La collagenasi: un nuovo farmaco per il Peyronie?

giorgiocavallini
Dr. Giorgio Cavallini Iscritto decedutoChirurgo generale, Andrologo, Urologo

Che un nuovo farmaco per il Morbo di La Peyronie (ovvero Induratio Penis Plastica: IPP) stia per essere lanciato sul mercato è un po’ il segreto di Pulcinella, con buona pace di questa maschera Napoletana, che i segreti sapeva fare a tenerli.

Tanto per rifrescare la memoria il Morbo di la Peyronie è un accumulo di tessuto cicatriziale (collageno) sulla tunica del pene, che provoca placche dure al tatto, deformità del pene, dolore ed a volte deficit erettivo.

Ecco dei links significativi in proposito:

Naturalmente si sono fatti numerosi tentativi terapeutici con qualche successo. Il tutto è riportato nei links, e non sto qua a ripetere.

L’idea attuale è quella di iniettare nella placca un enzima derivato dal batterio Clostridium Hystoliticum (collagenasi) in grado di sciogliere il tessuto collageno. I dati sulla fase 2 di registrazione del farmaco sono recentemente usciti su The Journal of Urology.

In questo studio venivano suddivisi i pazienti in tre categorie: la prima trattata con una decina di infiltrazioni di placca con collagenasi, la seconda con collagenasi e stretching (stiramento), la terza con placebo.

Veniva valutata una sola variabile la curvatura del pene e tale variabile veniva anche valutata anche dal paziente stesso. Gli effetti collaterali sono stati importanti: perforazione della albuginea (per fortuna rara) e importanti ematomi. Si è avuto miglioramento solo nella II° categoria di pazienti: quella che veniva sottoposta a stretching del pene ed ad infiltrazioni di collagenasi.

 

Tale articolo non ci è certo passato inosservato ed a livello della Società Italiana di Andrologia sono state sollevate numerose questioni metodologiche e cliniche, da me e da colleghi.

1) La collagenasi è attualmente indicata per la rottura TRAMITE MANIPOLAZIONE dei noduli che si formano nella malattia di Dupuytren ( Noduli che si formano sulla guaina del palmo della mano, analoghi al Peyronie). Ne consegue che anche nel Peyronie lo scopo è di fratturare le placche noduli e rendere la "cicatrice riparativa" dritta. In via del tutto teorica è difficile che il tessuto fibroso digerito dall’ enzima si ripristini come tessuto “normale-dritto”.

2) La collagenasi di per se scioglie sia il nodulo sia il tessuto normale e quindi la perforazione e l’ ematoma sono effetti collaterali “connaturati” al farmaco.

3) La prima cosa che salta agli occhi, da un punto di vista metodologico, è l’assenza della misurazione del volume della placca, sia prima che dopo la cura. La placca è il sintomo principale e cardinale della IPP. Difatti la curvatura del pene può aumentare in corso di terapia per IPP pur in presenza di un miglioramento sostanziale per i seguenti fenomeni: aumento della capacità erettile, guarigione di una placca nel caso di placche multiple. La curvatura può diminuire in corso di terapia per insorgenza di una placca dalla parte opposta: e questo è fattore peggiorativo di malattia. Pertanto la sola misurazione della curvatura non è un fattore attendibile per monitorizzare l’ evolvere del Peyronie.

4) Altro aspetto che lascia abbastanza perplessi è che il miglioramento verso placebo si sia registrato solo in chi ha fatto lo stretching (stiramento); il gruppo che non aveva fatto lo stiramento, pur in terapia con collagenasi non aveva differenze verso placebo. Sembrerebbe che l’UNICO strumento EFFICACE sia stato lo stiramento e NON la COLLAGENASI. Difatti manca un quarto gruppo alla sperimentazione: pazienti trattati con stiramento e placebo.

5) E ancora in letteratura compaiono dati che indicano che dal 40% al 75% dei pazienti affetti da IPP soffre di una depressione reattiva secondaria alla malattia, questo ne fa soggetti troppo influenzabili nel bene e nel male per poter monitorizzare l' andamento di una malattia. Difatti parte della valutazione veniva lasciata alla impressione soggettiva dei pazienti.

6) Ultimo: il farmaco, commercializzato da Pfizer, si trova già in Svizzera (vedi WEB): costa circa 1000 € la fiala (1 fiala = 1 infiltrazione) e deve essere conservato parecchi gradi sotto zero (-80C°, o giù di lì).


In conclusione: la collagenasi si tratta di un prodotto tutto da valutare alla luce di ricerche indipendenti, sperando in una maggiore ragionevolezza sui prezzi.

 

Bibliografia

 

Data pubblicazione: 22 ottobre 2012

6 commenti

#1
Dr. Andrea Militello
Dr. Andrea Militello

Dr Cavallini, sempre stimolante da un punto di vista scientifico, critico al punto giusto e attento alle novità. Complimenti

#5
Specialista deceduto
Dr. Giorgio Cavallini

Caro Gino, appunto, i dati sono gli stessi, ma aspettavo a giudicare il lavoro in esteso, poichè quello che proponi è semplicemente un riassunto congrssuale, ove non è possibile dare valutazione critica ed approfondita dei dati e delle metodologia, essendo il linte di 300 parole e senza bibliografia, mentre il lavoro in esteso il limite su J.Urol è di 2500 parole con bibliografia. Inoltre i due link sottostanti fanno rifermiento ai protocolli di registrazione di FDA, pertanto i dati, che possono essere frubili da noi, sono completi, e non in riassunto. Un caro saluto.

#6
Specialista deceduto
Dr. Giorgio Cavallini

Ho invitato a dire due parole e non solo due l’ amico-collega-compagnogno di ricerca Gianni Paulis, responsabile del primo trial nazionale sul Peyronie, e presidente dell’ annuale congresso sul morbo di la Peyronie organizzato dalla società Italiana di andrologia.Inutile dire che ne sposo le idee.

Caro Giorgio,
accolgo con piacere tuo invito perchè, siamo di fronte all' ennesimo effetto di quello che può fare la pressione della grande industria o la testardaggine umana, o tutte e due, sulla medicina. Certo che una dozzina di fiale a paziente, ciascuna fiala a un migliaio di euro o giù di la sono un bel colpo. Tanto costa la collagenasi. Ed è stato pubblicato in questi giorni il secondo articolo su collagenasi e Peyronie e ribadendo l'efficacia di questo farmaco sulla curvatura del pene. Ma una serie di domande arrivano spontanee:
1) la curvatura si corregge facilmente in chirurgia, peggio parecchio sono quelle deformità di peni coartati, a clessidra, retratti: perchè non sono stati studiati quelli ? Sono questi ultimi i veri fastidiosi, che necessitereberro di terapia efficace non invasiva. In questi ultimi casi la terapia chirurgica è veramente destruente e d’improbabile successo.
2) Nella M. di La Peyronie la cosa essenziale è la zona di malattia cioè la placca, le placche, ma nei lavori sulla collagenasi non è stata neanche eseguita una ecografia peniena per evidenziarle, misurarle e confrontare le loro dimensioni prima e dopo la cura.I miglioramenti della malattia si vedono solo dalle modificazioni del volume della zona di malattia e cioè della placca. Un pene si può raddrizzare anche perché la placca inizia a crescere in un'altra direzione e non soltanto per miglioramento.
3) lo stretching della placca eseguito nello studio in questioquestione rappresenta secondo me un ulteriore trauma su una sede già luogo di malattia conseguente a precedente trauma più o meno percepito.. quindi che facciamo ? Ci ridiamo un altro colpo?
4) gli effetti collaterali sono ben maggiori di quelli comuni. A proposito navigando nel web mi sono imbattuto in questa pagina http://www.curepeyronies.net/2013c.html ....certo che se è vero
tutto..... la cosa è agghiacciante.........
5) le terapie attuali risolvono o comunque migliorano l'impotenza quando presente, e mai la provocano, il 10% dei soggetti trattati con collagenasi soffre di deficit erettivo.
6) La Pfizer si è disfatta del brevetto della collagenasi, vendendola alla casa farmaceutica che ha sponsorizzato il lavoro neopubblicato
7) Dove erano i Colleghi italiani che spermentavano la collagenasi all'ultimo congresso nazionale sulla M di La Peyronie ? Nessuno li ha visti, o meglio qualcuno era presente ma non ha parlato della terapia con collagenasi, mentre altri pur lavorando nello stesso Ospedale sede del Congresso non si sono visti.
Firmato
Dr. Gianni Paulis

Bibliografia
Gelbart M et al. J Urol. 190, 2013, 199-207