Cure post carcinoma mammario

Salve, il quesito riguarda mia madre di 67 anni, la quale circa un mese fà si è operata di carcinoma mammario.
Ha eseguito l'intervento di tipo conservativo(quadrantectomia) in quanto la lesione era di circa 1,2 centimetri.
E' stata applicata la tecnica del linfonodo sentinella, che è risultato negativo sia all'esame estemporaneo che al successivo.
Successivamente all'intervento ed ancora tuttora ha delle fuoriuscite di sangue dalla ferita misto ad altro liquido, e i medici le hanno detto sia dovuto al mancato funzionamento da parte del drenaggio.
Quindi ogni 2-3 gg deve andare all'ospedale a farsi medicare.
Le hanno anticipato che dovrà sottoporsi a della radioterapia, ma che finchè la ferita non guarisce completamente non la può fare..
Le debbono ancora fissare l'appuntamento con il medico oncologo.
Sono preoccupato dal fatto che stia passando tutto questo tempo(si è operata il 22 dicembre 2004) senza che lei abbia iniziato nessun tipo di cura, e non vorrei che questo ritardo possa ridurre l'efficacia delle terapie preventive che dovrà fare.
Grazie per ogni consiglio che mi vorrete dare.
[#1]
Dr. Giuliano Lucani Chirurgo generale, Chirurgo vascolare, Senologo 99 3 2
L'intervento subito da sua madre richiede delle terapie complementari cosiddette precauzionali(se non vi sono metastasi al momento dell'intervento). Di sicuro, sua madre dovrà eseguire la radioterapia che, correttamente, va rinviata sino a quando la ferita non sarà guarita ma per la quale c'è tempo anche tre-quattro mesi. Più importante è la chemio o l'ormonoterapia, decisa dallo specialista oncologo sulla base di alcune caratteristiche presenti nell'esame istologico del tumore (grado di differenziazione cellulare, recettori ormonali, fattori di crescita tumorali, oncogeni ecc., dell'età della paziente, delle sue condizioni generali, delle malattie concomitanti. Tali tarapie complementari vanno iniziate al più presto, quando tutti i dati necessari saranno disponibili per l'oncologo, e quindi comprendo la sua ansia. Spero che, al momento della mia risposta, sua madre possa essere stata visitata dell'oncologo e possa aver iniziato la terapia che più le necessita.
Cordiali saluti
Dott. Giuliano Lucani
Segretario dell'ANISC (Associazione Nazionale Italiana Senologi Chirurghi)

Dott. Giuliano Lucani
Specialista in Chirurgia e Chirurgia Vascolare
Perfezionato in Senologia

[#2]
dopo
Utente
Utente
La ringrazio per la sua cortese risposta, mia madre ora ha iniziato a prendere novaldex, e dovrà farlo per 5 anni, ha già eseguito l'ecografia epatica e la lastra al polmone, risultati negativi e oggi dovrà eseguire la scintigrafia ossea.
Tra una decina di giorni dovrebbe cominciare la radioterapia, ma io ho letto sul sito dell'airc che anche nei casi come mia madre è indicata la chemioterapia! vi riporto di seguito il brano tratto dal sito airc:
"..Anche nei casi iniziali di cancro (stadio I e II), la chemioterapia è utile, forse persino più che nelle forme avanzate dato che il tumore non ha potuto fare molti danni e quindi il guadagno, in termini di anni di sopravvivenza, è maggiore."
Le mie domande sono:
1)Cosa ne pensa? come mai a mia madre non le viene proposta? sono coscente che sono terapie pesanti da sopportare, ma se in ballo c'è la salvezza della vita forse val la pena di affrontarle..
2)Nel suo caso, linfonodi negativi e recettori ormonali positivi, tumore classificato t1(grandezza 1.2 centimetri) quanto corre il rischio che ci possano essere delle metastasi?
3)Se ci dovessero essere delle metastasi, prese precocemente, non si possono curare? se la risposta è no a che serve sottoporre una persona a un continuo calvario di analisi(le hanno detto che ogni 3 mesi dovrà ripetere gli esami)se poi non si può fare nulla oltre a cure palliative??
Se può la prego di rispondere a tutte e tre le domande, colgo inoltre l'occasione per ringraziarla sentitamente per l'impegno e la professionalità con la quale svolgete il non facile compito di dissolvere dubbi ed ansie di chi si rivolge a voi.
Saluti.
[#3]
Dr. Giuliano Lucani Chirurgo generale, Chirurgo vascolare, Senologo 99 3 2
La ringrazio anche a nome di tutti i colleghi per le gentili parole. Veniamo al caso di sua madre.
1)Nel caso, molto probabile, che anche la scintigrafia ossea fosse negativa, la situazione di sua madre sarebbe da considerare a "basso rischio" secondo la classificazione della Consensus Conference(simposio in cui i migliori specialisti si accordano per stabilire le linee guida di trattamento per un certo tipo di patologia) sul carcinoma mammrio di St. Gallen del Febbraio scorso. Nel caso di una donna in menopausa con recettori positivi e a basso rischio il trattamento indicato è la terapia con antiestrogeni (Tamoxifene) da assumere per 5 anni. La chemioterapia va riservata a casi considerati a maggior rischio, con recettori negativi o in età pre-menopausale.
2) Il rischio di sviluppare metastasi nei tumori di piccole dimensioni con linfonodi negativi è relativamente basso, intorno al 5%. La maggior frequenza di sviluppo di metastasi avviene nei primi anni dopo l'intervento per poi ridursi progressivamente nel tempo ( non sarà mai 0!).
3) sulla necessità di sottoporre la paziente a controlli continui e pressanti non c'è accordo tra tutti. Quello che lei afferma è sostanzialmente vero salvo per quanto riguarda il controllo della mammografia ( esistono rischi di ripresa della malattia nella mammella operata o nell'altra). I tre mesi di intervallo per la visita senologica con la palpazione dell'ascella sono invece necessari, almeno per due anni, nelle pazienti in cui è stata eseguita la tecnica del linfonodo sentinella per il rischio(invero basso, 3-4%) che il linfonodo asportato non fosse il vero sentinella (la avranno informata di questo). Nel caso la palpazione dell'ascella scoprisse un linfonodo ingrossato, si potrebbe eseguire l'asportazione dello stesso e, se questo fosse positivo, di tutti gli altri. In questo caso, sfortunato, la prognosi della paziente non cambierebbe tuttavia di molto e quindi la sorveglianza avrebbe un effetto positivo. Nel caso di metastasi, è vero che le terapie in nostro possesso non sono mai risolutive nel senso che non portano alla guarigione (ecco perchè palliative), ma tuttavia possono prolungare la vita anche di molto con una buona qualità della stessa come ad esempio nel caso di metastasi alle ossa.
Cordiali saluti
Dott. Giuliano Lucani
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