Sospetto spettro autistico in età adulta, dove rivolgersi

Salve, sono una donna di 40 che fin da bambina ha avuto un'infinità di problemi a livello di studio e socializzazione, per i quali gli insegnanti suggerivano il consulto di uno specialista per presunto spettro autistico.
Ormai dopo tanto tempo ho raggiunto il mio equilibrio, anche se rimangono moltissime caratteristiche riconducibili allo spettro (ossessioni, manie ossessive compulsive, routine ripetitive, meltdown, difficoltà a socializzare e molto altro) e sto cominciando a valutare la scelta di rivolgermi a uno specialista che possa confutare o confermare con una diagnosi certa.
Non ho possibilità economiche al momento per sostenere visite private, ma ho sentito che è possibile rivolgersi all'ASL tramite ssn.
La mia paura però è quella di non trovare psichiatri specializzati sul'autismo ad alto funzionamento, che si occupi di adulti, e che dunque non riesca a "riconoscerlo" e diagnosticarlo, sapendo che individuare una forma di livello 1 in un soggetto adulto (presento masking, cioè tendo ad imitare gli altri per sembrare il più possibile normale nelle situazioni di disagio o scomodità) può risultare complesso.
Non so se qualcuno potrebbe indicarmi un centro o uno specialista, considerato che vivo nella provincia di Lecco.
Mi basterebbe anche solo comunicare "preventivamente" con qualcuno, anche solo via scritto, non per una diagnosi ma per capire se i sintomi possano effettivamente valere la pena per un'indagine più accurata.

Grazie
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Diabetologo, Medico delle dipendenze 47k 1k
" che possa confutare o confermare con una diagnosi certa."

Parte malissimo così. Se la diagnosi è certa (non c'è in realtà, certa perché ha deciso che debba essere questa), allora lo specialista che deve confutare o confermare ? Inoltre non si parte in questo modo, la diagnosi si fa a partire da un problema, non da una diagnosi ipotizzata dalla persona. L'ipotesi la fa chi visita.
Se in assenza di diagnosi Lei già seleziona degli esperti nella non-diagnosi che Lei ha messo come punto di partenza, rischia di creare un problema di partenza nel percorso diagnostico. Il contrario, dovrebbe intanto far fare una diagnosi.
Non tutti sono esperti anche in alcune diagnosi ? Sì, questo è vero, però le conoscono. E se i problemi iniziano dall'età infantile e sono di un certo tipo, sono elementi che lei riferice e chi ascolta valuta, oltre a valutare direttamente il suo modo di fare, di esporre, di argomentare e di rapportarsi.

Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
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Gentile dottore,
non scrivevo che la diagnosi "è certa", ma che uno specialista potrebbe confutare o confermare le caratteristiche riconducibili allo spettro "con" una diagnosi certa (cioè la sua, non la mia).
Per quanto abbia svolto un po' di studio, leggendo articoli di specialisti, eseguendo test (che mostrano sempre un rientro) e guardando video documentari sull'argomento, il mio resta un "sospetto" (immagino legittimo, perché basato su un'ifinità di caratteristiche molte vaste e impossibili da riportare interamente per iscritto, anche per via dei mutamenti tra infanzia ed età adulta).
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Diabetologo, Medico delle dipendenze 47k 1k
Ho capito, ma a parte la diagnosi "certa" che ho capito cosa intendeva, rimane l'errore nell'approccio. Si va per essere visitati rispetto a dei problemi e sintomi, non proponendo le diagnosi. Se vuole una diagnosi fatta bene, anzi, è opportuno non partire facendo capire al medico cosa "gradisce" come diagnosi o cosa le sembra di avere perché ha visto un video o letto qualcosa, perché potrebbe ricavarne solo una cosa: o una diagnosi "piegata" al fatto che il medico vuole compiacerla, o al contrario, una resistenza specifica verso quella diagnosi perché l'ha proposta al medico e questo lo ha irritato.

Dr.Matteo Pacini
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Bé, capisco il discorso; ma se uno specialista tendesse a irritarsi perché una persona, impossibilitata o timorosa di rivolgersi prima a lui, ha cercato strumenti per dare un senso a determinati vissuti, di comprendersi e lavorare su se stessa, tenendo traccia di ogni "anomalia" e raccogliendo tutto in un diario, e di conseguenza trovando molte assonanze con un determinato disturbo piuttosto che un altro, portandola quindi a dirsi "okay, forse il problema esiste e va affrontato", mi lascerebbe perplessa e uscirei dallo studio. Sarebbe come dirmi "non dica nulla altrimenti il medico si offende o le dà ragione per sfinimento." Penso che un buon specialista sia ben oltre irritazione o compiacimento e sappia sicuramente affrontare con empatia, distacco e professionalità ogni caso e situazione, anche di fronte a una possibile "supponenza da paziente", senza reazioni che non farebbero altro che causare un danno al paziente. Non sarebbe un vero professionista e io voglio credere che là fuori non siano così. Ma semmai avrò modo di avere un confronto diretto con qualcuno, cercherò di tenere in considerazione di non parlare di questo sospetto per non "influenzare" chi mi aspetterei sia capace di fare valutazioni oggettive.
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