I pasti in famiglia proteggono i minori dai disturbi del comportamento, alimentari e non

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Dr.ssa Valeria Randone Psicologo, Sessuologo

I pasti in famiglia, oggi spesso difficoltosi, diventano una vera "risorsa relazionale" per proteggere gli adolescenti da possibili disfunzioni oro-alimentari e dal bullismo

In un momento storico caratterizzato dalla fretta e dalle infinite cose da fare, i pasti in famiglia - caratterizzati da un tempo di qualità condiviso - diventano veramente chimerici e lasciano il posto a momenti frugali e scarsamente conviviali. Non è di certo un discorso estendibile a tutte le famiglie,ma a quelle a doppia carriera - con orari di lavoro differenti, che spesso cambiano di continuo - ed a quelle poco attente allo spazio/tempo condiviso, probabilmente si.

Le famiglie di oggi - spesso a doppia carriera - non hanno il tempo per sedersi tutti insieme attorno al tavolo della cucina e dialogare tra loro durante i pasti principali perché rapiti dalla frequente corsa contro il tempo.

Genitori e figli, spesso inseguiti dalla fretta e dai ritmi fagocitanti del quotidiano, si alternano in cucina in funzione dell'orario di rientro da scuola e degli orari dello sport e del lavoro dei genitori.

Il rituale del "pasto familiare" sembra ormai essere un lontano ricordo, a causa di una frequente carestia di tempo e, soprattutto, di buone abitudini.

I pasti, luogo simbolico di "circolarità delle emozioni" e veicolo privilegiato di preziose informazioni, rappresentano un "momento risorsa" per genitori e figli, da non sottovalutare e soprattutto da non smarrire.

 

Il significato simbolico del cibo e l'importanza dei pasti condivisi

In tutte le culture il cibo non rappresenta soltanto un possibile nutrimento necessario alla sopravvivenza, ma ricopre svariati significati simbolici:
affettivi, sociali e culturali, nutre corpo e psiche, è spesso segno di appartenenza a quella determinata cultura o tradizione culturale o familiare e così via.

Il latte è il primo nutrimento del bambino, la prima forma di conoscenza del mondo circostante rappresentato dalla madre, questo ci da la misura di come il cibo rappresenti "molto altro" rispetto al semplice nutrimento. 

Il bambino prova il primo sollievo alla frustrazione da fame grazie alla poppata/seno ed il soddisfacimento della fame si collega intimamente al sentimento di benessere e di sicurezza.

Il cibo colma sin da subito il desiderio di essere nutrito, amato ed aiutato, e lenisce la paura inconscia di morire di fame e di solitudine.
Oltre a questi valori simbolici generali, i cibi possono acquisire per ognuno di noi - a seconda della nostra storia di vita e della nostra infanzia - un valore simbolico personale che è relativo alle nostre esperienze individuali, sociali ed alla nostra "memoria corpore di cura o non cura" ricevuta.
Il rapporto tra psicologia ed alimentazione trova riscontro negli studi sulla prima infanzia ed adolescenza.
Il "simbolismo alimentare" è anche determinato da abitudini familiari e collettive (sane o disfunzionali), da tradizioni contadine, regionali o nazionali e da retaggi culturali e religiosi.
L'alto valore simbolico del cibo è “purtroppo” presente in molte patologie che riguardano il versante oro/alimentare, come per esempio l'obesità, l'anoressia nervosa, la bulimia ed il disturbo da alimentazione incontrollata.
La bulimia, per esempio, è un disturbo del comportamento alimentare caratterizzato da frequenti ed incontrollate abbuffate, seguite poi, da comportamenti compensatori quali digiuno, vomito autoindotto, eccessi di sport per velocizzare il metabolismo e l'utilizzo/abuso di lassativi e di diuretici.
La bulimia è la malattia del vuoto: un vuoto affettivo ed emozionale ed un pieno di cibo.
Questa alternanza tra vuoto e pieno, in realtà è la trappola che fa si che chi ne soffre, non riesce ad assaporare e soprattutto digerire nemmeno un pezzo di pane perché obbligato ad espellerlo, unitamente alle emozioni ad esso associate.
Il paziente bulimico, mangia - anzi ingurgita - grandi quantità di cibo, spesso di nascosto oppure di notte, mettendo insieme dolce e salato, caldo e freddo, fino a stare male davvero.
La bulimia rappresenta il rifugio da una sofferenza interiore importante; il cibo con le sue infinite sfaccettature rappresenta una sorta di balsamo per un'anima sofferente, un analgesico, un vero e proprio antidolorifico; il paziente mangia perché non sa confrontarsi con le proprie emozioni e con i propri stati d’animo.
La bulimia è una modalità estrema per trovare una risposta immediata all’insaziabile fame d’amore.
Il cibo diventa, in chi non ha un rapporto sereno con lui, un amante, una madre amorevole, un utero caldo nel quale rifugiarsi, un ansiolitico e tantissimo altro.
Il cibo, ovviamente, non riempirà mai il vuoto interiore, ne sanerà le difficoltà relazionali o amorose, ma diventerà una sorta di "dolce droga" sempre a disposizione.
Droga che, come tutte le droghe, stordisce e da benessere in un primo momento e danneggia e corrode in seguito.
Dopo l’abbuffata incontrollata, il paziente bulimico vive un efferato senso di colpa derivante dal fallimento del suo bisogno di controllare se stesso, il mondo e le sue pulsioni/emozioni; segue così il bisogno di liberarsi del cibo ingerito.
Le modalità patologiche che regolamentano il rapporto con il cibo, necessitano di ascolti attenti, competenti, empatici e psicoterapici.
Attraverso una buona alleanza terapeutica, che riproduca simbolicamente il "primo legame", si ricostruisce il valore dell’amore e si accompagna per mano il paziente - a seconda degli orientamenti - a riconoscere le proprie emozioni ed a differenziarle dal cibo; che nel tempo diventerà solo nutrimento per il corpo e non per l'anima.
Il cibo perde il suo valore simbolico e torna ad essere solo nutrimento.

Esistono però strategie preventive - da attuare soprattutto in famiglia - per far si che il cibo e la sua condivisione a tavola con i genitori diventi un "momento risorsa".

 

Qualche cenno sui disturbi del comportamento alimentare

I disturbi del comportamento alimentare (DCA) sono patologie caratterizzate da un’alterazione delle abitudini alimentari e da un’eccessiva preoccupazione per il peso corporeo e per l'immagine allo specchio.

Queste problematiche, oggi in costante aumento, insorgono prevalentemente durante l’adolescenza e colpiscono entrambi i sessi, con una percentuale maggiore il genere femminile.

Nei casi di anoressia o di bulimia, i ragazzi spesso evitano i pasti, dicono di aver pranzato fuori casa, di non avere fame o di desiderare di pranzare dopo i genitori, per evitare il controllo genitoriale e per non condividere un momento altamente simbolico come il “pasto condiviso”.

Il pasto in famiglia, oltre al suo significato simbolico e di aggregazione, serve per dare il buon esempio, per insegnare ai figli di non aver paura del cibo e per coltivare il piacere della tavola.

I comportamenti tipici di un paziente che soffre di un Disturbo del Comportamento Alimentare sono solitamente:

  • digiuno
  • restrizione dell’alimentazione
  • crisi bulimiche (l’ingestione una quantitàelevata di cibo accompagnata dalla sensazione di perdere il controllo e da una sensazione di paura e di colpa)
  • vomito autoindotto
  • assunzione impropria di lassativi e/o diuretici al fine di arginare il possibile aumento ponderale
  • intensa attivitàfisica per velocizzare il metabolismo e per mantenere il controllo sul corpo.

  

Alla luce di queste riflessioni cliniche due studi dimostrano come il "pasto ritualizzato" - caratterizzato da uno spazio/tempo adeguato - protegge da possibili disturbi del comportamento oro-alimentare e da tantissimi altri rischi come per esempio il bullismo.

 

Vediamo come

1- Primo studio

Sono stati considerati 17 studi selezionati dagli archivi PubMed, PsycINFO, Web of Science e la Cochrane Database of Systematic Reviews.

Il campione era composto da 182.836 individui dai 2,8 ai 17,3 anni.

L'analisi ha dimostrato che la frequenza dei pasti consumati in famiglia condiziona effettivamente le abitudini alimentari.

Questa meta-analisi ha esaminato il rapporto tra la frequenza dei pasti consumati in famiglia e la salute nutrizionale dei minori.

In particolare, i ricercatori volevano comprendere l'effetto del condividere tre o piùpasti la settimana rispetto al consumarne uno solo o addirittura nessuno. Gli effetti considerati hanno riguardato principalmente: l'obesità, le abitudini alimentari non salutari ed i disordini alimentari.

Conclusioni

I bambini e, soprattutto gli adolescenti, che consumavano tre o più pasti la settimana in famiglia avevano più probabilità di avere un "peso normale" e di avere "abitudini nutrizionali" e alimentari più salutari.

Avevano anche meno probabilità di sviluppare poi disturbi del comportamento oro-alimentare.

 

2- Secondo studio

Secondo uno studio pubblicato sulla rivista JAMA Pediatrics mangiare in famiglia - sfruttare cioè il tempo dei pasti per avere la possibilità di dialogare - riduce l’impatto negativo del cyber bullismo sull’adolescente e soprattutto consente ai genitori di dialogare sui rischi della rete e sui rischi della condivisione di immagini private e riservate, rendendo i ragazzi meno ansiosi, più autonomi e di certo più sicuri di sé.

Osservando i due gruppi di soggetti esaminati - uno di soggetti che sono stati vittima del bullismo, e l'altro che invece è stato immune - si riscontra che i soggetti che hanno sviluppato e subito atti di bullismo sono quelli che non hanno condiviso normalmente la consumazione dei pasti in famiglia e quindi sono meno portati a concepire o sentire la famiglia come un gruppo coeso, espressione di sani principi morali e sane abitudini alimentari e relazionali.

La tavola è un momento di grande rivelazione: a tavola si possono notare infatti possibili segni di irrequietezza, di astinenza da cellulare e da internet, segnali chiari di un monitoraggio continuo della propria immagine online e sbalzi d'umore improvvisi.
Questi ed altri segnali sono solitamente spia di un disagio del ragazzo, da correlare ad una problematica con la “vita online” e la possibile dipendenza dalla rete.

La condivisione dei pasti diventa una vera "opportunità relazionale" da non sottovalutare e smarrire, ovviamente da vivere cin televisione e cellulari assolutamente ed opportunamente spenti.

 

Qualche nota sul bullismo

Con il termine "bullismo" si intendono tutti quei comportamenti di violenza, di sopraffazione e di prepotenza nei confronti dei più deboli o fragili psichicamente.

Il bullismo oggi cambia veste e, con l'avvento della rete, diventa cyberbullismo.

Quest'ultimo ha un impatto mediatico piùimmediato e soprattutto più dirompente sulla vittima predestinata, in quanto il suo effetto viene amplificato mediante le molteplici forme di comunicazione interattive: e-mail, social, forum, wiki, video, chat, quotazioni, ecc.

Astio, odio, rabbia e sopraffazione, diventano così espressioni di fredda ed ironica sfida e compromettono i rapporti interpersonali e la psiche di chi li subisce.

Nei confronti della vittima predestinata, si innesca una spirale di crudeltà, viene presa di mira in modo spietato ed ininterrotto e da quel momento diventa oggetto di abusi, malignità, calunnie e provocazione.

Gli autori dello studio, dopo avere analizzato dati di 20.000 ragazzi dei Wisconsin, sono arrivati alle seguenti conclusioni: esiste una stretta correlazione tra le vittime di cyberbullismo e la non condivisione dei pasti in famiglia.

I ricercatori hanno valutato inoltre l'esposizione dei ragazzi al cyberbullismo, al bullismo scolastico, la loro possibile propensione alla depressione, all’ansia, all’uso di sostanze stupefacenti, la presenza di autolesionismo (pericoloso e frequentemente presente disagio giovanile) e la presenza di pensieri suicidi.

Tuttavia i risultati suggeriscono che, in alcuni casi, la protezione offerta dai pasti in famiglia può essere alterata da svariate variabili relazionali, come per esempio elementi di conflittualità tra i componenti della famiglia.

 

Riflessioni cliniche

Non condividere i pasti con la famiglia equivale spesso al non aver nessuna occasione di dialogo con i genitori ed al non poter condividere una problematica così grave, non solo come il cyberbullismo o il rapporto conflittuale con il cibo, ma anche le più semplici emozioni o preoccupazioni, da quelle scolastiche a quelle affettive-relazionali.

Il cibo assume spesso valenze che vanno ben oltre il significato di solo nutrimento.

Il cibo è nutrimento del corpo e dell'anima ed assume svariati significati simbolici di scambio, di circolaritàdelle emozioni e di accudimento.

Mantenere in vita le buone abitudini, l'ordine e la famiglia riunita attorno al tavolo - anche se con grande fatica - sono obiettivi che noi genitori dovremmo sempre tentare di rispettare e far rispettare.

 

Bibliografia

  • Hammons AJ, Fiese BH. Pediatrics. 2011 Jun;127(6):e1565-74. Epub 2011 May 2.
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  • Pompili M et al., Suicidio e tentativo di suicido nell’anoressia nervosa e nella bulimia nervosa. Annali dell’Istituto Superiore di Sanità, 2003;39:275-281, 2003.
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  • Eagle MN. La natura del cambiamento teorico in psicoanalisi. Psicot. Sc. Um. 3: 5-33, 1992
  • Gaddini E.Fantasie difensive precoci e processo psicoanalitico. Riv. Psicoanal. 1: 1-14, 1982
  • Garma A. The Internalized Mother as Harmful Food in Peptic Ulcer Patients. Int. J. Psycho-Anal. 34: 102-10, 1953 

 

 

Suggerisco la seguente letture:

 

  

Data pubblicazione: 15 luglio 2015

Autore

valeriarandone
Dr.ssa Valeria Randone Psicologo, Sessuologo

Laureata in Psicologia nel 1992 presso La Sapienza-Roma.
Iscritta all'Ordine degli Psicologi della Regione Sicilia tesserino n° 1048.

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