L’estraneo – The outsider: prigioni e mostri della depressione

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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze

Nella novella “the outsider” di HP Lovecraft si narra di un uomo, prigioniero senza tempo né memoria di una specie di torre chiusa. Non ricorda da quanto tempo è là dentro, né come vi è finito, né perché, percepisce solo la distanza di quella sua situazione da quel che era un tempo.

Un giorno si decide a studiare meglio quella situazione disperata, come risvegliandosi da un sonno profondo, e scopre che in alto sembra esserci una luce, forse una finestra. Così dopo vari tentativi riesce a inerpicarsi lungo le pareti e a fatica raggiunge quell’apertura, che è effettivamente una finestra. Fuori è buio, non di distingue niente, e l’uomo cerca a tentoni di trovare un appiglio per scendere giù dalla parete esterna. Con sua grande sorpresa trova un piano, fatto di terra, e si rende conto che non è uscito dalla cima di una torre, ma dalla sommità di un pozzo, scavato sotto nel pavimento di una casa. Sempre stupito guadagna quindi il terreno ed entra nella casa: nel camminare si imbatte in una figura terrificante, da cui si sente incuriosito, e che cerca di toccare allungando le mani. Così facendo, scopre di avere di fronte uno specchio.

La similitudine con la depressione è abbastanza semplice. Un pozzo profondo in cui si è prigionieri, distanti dalla normalità del mondo che continua a vivere. Lo sforzo per fare le cose normali è immenso, come quello di scalare fino in cima una torre alta. Toccare terra significa, per un depresso, risalire da un fosso in cui è incastrato. Perché allora il depresso comunque non lo fa, perché non si sforza ? L’atteggiamento depressivo non favorisce la risalita, ma anzi tende a raggiungere profondità tali da non vedere più neanche la luce. Il depresso spesso si sente più tranquillo a pensare che il mondo non esiste più, e non vuole più niente da lui, piuttosto che sentirsi chiamato a partecipare a una vita che sente pesante, estranea e dolorosa. I familiari e gli amici spesso insistono con il depresso perché esca, reagisca e così via, ma è esperienza comune che il depresso, se portato “per forza” a misurarsi con il mondo che gli incute ansia e timore, reagisce in maniera depressiva, e può anzi sentirsi disperato, di fronte all’immagine della sua disgrazia e della sua “estraneità” al mondo. Così come il protagonista, che dopo aver scalato la torre/pozzo, si trova di fronte allo specchio e si vede mostruoso, così il depresso vede se stesso anche se incoraggiato e messo in condizioni favorevoli.

La cura non deve ripercorrere l’errore della scalata della torre. La terapia fa crescere la persona, cosicché anziché dover scalare il pozzo riesce semplicemente a alzarsi fino a toccarne la cima e a uscire senza troppa fatica. Così facendo, si evita anche che, dopo tanti sforzi, ci sia poi il trauma di un’immagine di sé mostruosa restituita dall’ambiente. Il depresso curato riuscirà a uscire perché la profondità scomparirà, e vedrà di sé un’immagine normale. Questi non sono i presupposti per uscire dalla depressione, perché non c’è modo di far sentire un depresso fuori dal pozzo o di fargli percepire un mondo accogliente e pieno di buoni riflessi. Sono invece gli effetti di una cura, che annulla dall’interno l’illusione depressiva del pozzo.

Data pubblicazione: 07 febbraio 2013 Ultimo aggiornamento: 14 marzo 2013

1 commenti

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Utente 169XXX

Buongiorno Professor Pacini. Sempre molto interessanti ed accattivanti i Suoi articoli usando come metafore ed esempi tangibili film, opere d'arte e analisi di brani musicali nei vari disagi della sfera emotiva. A tal proposito volevo chiederLe, Lei conosce la vicenda di Lady Amhrest? Un fatto realmente accaduto intorno al 1600, una storia bella ma allo stesso tempo drammatica che rimanda ad un romanzo d'appendice e che ispirò l'interlocutore, nella selezione di una pregiata razza di fagiani ornamentali dotati di una curiosa particolarità. Nel caso non ne fosse a conoscenza e ovviamente se Le farà piacere, gliela scrivo. Nel salutarLa con la stima di sempre Le auguro buona giornata e buon lavoro. G.V.

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