi del passato hanno generato tale condizione perpetua.
L'unico modo per liberarsi da certi stereotipi o etichette (qui rispondo alla terza domanda) è impegnarci per migliorare la nostra condizione.
Se il contesto non lo permette è necessario riflettere seriamente sulla possibilità di trasferirsi, in caso contrario, ripeto, spetta a noi.
Il primo passo è iniziare a percepirsi in modo differente, per farlo è necessaria una forte motivazione che ci spinga a cambiamenti più o meno importanti nella nostra vita.
Per questo potrebbe risultare utile, ma non necessario, effettuare un percorso di terapia personale.
A tutto ciò aggiungo, però, che in alcuni casi l'indentificarsi in un determinato ruolo, nel gruppo, può risultare comodo "una sorta di zona di confort" anche se essa non ci fa stare bene.

Restando a disposizione, un caro saluto.

Dott. Simone Turati
Psicologo, Neuropsicologo e Psicoterapeuta