Donna decapitata: amore e violenza, non è proprio un buon connubio

valeriarandone
Dr.ssa Valeria Randone Psicologo, Sessuologo

La violenza è l’ultimo rifugio degli incapaci
Isaac Asimov

La violenza sulle donne non accenna a diminuire: donne recentemente decapitate, altre mutilate, sfregiate con acidi e con le più svariate ed efferate aggressioni.
L'ultimo evento, decisamente drammatico, vede come protagonisti un uomo, Federico Leonelli ed una ignara domestica ucraina, Oksana Martseniuk.
L'uomo voleva fare a pezzi il corpo della sua vittima e disfarsene.

La conferma arriva dall'autopsia della donna, effettuata al policlinico Tor Vergata, da cui emerge che la donna è stata decapitata "dopo" la morte.
Secondo quanto si è appreso, il killer aveva già pronte delle buste dell'immondizia per nascondere il cadavere.

 

Qualche nota legislativa

La legge, finalmente, sembra intervenire in modo chiaro e perentorio.
Il primo agosto è entrata in vigore la "convenzione per la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica", meglio nota come "Convenzione di Istanbul".
Questa importantissima legge -simbolica di un auspicabile cambiamento- è stata firmata da 32 Paesi Europei, tra questi anche l’Italia che, dopo l’approvazione unanime alla Camera dei Deputati nel maggio 2013, ha trasformato il testo in legge esattamente il 19 giugno 2013.

Finalmente uno sguardo attento e costante ai reati al femminile.

Il concetto di "reato" è molto ampio e contiene un range di violenza che va dalla violenza psicologica alla violenza fisica e sessuale, dallo stalking al matrimonio forzato, fino ad arrivare alle efferate mutilazioni dei genitali femminili (MGF), all'aborto forzato ed alle molestie sessuali.
Questa legge rappresenta il primo "strumento internazionale giuridicamente vincolante" che crea un quadro giuridico completo per proteggere le donne contro qualsiasi forma di violenza, fornendo finalmente delle linee guida specifiche ed universalmente riconosciute, per garantire un aiuto concreto alle vittime della "violenza di genere".

Il trattato pone lo sguardo anche su un tema fondamentale: la prevenzione dei reati.

Molte donne infatti, non hanno avuto il coraggio di gridare aiuto per paura di non essere poi tutelate dalla legge, poiché una volta scoperte, non avrebbero più avuto un tetto dove rifugiarsi.
La prevenzione dei reati, unitamente alla protezione delle vittime sono due temi centrali di questa legge, elementi cardine che dovrebbero facilitare la denuncia immediata delle aggressioni.

I giornali, quasi quotidianamente, denunciano macabre uccisioni al femminile: mariti, ex fidanzati respinti, vicini di casa, uomini insospettabili ed insospettati, attaccano, feriscono, sfregiano ed infine uccidono, senza una apparente motivazione logica.

  • Raptus omicida?
  • Esiste davvero?
  • Perdita di controllo?
  • Cosa accade nelle loro menti e nei loro cuori?
  • Acting out? Agito di violenza?(L’acting-out o passaggio all’atto, presuppone che il soggetto non abbia un controllo sulle proprie pulsioni, è infatti un individuo che utilizza l’altro al fine di scaricare una tensione, utilizzando modalità arcaiche di risoluzione dei problemi.)
  • I segnali prodromici di una violenza annunciata, possono veramente sfuggire ai nostri sguardi?

 

Le donne uccise, sono spesso le madri dei loro figli, ma nonostante ciò la rabbia e l'odio sono così esacerbati, che l' uccisione sembra essere l'unica soluzione possibile per lenire un così marcato malessere psicologico.

Adesso però la legge ci viene in soccorso, così le tante donne ascoltate ed aiutate nella loro sofferenza si sentiranno sicuramente più spalleggiate e sostenute verso la soluzione di tanto disagio e dolore.

Il male, va raccontato, urlato e soprattutto denunciato.
Una sopportazione passiva e rinuciataria, porta con sé la cronicizzazione dei comportamenti aggressivi e soprattutto perpetua all’interno della famiglia la legittimizzazione di comportamenti abusanti, nei quali i figli possono pericolosamente identificarsi.

 

Una lettura psicologica

Fonagy ci ha fornito una lettura clinica, a mio avviso, molto interessante per la comprensione degli uomini abusanti e maltrattanti, che agiscono ripetutamente violenza sulle donne.
L' autore ipotizza un collegamento tra "stili di attaccamento", qualità delle cure parentali e capacità di mentalizzazione.
Egli sostiene infatti, che questi uomini- da bambini- sono stati coinvolti in un "attaccamento disorganizzato".

Gli stessi infatti, mostravano comportamenti ambivalenti, contraddittori ed improntati alla paura nei confronti della figura materna.
L'ambivalenza era data dal conflitto tra il bisogno di essere accudito e rassicurato dalla madre ed allo stesso tempo dalla percezione che la stessa potesse essere la fonte della sua stessa paura.

Il bambino legge nel genitore quote di incapacità accuditive ed elementi di crudeltà: viene così trafitto ed abitato da questi aspetti della mente - disorganizzata- del genitore e non riuscendo a tutelarsi, si disorienta di conseguenza.

 

Amore, aggressività e coppia

La clinica ci mostra come le aggressioni non sono quasi mai un fulmine a ciel sereno, rileggendo la storia di questi uomini/coppie, ci sono già stati dei segni prodromici di aggressività, instabilità psichica e di efferata e- spesso delirante- gelosia.
La coppia, che si crea e si mantiene in vita sulla base delle loro fragilità, è spesso formata da una vittima e da un carnefice: da un uomo dominante e da una donna sottomessa e viceversa.

Il "partner maltrattante" e quello "maltrattato" sono caratterizzati da una "complementarietà psichica" caratterizzata spesso dal binomio sadismo/masochismo.

Colui che agisce l’aggressività ha talvolta una struttura di personalità di tipo narcisistico con scarse capacità di sublimazione, spostamento delle pulsioni sessuali ed aggressive e di conseguenza ha una scarsa/scadente capacità di instaurare relazioni oggettuali. Colui che la subisce è invaso, trafitto da un profondo ed inconscio senso di colpa e da un vissuto di inadeguatezza; sono donne che si sentono sempre sbagliate ed inadeguate, spinte a ripetere copioni e dinamiche relazionali disfunzionali, che sofferenza dopo sofferenza non portano alcuna capacità di elaborazione e di modifica.

Il filo invisibile che li lega insieme, crea la loro “coppia patologica” e spesso la mantiene indissolubile, fino alla morte.
La coppia solitamente, alterna momenti di calma apparente e di serenità , per sfociare poi in aggressioni verbali e fisiche -spesso di violenza crescente- per poi ritornare ad una condizione di calma pregressa.

Aggressioni, sensi di colpa e riparazione sono i protagonisti di questi "amori violenti" fino a che morte non li separi.

 

Qualche dato inquietante

I dati sulla violenza di coppia nel Mondo sono davvero allarmanti.
L' Organizzazione Mondiale della Sanità denuncia una prevalenza del 30% di donne che hanno vissuto atti di violenza psicologica, fisica o sessuale all’interno del loro rapporto di coppia. Il 38% delle donne assassinate sono state uccise dal partner attuale o da un ex che - a quanto pare- non le ha mai dimenticate.

 

Qualche riflessione

Un aspetto cruciale, a mio avviso, correlato alla prevenzione dell' increscente fenomeno, è l' educazione emozionale e sessuale; quel programma costante che dovrebbe accompagnare i nostri figli dai primi anni di vita fino alla vita adulta, con l' intento di educarli all' affettività, all' empatia, al rispetto delle differenze di genere ed alla “non violenza”.

Un arduo progetto è quello di insegnare ai nostri figli l'Amore, l' Amore sano, sereno, empatico, il vero contro altare dell' Amore violento, nutrito dal possesso e dalla prevaricazione e soprattutto dare loro gli strumenti per distinguere il primo dal secondo.
Il fenomeno, come possiamo ben vedere, non si arresta e si rischia di creare un “effetto assuefazione”, forse ancor più drammatico delle molteplici uccisioni.

 

Fonte: http://www.ansa.it/lazio/notizie/2014/08/25/decapitata-con-mannaia-il-giallo-del-movente.-spunta-un-sms_c665c11a-78af-4ffa-a2d1-017165c6abdd.html

 

Aggiungo le seguenti letture sull'argomento:

https://www.medicitalia.it/news/psicologia/4449-i-figli-del-femminicidio-chi-pensera-a-loro.html

 

 

Bibliografia:

  • Guerrini B. (2011), Attaccamenti perversi, Psiche Rivista di cultura psicoanalitica
  • Filippini S. (2005), Relazioni Perverse. La violenza psicologica nella coppia, Franco Angeli, Milano.
  • Fonagy P. (2001), Uomini che esercitano violenze sulle donne: una lettura alla luce della teoria
  • dell’attaccamento. In Fonagy P. e Target M., Attaccamento e Funzione Riflessiva, Cortina, Milano.
  • McWilliams N. (1994), La diagnosi Psicoanalitica, Astrolabio, Roma.
  • Stalking and psychosexual obsession, J. Boon – L. Sheridan, WILEY, 2002.
  • “Lo stalking: aspetti psicologici e fenomenologici” articolo di M. Aramini, presente in G. Gulotta, S. Pezzati, “Sessualità, diritto, processo”, Giuffrè, 2002.
  • Galeazzi G. M. e Curci P., La sindrome del molestatore assillante (stalking): una rassegna, “Giornale Italiano di Psicopatologia”, N. 7, pp. 434-52 (2001).
  • Lattanzi M., Ferrara G., Mascia I. e Oddi G., Stalking: la ricerca italiana e internazionale, in Lattanzi e Oliverio Ferraris (2003).

 

 

Data pubblicazione: 27 agosto 2014

1 commenti

#1
Ex utente
Ex utente

Non è un problema psicologico, lo ripeto. Il problema è culturale e politico. Se le donne, in cerca di "diritti" che, peraltro, non si meritavano, hanno trasformato le relazioni amorose in un gioco di potere a senso unico, modificando la legge secondo i loro capricci, il motivo non è affatto psicologico.
Prendiamo ad esempio "l'aborto". Il "diritto all'aborto" si basa sull'idea che ciascuno possa disporre del proprio corpo come desidera. Ora, se due fanno sesso e la lei della coppia rimane incinta, non vedo perché dovrebbe poter disporre di se stessa come vuole e senza interpellare "l'inseminatore": dato che l'inseminatore è una persona e non un inseminatore, allora anche lui dovrebbe avere il diritto di disporre a piacere del proprio corpo, ma con ciò anche della sua funzione sessuale. Pertanto se la lei della coppia abortisce - o non abortisce - senza il consenso di chi l'ha messa incinta e senza avere l'obbligo di interpellarlo, ha abusato di lui, non gli ha concesso di disporre di se stesso come voleva. La signorina o la signora poteva semplicemente evitare di farsi mettere incinta. Ora, siccome l'aborto è legge, è legge anche il relativo squilibrio relazionale per cui la donna può fare quel che vuole e l'uomo no: la soluzione è l'atto violento; l'unico possibile, perché nessuna terapia cambierà la legge. L'altra soluzione è che l'uomo accetti di vivere una relazione nociva per se stesso ed ingiusta, ma non vedo quale psicoterapeuta potrebbe spingere qualcuno a ciò. Infine ci sono gli uomini che non si rendono conto del problema e loro non saranno né violenti, né subordinati, ma in ogni caso ignoranti relativamente al problema.
Un altro esempio? Il reato di stupro. Noi abbiamo nel nostro codice penale tutta una serie di formule che possono impedire il gesto insano senza bisogno di ricorrere a quella di "violenza sessuale o di genere". E allora che scopo può avere creare un reato ad hoc, del tutto superfluo, come quello di stupro, se non ad adoperarsi in un castratismo pratico? Ciò che viene punito nel reato di stupro non è la violenza, ma la sessualità. La violenza è violenza, non è "sessuale", mai. E poiché l'uomo è diverso dalla donna, checché ne dica la teoria psicologica dei "generi", ciò che viene punito è la sessualità maschile come tale. E allora la violenza nasce non perché ci siano problemi psicologici nell'individuo "violento", ma perché l'individuo consapevole si rende conto che la sua sessualità come tale è un reato. A quel punto è l'inibizione legale della pulsione sessuale a far prevalere la pulsione di morte, in qualsiasi salsa. Per non parlare poi del concetto di "violenza di genere", cioè il reato d'odio. Siccome viene riconosciuto soltanto "l'odio culturale verso le donne" con il nome di maschilismo, mentre per femminismo non si intende l'odio culturale verso gli uomini - cosa che in realtà è -, allora la violenza sulle donne sarà sempre considerata in maniera peculiare. Dunque può capitare che un uomo che subisce violenza di genere in maniera soft - ed è possibile perché tutte le donne hanno un desiderio sessuale che può sfociare nell'aggressività -, non venga riconosciuto dalla legge e allora debba farsi giustizia da solo. Così si arriva alla violenza. Non c'entrano niente le turbe del singolo.
Un'altra causa può essere la mancanza di educazione. Siccome i ragazzi vengono educati a scuola prevalentemente da insegnanti donne, cioè non vengono educati, e con compagne femmine, cioè con elementi di distrazione, possono diventare poco astuti e decidere di avere una vita sessuale anche se per legge è loro vietata. In questo caso il problema è anche psicologico, ma non lo risolverà mai una psicoterapeuta donna - che al contrario lo alimenterebbe.

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