Reumaflex, dermatomiosite e cancro
Nel 2023 mia madre scopre di soffrire di dermatomiosite.
Dopo varie terapie, la cura viene stabilizzata con il Reumaflex, l’unico farmaco con alterazioni accettabili sull’emocromo.
A marzo 2024 iniziano dolori addominali che portano a esami e a una visita ginecologica.
Un’ecografia rivela un liquido sospetto da analizzare con laparoscopia.
Prima dell’intervento, il reumatologo sospende il Reumaflex, pensando a un intervento imminente.
Invece, mia madre attende due settimane per l'operazione.
Dopo l’intervento ci dicono che il referto dell’esame istologico richiederà 2-4 settimane.
Durante l’attesa, i sintomi della dermatomiosite tornano: pelle arrossata e ispessita su mani e fronte, rigidità di collo e braccia.
Nonostante ciò, il reumatologo insiste sulla sospensione fino al referto.
La situazione peggiora: compare disfagia, con difficoltà a deglutire liquidi e solidi.
Mia madre contatta il reparto di reumatologia senza risposta e decide di resistere.
Dopo due mesi dall’ultima dose di Reumaflex, arriva il referto: cancro all’ovaio.
Il giorno stesso mia madre si reca al pronto soccorso, in quanto la disfagia è diventata debilitante.
Disidratata, viene nutrita per via endovenosa.
Ricoverata, inizia terapia con immunoglobuline senza però rispondere ai trattamenti.
Arriverà a perdere 10 chili.
Dopo tre mesi di ricovero, i medici reintroducono il Reumaflex, con risultati rapidi: in un mese riprende a deglutire e, nei tre mesi successivi, torna gradualmente a cibi solidi.
Dopo sei mesi di ricovero, torna finalmente a casa.
Sebbene la forza nelle braccia sia ancora ridotta al 50%, riesce a camminare e a mangiare.
Prosegue la terapia con Reumaflex, associata a numerosi altri medicinali, e inizia le sedute di chemioterapia per il trattamento del cancro.
Questa esperienza ci lascia molte perplessità.
Ho l'impressione che sia stato un azzardo interrompere una terapia salva-vita senza considerare adeguatamente il rischio del ritorno dei sintomi della dermatomiosite.
Il reumatologo avrebbe dovuto informare mia madre della possibilità di un ritorno dei sintomi e istruirla a contattare immediatamente il pronto soccorso in caso di peggioramento, cosa che abbiamo fatto, ma molto tardi.
Anche se fosse stato necessario sospendere il Reumaflex da manuale, i risultati dimostrano che questa scelta ha avuto conseguenze serie.
Mia madre ha rischiato di perdere la capacità di nutrirsi e di non uscire più dall'ospedale.
Mi chiedo: continuare il Reumaflex avrebbe potuto causare danni peggiori?
Alla fine, paradossalmente, è proprio il Reumaflex che le ha permesso di riprendersi.
Voi cosa ne pensate?
Dopo varie terapie, la cura viene stabilizzata con il Reumaflex, l’unico farmaco con alterazioni accettabili sull’emocromo.
A marzo 2024 iniziano dolori addominali che portano a esami e a una visita ginecologica.
Un’ecografia rivela un liquido sospetto da analizzare con laparoscopia.
Prima dell’intervento, il reumatologo sospende il Reumaflex, pensando a un intervento imminente.
Invece, mia madre attende due settimane per l'operazione.
Dopo l’intervento ci dicono che il referto dell’esame istologico richiederà 2-4 settimane.
Durante l’attesa, i sintomi della dermatomiosite tornano: pelle arrossata e ispessita su mani e fronte, rigidità di collo e braccia.
Nonostante ciò, il reumatologo insiste sulla sospensione fino al referto.
La situazione peggiora: compare disfagia, con difficoltà a deglutire liquidi e solidi.
Mia madre contatta il reparto di reumatologia senza risposta e decide di resistere.
Dopo due mesi dall’ultima dose di Reumaflex, arriva il referto: cancro all’ovaio.
Il giorno stesso mia madre si reca al pronto soccorso, in quanto la disfagia è diventata debilitante.
Disidratata, viene nutrita per via endovenosa.
Ricoverata, inizia terapia con immunoglobuline senza però rispondere ai trattamenti.
Arriverà a perdere 10 chili.
Dopo tre mesi di ricovero, i medici reintroducono il Reumaflex, con risultati rapidi: in un mese riprende a deglutire e, nei tre mesi successivi, torna gradualmente a cibi solidi.
Dopo sei mesi di ricovero, torna finalmente a casa.
Sebbene la forza nelle braccia sia ancora ridotta al 50%, riesce a camminare e a mangiare.
Prosegue la terapia con Reumaflex, associata a numerosi altri medicinali, e inizia le sedute di chemioterapia per il trattamento del cancro.
Questa esperienza ci lascia molte perplessità.
Ho l'impressione che sia stato un azzardo interrompere una terapia salva-vita senza considerare adeguatamente il rischio del ritorno dei sintomi della dermatomiosite.
Il reumatologo avrebbe dovuto informare mia madre della possibilità di un ritorno dei sintomi e istruirla a contattare immediatamente il pronto soccorso in caso di peggioramento, cosa che abbiamo fatto, ma molto tardi.
Anche se fosse stato necessario sospendere il Reumaflex da manuale, i risultati dimostrano che questa scelta ha avuto conseguenze serie.
Mia madre ha rischiato di perdere la capacità di nutrirsi e di non uscire più dall'ospedale.
Mi chiedo: continuare il Reumaflex avrebbe potuto causare danni peggiori?
Alla fine, paradossalmente, è proprio il Reumaflex che le ha permesso di riprendersi.
Voi cosa ne pensate?
Guardi a mio avviso è inutile ragionare su ciò che è stato fatto con il senno del poi. L'importante è che la paziente al momento sia gestita in modo intelligente soppesando i possibili rischi e gli auspicabili benefici delle terapie.
Dr. Dario Graceffa
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 738 visite dal 11/02/2025.
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