Equilibrio io es.

Dove c'è l'ES deve esserci l'IO. Una metafora freudiana per la terapia dei disturbi ossessivi

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Dr. Armando De Vincentiis Psicologo, Psicoterapeuta

Fin dai primi anni della psicoanalisi, Freud cercò di comprendere in profondità come funzionasse la mente umana. Secondo la sua teoria, la psiche non è un’entità unica e uniforme, ma si divide in parti distinte che interagiscono costantemente tra loro, l'IO e l'ES.

Cosa sono l'io e l'es?

L’Es rappresenta la dimensione più primitiva e istintiva della psiche. Contiene desideri, pulsioni, emozioni e bisogni immediati. È la parte che cerca soddisfazione senza tener conto delle regole sociali o della realtà esterna.

L’Io, invece, è la parte razionale della mente. Ha il compito di mediare tra le richieste dell’Es, le esigenze della realtà e le regole interiorizzate del Super-Io. In altre parole, l’Io cerca di trovare un equilibrio tra ciò che vogliamo, ciò che possiamo fare e ciò che dobbiamo fare.

Ragazzo in seduta con psicologo

L'equilibrio tra l'io e l'es

Freud descrive questa dinamica con una metafora semplice, ma efficace. Immagina l’Es come un cavallo potente e bizzarro. Questo cavallo è pieno di energia, imprevedibile e difficile da controllare. È guidato solo dai suoi istinti e dalle pulsioni, senza considerare rischi o conseguenze.

L’Io, invece, è il cavaliere che lo guida. Il cavaliere non può annullare la forza del cavallo, ma deve trovare modi per orientarla e domarla.

La vita psichica, secondo Freud, è proprio questo: un continuo equilibrio tra le energie incontrollate del cavallo e la guida razionale del cavaliere. Senza il cavaliere, il cavallo corre selvaggiamente e travolge tutto; senza il cavallo, il cavaliere resta inattivo, senza energia da utilizzare.

L'ES e i pensieri ossessivi

Se applichiamo questa metafora ai pensieri ossessivi, il cavallo rappresenta il sintomo stesso. I pensieri ossessivi arrivano improvvisi, insistenti e spesso invasivi. Occupano la mente e richiedono un’azione o un sollievo immediato, proprio come il cavallo che corre senza freni.

L’Io razionale, il cavaliere, osserva questi pensieri e cerca di contenerli. Non li reprime, ma li guida, cerca di trasformare la loro energia in qualcosa di gestibile, evitando di essere sopraffatto.

Anche le terapie più moderne, come quelle comportamentali o strategiche, seguono un principio simile, seppur con strumenti diversi. Questi approcci non si concentrano sull’interpretazione del passato o sulla ricostruzione storica dell’emotività del paziente. Non cercano di analizzare le origini profonde del sintomo, come farebbe la psicoanalisi. Al contrario, utilizzano processi concreti, spesso basati sull’abituazione o su strategie paradossali, per modificare la relazione del paziente con i propri pensieri.

Per approfondire:I pensieri ossessivi possono diventare reali?

L'esercizio paradossale

Un esempio particolarmente efficace è l’esercizio paradossale. In questo esercizio, si chiede al paziente di pensare volontariamente ai propri pensieri ossessivi. Assolutamente controintuitivo, lo scopo è “saturare” il pensiero, esaurirne la carica ansiosa e permettere alla mente di distrarsi spontaneamente. T

ornando alla metafora del cavallo, è come chiedere al cavallo di forzare la sua corsa per qualche istante: il cavaliere sa che questa corsa intensa provocherà una reazione opposta. Alla fine, il cavallo rallenta e diventa più gestibile. In altre parole, ciò che prima era spontaneo e incontrollabile diventa un’azione consapevole, diretta e volontaria dal paziente stesso.

Questa trasformazione è fondamentale. Il cavallo dei pensieri ossessivi non viene represso, ma guidato in modo controllato. Dove prima il sintomo era spontaneo, ora entra l’Io e diventa volontario. È questa la vera essenza terapeutica: trasformare un impulso incontrollato in energia utilizzabile, sotto la guida della mente razionale. Il paziente acquisisce così il senso di controllo e può affrontare i pensieri senza esserne travolto.

Rendi volontario ciò che è spontaneo

E proprio qui emerge un punto di contatto sorprendente con Freud. La sua famosa frase “dove c’è l’Es deve esserci l’Io” può essere reinterpretata nel contesto dei disturbi ossessivi: dove il sintomo è spontaneo, deve entrare l’Io e diventare volontario. La metafora del cavallo rende immediatamente chiaro questo processo. Guidare l’energia senza reprimerla, utilizzare la forza del cavallo invece di lottare contro di essa, permette al paziente di riprendere il controllo della propria mente.

Anche se le terapie moderne non seguono il percorso analitico di Freud, il principio di fondo resta simile. La gestione dei pensieri ossessivi diventa un esercizio di equilibrio tra spontaneità e controllo.

L’Io, come cavaliere esperto, sfrutta la potenza dell’Es senza esserne sopraffatto, trasformando ciò che era impulsivo e incontrollabile in una risorsa sotto la propria guida. In questo senso, la metafora freudiana del cavallo e del cavaliere continua a offrire una chiave di lettura potente e applicabile, anche per la cura dei disturbi ossessivi moderni.

Data pubblicazione: 07 ottobre 2025

Autore

a.devincentiis
Dr. Armando De Vincentiis Psicologo, Psicoterapeuta

Laureato in Psicologia nel 1996 presso Università La sapienza di Roma .
Iscritto all'Ordine degli Psicologi della Regione Puglia tesserino n° 1371.

Specialista con formazione clinica e comunitaria in psicologia, esperto in psicoterapia sistemico-relazionale e terapia breve. Consulente tecnico scientifico per il CICAP su psicologia della religione e stati di coscienza, autore di numerose pubblicazioni e direttore di collane editoriali. Ha maturato esperienza come consulente tecnico del tribunale e docente universitario, affermato nel campo della diagnosi psicologica, psicoterapia breve e psicologia forense.

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