Trapianto del cervello fra due anni? No, almeno fra duemila, forse
Un neurochirurgo il dr. Sergio Canavero di Torino ha annunciato che è pronto ad eseguire il trapianto del cervello entro due anni. E’ una notizia simile a quella della scoperta della fusione fredda, ovvero di un evento impossibile!
E vediamo perché: a cosa serve il trapianto di un organo?
A sostituire quello malato con uno sano! Bene, se il mio cuore è in condizioni di non poter più funzionare, può essere asportato e al suo posto inserire il cuore di altro individuo deceduto, solitamente a seguito di grave trauma. E così per fegato, polmoni, rene, ecc..
Il cervello nella scatola cranica
Perché il cervello non è trapiantabile?
Se nel trapianto degli altri organi il donatore è la persona deceduta e il ricevente è la persona che vivrà con l’organo “nuovo”, nel trapianto del cervello sarebbe il contrario, cioè il cervello del donatore (che muore per esempio per infarto) verrebbe impiantato nel cranio del ricevente, ma ad averne il vantaggio sarebbe il donatore e non il ricevente.
E qui sorge un primo problema: per quale malattia il cervello del ricevente dovrebbe essere espiantato e sostituito con un cervello sano?
Per un tumore maligno? Per un grave ictus? Perché affetto da Alzheimer? Da Sclerosi Multipla?
E un paziente con tali patologie è in linea di massima una persona cosciente, con delle disautonomie motorie, ma cosciente, con esperienze, cultura, intelligenza proprie di quella persona.
Se al posto del suo cervello si mette il cervello del donatore, tale persona (che avrebbe bisogno di un cervello nuovo, cioè il ricevente) morirebbe, mentre il donatore vivrebbe, seppur con sembianze e con il corpo del ricevente.
Al di là di problemi etici, morali, psicologici che potrebbero essere anche superati, chi mai si farebbe trapiantare un cervello sapendo di non avere alcun vantaggio, sapendo che l’espianto per lui è la morte e non la sopravvivenza, come avviene nel trapianto degli altri organi?
Ipotizziamo che i genitori di un paziente in coma vegetativo (tipo Englaro per intenderci) chiedessero di far trapiantare un cervello nel cranio del loro figlio. A che pro?
Quel corpo, ritornato a camminare e vivere coscientemente non sarebbe più il loro figlio, sarebbe la sua fotografia che cammina. Non li riconoscerebbe, non li amerebbe, non ricorderebbe nulla della vita con loro.
Questi sono già motivi sufficienti per capire che un trapianto del cervello non si farà!
Il midollo spinale visto posteriormente
1 - il midollo allungato;
2 - rigonfiamento cervicale del midollo; (origine del plesso brachiale)
3 - nervi spinali;
4 - nervi cervicali;
5 - fessura mediana posteriore;
6 - solco postero laterale;
7 - i nervi pettorali;
8 - rigonfiamento lombare;(orifine del plesso lombare)
9 - radicola dorsale;
10 - nervi lombari;
11 - nervi sacrali;
12 - nervo coccigeo;
13- filum terminale
(immagini da Wikipedia)
Le schematiche immagini possono dare un pò l'idea della complessità dei "collegamenti" tra periferia, midollo spinale ed encefalo. Esistono quindi dei problemi tecnici "di impianto" ad oggi insormontabili.
Trapiantare un cervello significa collegare, per esempio, i nervi ottici agli occhi, i nervi olfattori al naso, tutti i nervi cranici ai muscoli della faccia, ai muscoli degli occhi, all’orecchio ecc, per non parlare del cervelletto con le sue connessioni al cervello e al midollo ecc.
In che modo il medico di Torino ci riuscirebbe?
Ha accennato a una sorta di sostanze a mo’ di “colla” chiamati fusogeni o sigillanti di membrana. Il neurochirurgo di Torino però ha accennato all’uso di tali sostanze per “attaccare” il midollo spinale alla base del cervello, ossia il tronco encefalico.
E per tutti gli altri “collegamenti”? Dei fasci nervosi spinali che, unendosi ai nervi periferici e fanno muovere gli arti e presiedono a mille altre funzioni del corpo, come incollarli non ne ha parlato.
Ammesso che siano efficaci, risulta difficile immaginare una equipe di 150 persone che passa, inutilmente, due giorni in sala operatoria a fare un “collage”.
Quello che però lascia alquanto perplessi è che il neurochirurgo non ha accennato ad alcuno studio sperimentale sugli animali.
Non ci mostra un babbuino, un cane ecc. con cervello trapiantato (ricevuto) che saltellano e corrono in mezzo a un prato. E questo, mi sembra non scientificamente corretto.
Di notizie “bufale” sul trapianto del cervello ce ne sono state altre. L’unico che, facendo seri studi su tale possibilità fu, negli anni ’70 un neurochirurgo americano il dr. White (mi pare) che riuscì a trapiantare l’intera testa di un babbuino (o di altro animale simile) accanto a quella di un altro animale della stessa razza, cercando di collegare vasi sanguigni e tronco cerebrale al midollo dell’animale ricevente a cui erano stato interrotti i collegamenti nervosi con il cervello.
L’animale sopravvisse per qualche settimana con due teste, ma senza alcuna attività motoria, ossia tetraplegico. Da allora il dr. White si occupò di altri studi di neurochirurgia.
Il campo della ricerca neurologica e neurochirurgica è molto ampio, dalle cellule staminali alle neuroplasticità, dalle innotive tecniche chirurgiche incruente a metodiche di indagine per la diagnosi precoce di molte affezioni tumorali e degenerative che richiedono impegni concreti troppo importanti per lasciare spazio a fantasiose idee, a malapena buone per gli scrittori di fantascienza.
E con tali riflessioni che invito il collega dr. Canavero, cui va tutta la mia stima professionale, ad abbandonare quella ipotetica strada chirurgica che è e rimarrà solo un gran bel sogno.