Femminicidio: sottomesse ed innamorate...
Molte donne vivono sottomesse e vacillanti tra botte, ricatti e compromessi... lividi indelebili sul corpo e nell’anima.
Poi basta poco, come per esempio una carezza e tutto sembra ritornare alla normalità.
Queste donne soffrono di dipendenza “affettiva”, una pericolosa droga d’amore, che le rende incapaci di odiare e di ribellarsi ai loro carnefici, diventando così, possibili protagoniste del femminicidio e dello stalking.
L’ONU ha definito il femminicidio e gli abusi sulle donne come un “fenomeno endemico di proporzioni globali”, capace di inquinare le relazioni quotidiane, familiari ed ovviamente affettive.
Carezze rubate e fortemente desiderate, intervallate a percosse e sevizie, un corpo ed una psiche segnate dalla sofferenza, diventano i protagonisti di questi “amori malati e patologici”.
Sembra proprio che queste donne, vittime del loro stesso amore, siano incapaci di provare rabbia e ribellione, elementi centrali e determinanti per mantenere la giusta distanza dal mondo dell’altro.
Questi uomini sono veramente così dominanti?
In realtà no, trattasi invece di uomini fragili, bisognosi di cure, attenzioni continue e di sostegno, uomini che mantengono la loro egemonia ed il loro potere affettivo attraverso l’uso della forza, delle percosse fisiche e psichiche.
Uomini che non sanno essere autorevoli in amore, ma che adoperano l’aggressività per marcare il loro territorio familiare e relazionale.
Perché queste donne sono incapaci di provare odio, rabbia e ribellione?
Sono donne che soffrono di mal d’amore, donne afflitte e logorate da una brutta malattia, la “dipendenza affettiva”.
Cosa accade in queste coppie?
Il partner più debole e fragile, si lega irreversibilmente al partner più forte e dominante, lasciandosi sottomettere e guidare nella vita, ogni possibile assenza o distanza genererà nell’altro/a lo sconforto e l’angoscia più cupa.
Donne fragili, bisognose di sostegno e cure, donne che si prendono cura del partner per paura di essere abbandonate e sostituite.
In realtà sono donne che hanno paura di cambiare e di crescere….donne che non sono state amate adeguatamente e che non hanno ricevuto quell’amore e fiducia di base, necessaria poi per affrontare la vita ed i legami.
In Italia, più precisamente a Bolzano è nata la prima struttura riabilitativa per le “addiction” amorose, la SIIPAC (www.siipac.it), centro specialistico che accoglie, ascolta e soprattutto cura donne bisognose e sofferenti.
Cosa impedisce a queste donne di dire “basta”?
Cosa le tiene legate a questa atroce sofferenza dell’anima e del corpo?
L’incapacità di dire “NO” sembra la prima vera problematica che affligge chi soffre di dipendenza affettiva.
Queste donne, decisamente problematiche, instaurano a loro volta legami problematici, senza quelle indispensabili quote di autonomia ed indipendenza, mettendo sempre al centro del loro equilibrio psichico il legame con il loro partner, centralità che le spinge ad accettare ogni sofferenza, abuso e sopruso.
Un amore malato, sofferente e soprattutto patologico, è un amore malsano che contiene sin da subito i primi segnali di disagio e pericolosità.
Telefonate persecutorie, aggressioni verbali, si alternano a maltrattamenti psicologici e poi, purtroppo, fisici.
Tutto questo e molto altro, dovrebbe far scattare una sorta di allarme interno, ma le donne che soffrono di dipendenza d’amore, invischiate nelle maglie di questi legami, non se ne rendono conto e spesso si sentono addirittura lusingate da tali condotte falsamente amorevoli.
Cosa accade nella psiche/ corpo della donna maltrattata?
Ogni donna, in base alla propria storia di vita ed alle proprie risorse psichiche, reagisce con modalità differenti: c’è chi attiva meccanismi di difesa per compensare il trauma subito, chi invece adotta meccanismi di negazione della realtà e dell’accaduto mettendo in atto strategie psichiche difensive.
Altre donne invece, si identificano totalmente con l’aggressione e con l’aggressore, non riuscendo a mantenere quella distanza necessaria per un possibile allontanamento o distacco e per una futura elaborazione psichica, sviluppando inoltre, sentimenti di colpevolezza.
A seguito di un trauma così importante, arriva ad essere minata interamente l’autostima e la fiducia, elementi questi indispensabili per future relazioni sentimentali e sessuali.
Dal dolore si può sfuggire?
Certamente si!
Leggi, proposte di legge, donne ascoltate ed aiutate nella loro sofferenza, sono sicuramente la strada maestra verso la soluzione di tanto disagio e dolore.
Il male, va raccontato, urlato e soprattutto denunciato.
Una sopportazione passiva e rinuciataria, porta con sé la cronicizzazione dei comportamenti aggressivi e soprattutto perpetua all’interno delle famiglia la legittimizzazione di comportamenti abusanti, nei quali i figli possono pericolosamente identificarsi.
Noi sessuologi clinici, appartenenti alla SIA, società italiana andrologia, stiamo lavorando su vari progetti su scala nazionale, aventi come obiettivo la prevenzione dello stalking e soprattutto stiamo istituendo degli strumenti da poter adoperare nelle scuole e negli ambulatori, capaci di far emergere il “molestatore assillante” al fine di ascoltarlo nel suo disagio ed ove fosse possibile, curarlo.
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