Efficacia della terapia del dolore in pz grande anziano con coxonecrosi
Mia madre F82AA è affetta (ca.
1 anno) da coxonecrosi con dolore importante (NRS 9-10) riferito su gran parte dell'arto interessato dalla patologia (articolazione anca, regione inguinale, ginocchio, piede).
Il dolore contribuisce a limitarla fortemente a livello funzionale.
Dopo visita ortopedica è stata valutata la strada della terapia chirurgica tramite artroprotesi d'anca ma nel presente non è percorribile per un alto rischio inter e post operatorio.
Il rischio, a detta degli anestesisti, è rappresentato dalla comorbilità (IRC, IM severa, portatrice di stent coronarici) e un quadro d'ipertensione polmonare vs l'ipotesi d'anestesia spinale (rischio di ACC, EPA, ecc.
).
Da un lato è stato ipotizzato un percorso che porti alla riduzione dell'IM, tramite intervento cardiochirurgico (se rischio accettabile), per ridurre il profilo di rischio e consentire una rivalutazione che comunque non esclude una non idoneità all'intervento per altri motivi e comunque in un quadro di rischio globale non indifferente.
Dall'altro, ed è il motivo del mio consulto qui, gli specialisti suggeriscono la ripresa di una terapia del dolore con l'obiettivo di arrivare a una riduzione del dolore (aspettativa: arrivare a NRS 4-5).
Nel corso dell'anno trascorso mia madre ha fatto più visite di terapia del dolore con terapia farmacologica (Tapentadolo, Buprenorfina, Ossicodone, Pregabalin, Lidocaina a livello topico) con scarsa riduzione del dolore a inizio patologia e, nel presente, con effetto quasi nullo.
C'è da aggiungere che i consulti con gli algologi sono stati di carattere estemporaneo e con piccole variazioni di posologia e di farmaco assunto.
Vi chiedo se, in linea teorica, ha margini d'efficacia l'approccio terapeutico e da paziente e familiari qual è l'approccio più indicato (es.
rivolgersi a un ambulatorio di terapia del dolore anziché al professionista?).
1 anno) da coxonecrosi con dolore importante (NRS 9-10) riferito su gran parte dell'arto interessato dalla patologia (articolazione anca, regione inguinale, ginocchio, piede).
Il dolore contribuisce a limitarla fortemente a livello funzionale.
Dopo visita ortopedica è stata valutata la strada della terapia chirurgica tramite artroprotesi d'anca ma nel presente non è percorribile per un alto rischio inter e post operatorio.
Il rischio, a detta degli anestesisti, è rappresentato dalla comorbilità (IRC, IM severa, portatrice di stent coronarici) e un quadro d'ipertensione polmonare vs l'ipotesi d'anestesia spinale (rischio di ACC, EPA, ecc.
).
Da un lato è stato ipotizzato un percorso che porti alla riduzione dell'IM, tramite intervento cardiochirurgico (se rischio accettabile), per ridurre il profilo di rischio e consentire una rivalutazione che comunque non esclude una non idoneità all'intervento per altri motivi e comunque in un quadro di rischio globale non indifferente.
Dall'altro, ed è il motivo del mio consulto qui, gli specialisti suggeriscono la ripresa di una terapia del dolore con l'obiettivo di arrivare a una riduzione del dolore (aspettativa: arrivare a NRS 4-5).
Nel corso dell'anno trascorso mia madre ha fatto più visite di terapia del dolore con terapia farmacologica (Tapentadolo, Buprenorfina, Ossicodone, Pregabalin, Lidocaina a livello topico) con scarsa riduzione del dolore a inizio patologia e, nel presente, con effetto quasi nullo.
C'è da aggiungere che i consulti con gli algologi sono stati di carattere estemporaneo e con piccole variazioni di posologia e di farmaco assunto.
Vi chiedo se, in linea teorica, ha margini d'efficacia l'approccio terapeutico e da paziente e familiari qual è l'approccio più indicato (es.
rivolgersi a un ambulatorio di terapia del dolore anziché al professionista?).
[#1]
Posso solo cercare di aiutarla a fermarsi un attimo per essere più razionale. Sicuramente ha bisogno di Un Terapista del dolore che sia lo stesso e che lei e sua madre (quanti anni ha?) le diano un tempo minimo di settimane per poter impostare ed adeguare, in termini di dosaggi crescenti il controllo del dolore , comunque sempre parziale. La origine del dolore è davvero dura da controllare nel caso di coxonecrosi. e 12 mesi siamo ampiamente dentro al dolore cronico neuropatico CRONICO, e quindi di lento e difficile controllo.
Vi sono anche altre molecole e modalità di somministrazione (consiglierei valutare quella con "cerotti" transdermici a lento rilascio per vari giorni, ma lascio al collega che vi seguirà la piena fiducia e capacità di scelta, come pure valutare se è un dolore quasi certamente con le caratteristiche del Neuropatico).
In fine le ricordo che la terapia antalgica, nella sua situazione complessa come genesi e nella sua cronicizzazione può richiedere di mesi se non anni per ottenere risultati soddisfacenti.
Nei limiti del possibile cerchi di aiutare sua madre a riposare di notte accettando terapie ipnotiche e ansiolitiche /antidepressive
Forza !
Vi sono anche altre molecole e modalità di somministrazione (consiglierei valutare quella con "cerotti" transdermici a lento rilascio per vari giorni, ma lascio al collega che vi seguirà la piena fiducia e capacità di scelta, come pure valutare se è un dolore quasi certamente con le caratteristiche del Neuropatico).
In fine le ricordo che la terapia antalgica, nella sua situazione complessa come genesi e nella sua cronicizzazione può richiedere di mesi se non anni per ottenere risultati soddisfacenti.
Nei limiti del possibile cerchi di aiutare sua madre a riposare di notte accettando terapie ipnotiche e ansiolitiche /antidepressive
Forza !
Dr. Maurizio Mannocci Galeotti
Terapista del Dolore -Health Coach
https://www.facebook.com/comprendereildolore/
[#2]
Utente
Dr. Galeotti, grazie per la risposta.
Come indicato nel mio primo messaggio mia madre ha 82 anni.
Sono consapevole dei tempi lunghi per l'impostazione della terapia e per il raggiungimento di un controllo parziale del dolore.
Il senso del quesito iniziale era capire se è più efficace rivolgersi a un ambulatorio (ospedaliero) di terapia del dolore con un approccio d'equipe o se è sovrapponibile per efficacia, nel caso in questione, uno specialista che opera in libera professione.
Secondariamente, se l'attuale stato dell'arte della terapia del dolore consente una riduzione del dolore, per la patologia in oggetto, tale da renderlo sopportabile al paziente.
Rispondo anche alle osservazioni indirette che ha posto.
In passato, nella terapia antalgica, è stata adottata la formulazione tramite cerotto transdermico a lento rilascio, somministrando buprenorfina, purtroppo con scarsa risposta.
La terapia attuale è a base di Ossicodone+Naloxone 10 mg 2/die, sempre con scarso beneficio.
Il dolore non compare a riposo/seduta/in piedi immobile ma solo durante il movimento dell'articolazione (es. deambulazione, passaggio da seduta in piedi) e in posizione supina (es. a letto) se la gamba cambia atteggiamento per via dei movimenti durante il sonno (provocando ovviamente risvegli notturni).
Come indicato nel mio primo messaggio mia madre ha 82 anni.
Sono consapevole dei tempi lunghi per l'impostazione della terapia e per il raggiungimento di un controllo parziale del dolore.
Il senso del quesito iniziale era capire se è più efficace rivolgersi a un ambulatorio (ospedaliero) di terapia del dolore con un approccio d'equipe o se è sovrapponibile per efficacia, nel caso in questione, uno specialista che opera in libera professione.
Secondariamente, se l'attuale stato dell'arte della terapia del dolore consente una riduzione del dolore, per la patologia in oggetto, tale da renderlo sopportabile al paziente.
Rispondo anche alle osservazioni indirette che ha posto.
In passato, nella terapia antalgica, è stata adottata la formulazione tramite cerotto transdermico a lento rilascio, somministrando buprenorfina, purtroppo con scarsa risposta.
La terapia attuale è a base di Ossicodone+Naloxone 10 mg 2/die, sempre con scarso beneficio.
Il dolore non compare a riposo/seduta/in piedi immobile ma solo durante il movimento dell'articolazione (es. deambulazione, passaggio da seduta in piedi) e in posizione supina (es. a letto) se la gamba cambia atteggiamento per via dei movimenti durante il sonno (provocando ovviamente risvegli notturni).
[#3]
posso solo chiarire , ch eho paura che non sono stati aumentati i dosaggi gradualmente in settima e non giorni, per paura della età di sua Madre, o di altre patologie presenti. I dosaggi che cita a memoria sono solo iniziali. Gli oppiodi gradualmente possono essere aumentati controllando idratazione e altri parametri.
Io credo che scelga il team o meglio un singolo ma che segua sua madre con regolarità, e sia facile da reperire anche per brevi telefonate.
prepari sua madre che ce la farete a "diminuire" il dolore ma con un certo tempo,, gradualmente. Sua madre deve risposare di notte, e aiutare controllo di ansia , tristezza quasi sempre presenti e che rafforzano il dolore abbassando la soglia soggettiva del dolore.
e non so come, ma cerchi di distrarla non Le chieda se ha dolore ... la fa sentire sempre piu sola ... la ascolti ...
forza può migliorare almenoparzialmente
Io credo che scelga il team o meglio un singolo ma che segua sua madre con regolarità, e sia facile da reperire anche per brevi telefonate.
prepari sua madre che ce la farete a "diminuire" il dolore ma con un certo tempo,, gradualmente. Sua madre deve risposare di notte, e aiutare controllo di ansia , tristezza quasi sempre presenti e che rafforzano il dolore abbassando la soglia soggettiva del dolore.
e non so come, ma cerchi di distrarla non Le chieda se ha dolore ... la fa sentire sempre piu sola ... la ascolti ...
forza può migliorare almenoparzialmente
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 904 visite dal 22/01/2020.
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