Lo sport sembra essere sempre molto terapeutico

Buongiorno,



approfitto della possibilità di scrivere al vostro indirizzo per ricevere un parere.

La premessa a ciò che scriverò è che non riesco più a capire quanto i segnali che percepisco sul mio corpo siano semplici somatizzazioni o devono far pensare alla necessità di un’indagine più approfondita.

Tutto inizia nel mese di marzo, inizio a fare ciclismo, e la postura inconsueta inizia a provocarmi qualche doloretto; in particolare le sollecitazioni al gomito mi fanno sentire per qualche settimana un leggero fastidio al mignolo della mano destra, non continuativo e solo in presenza di un movimento del polso e del gomito. Razionalmente so che è solo questo, ma nel mio cervello scatta la parola “sclerosi multipla”, mi informo su internet, e di lì inizia il calvario!



Per qualche giorno avverto bruciori migranti e transitori su tutto il corpo (anche questo forse potrebbe essere collegato all’attività sportiva, ma io rafforzo l’incubo della malattia); mi visita un neurologo che dice che la mia visita è “da manuale”, nulla che possa far sospettare qualcosa di grave.



Per un po’ sto bene, e poi inizia un’altalena, di giorni più sereni ed altri di maggior malessere. Lo sport sembra essere sempre molto terapeutico.



Non ho mai accusato problemi di forza o di stanchezza: faccio uscite in bici di 60/70 km anche di apprezzabile difficoltà, e sto bene.



Ultimamente noto che le mie mani tendono a tremare, se sostengo ad esempio un foglio, o se le apro e le guardo; a giorni alterni ho anche un fastidio al volto: mi sembra non riconducibile alla sintomatologia della nevralgia del trigemino, è spesso bilaterale, e lo descriverei più come un senso di costrizione, ci sono ore/giorni in cui non l’avverto, non sono riuscita a capire se qualcosa di particolare lo scatena. La dottoressa dice che può essere portato anche dalla cervicale.



Scusatemi se mi sono dilungata, ma la mia richiesta è questa: posso, secondo voi, perseguire la strada delle somatizzazioni o è meglio se torno dal neurologo? Può davvero la mente fare così tanto male al corpo?intravedete in ciò che racconto segnali d’allarme?



Ho letto testimonianze di malati di Sm che descrivono esordi molto più gravi: perdita di sensibilità, paralisi, vertigini forti e continue per giorni, neuriti ottiche; io niente del genere, ma la “vaghezza” dei sintomi che lamento mi fanno stare in un limbo.



Ringrazio per la disponibilità e per l’attenzione che vorrete dedicarmi.



Vi saluto cordialmente. Silvia.



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Dr. Valerio Lamberti Psichiatra, Psicoterapeuta 19 2
gentile Silvia, le manifestazioni sintomatologiche che lei descrive come vaghe, migranti e discontinue, accompagnate da un esito di valutazione neurologica definita "da manuale" dal collega che la ha eseguita, e da una buona forma fisica e, mi pare, invidiabili performances sportive, non depongono certo per una fattispecie clinica definita e preoccupante. Naturalmente l'effettuazione di sofisticate(ma in qualche modo anche invasive) indagini diagnostiche neuroradiologiche, elettromiografiche ecc., potrebbero essere un buon ausilio alla valutazione clinica per giungere ad un inquadramento diagnostico più preciso ed "informato", ma personalmente mi limiterei, in questa fase, a due iniziative: innanzitutto mi rivolgerei al medico curante per concordare l'effettuazione di un prelievo ematico di routine (eventualmente comprensivo degli indici aspecifici di infiammazione e di quelli reumatologici), e in secondo luogo adotterei, per un po' di tempo, uno stile di vita fisicamente meno "impegnativo", automonitorandone gli effetti, secondo una logica che quelli che parlano bene definirebbero ex iuvantibus. Va da sè che l'eventuale evoluzione ingravescente e/o l'aggiunta di nuove e più circostanziate manifestazioni cliniche andranno adeguatamente approfondite. Un saluto e resto a sua disposizione per ulteriori consigli

Dr. valerio lamberti

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dopo
Utente
Utente
Dr. Lamberti, innanzitutto la ringrazio per la cordilità e la tempestività della sua risposta. Questo mi invoglia, ahi lei! ad approfittare della sua disponibilità per chiederle ancora qualche parere.
So che per familiarità l'ipotesi psicosomatica possa essere credibile: ho un rapporto direi quasi viscerale con mia mamma, che soffrì in gioventù dei miei stessi problemi. Ho capito che devo fare un percorso personale, magari anche con un supporto medico, che mi faccia capire il perchè di alcune espressioni corporee, a fronte per altro di una vita all'insegna del dinamismo e della voglia di fare (forse sto chiedendo troppo a me stessa? beh, ho un Super io sicuramente molto forte!!). Il neurologo mi ha proposto all'occorrenza qualche goccia di Xanax, ma io sono molto prudente, preferirei evitare: a tal proposito, Lei crede possa essere utile? e se si, con che modalità, dosi e tempi? per ora mi sono rivolta a bach e ai suoi fiori.
Vista la sua specialità, le sembrano i disturbi che io lamento piuttosto tipici di fenomeni da conversione? in particolare, il dolore al volto come si spiega a livello psicosomatico?
Seguirò comunque il suo consiglio di rallentare un po' i ritmi, anche se come forse lei saprà anche lo sport può diventare talvolta una specia di droga!
Mi spiace che sia così lontano, avrei fatto volentieri due chiacchiere nel suo studio.
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Dr. Valerio Lamberti Psichiatra, Psicoterapeuta 19 2
Gentile Silvia,
come lei ha perfettamente intuito, esiste più di una possibilità di esprimere attraverso il corpo conflitti, disagi e disturbi che insorgono primariamente nella sfera psicologica. Per potere parlare di disturbi conversivi e/o di malattie psicosomatiche (disturbi peraltro molto differenti), tuttavia, occorre rilevare la sussistenza di quadri clinici articolati e che soddisfano determinati criteri diagnostici. Perciò, fatte salve le considerazioni che facevo nella prima risposta circa l'utilità di eventuali approfondimenti e tenuto conto delle cose che Lei ci ha raccontato sui suoi fastidi (che non mi pare soddisfino quei criteri), mi viene difficile contemplare ipotesi di tale specie per spiegare i suoi disturbi. Più plausibile appare viceversa la possibilità di una sua tendenza a rispondere in termini di "amplificazione a cascata" (sotto forma di ansia somatizzata e di interpretazioni vagamente ipocondriache)all'evenienza di sintomi fisici ora da superlavoro artro-muscolare, ora da microsofferenza nervosa periferica (la diagnosi di artrosi cervicale a mio avviso è meno frequente di quanto non si pensi e non si dica). Concludendo mi tocca aggiungerle che per potere valutare correttamente il "peso" che nel suo caso possano avere avuto nello sviluppo di tale tendenza un certo stile di comunicazione intrafamilare ed eventualmente una ricorrenza familiare di un tratto ansioso (quella che lei ha chiamato "l'ipotesi psicosomatica"), e l'adeguatezza nel suo caso specifico dell'assunzione di un farmaco ansiolitico quale quello cui lei fa riferimento, occorrerebbe effettuare una valutazione clinica vis a vis, magari consultando, come lei giustamente dice, un collega presente sul suo territorio, con il quale eventualmente prendere in considerazione l'ipotesi di intraprendere un percorso personale, tanto per citare ancora le sue parole. Sperando di esserle stato ancora utile la saluto cordialmente