Evoluzione del linguaggio

Buongiorno, sono il papà di uno splendido bambino, Ettore, di quasi 23 mesi e vi scrivo perché vorrei qualche delucidazione sul processo di acquisizione del linguaggio.
Il fatto è che non dico che mio figlio non parli del tutto, ma parla davvero poco e il poco che dice è molto poco articolato. Per esempio identifica gli animali facendone il verso e non pronunciandone il nome e in generale sembra non mostrare un particolare interesse verso il linguaggio come strategia comunicativa, preferisce di gran lunga indicare e fare i versi. In aggiunta sembra avere la “sindrome di Paganini”, spesso quando vede una cosa nuova la indica, mia moglie o io gli diciamo il nome, lui lo ripete (spesso anche in maniera molto migliore di quanto faccia in seguito, se gli capita di riutilizzare la parola) e poi… basta! Non c’è verso di farglielo ripetere, bisogna attendere che riutilizzi la parola di sua iniziativa (quando lo fa…). Il suo vocabolario mi sembra ancora abbastanza “poverello” pur tenendo in considerazione la sua età.
Oltretutto c’è una forte asimmetria tra il suo vocabolario “parlato” e il suo vocabolario “compreso”, è evidente che capisce molto ma molto di più di quello che esprime a parole: riesce a comprendere richieste abbastanza complesse (“metti la maglietta di papà nel cesto della biancheria, per piacere?” e lui esegue alla perfezione, senza che io debba indicare la maglietta o la “strada” per il cesto, che è in un’altra stanza) oppure intercetta anche richieste non dirette a lui: ieri sera ho detto a mia moglie: “ci vorrebbe il pepe” e lui è corso in cucina, ha aperto il cassetto e mi ha portato il pepe (devo dire che mi ha stupito!) però quando deve chiedere qualcosa lui usa a malapena una parola singola (“cacua” per acqua, per es.)
Ettore non va ancora all’asilo perché siamo fortunati e abbiamo tutti i nonni operativi ma frequenti altri bimbi al parchetto o ad una sorta di nido pomeridiano in cui va a volte e non ha mai esplicitato problemi relazionali anche se non ama molto i bimbi “irruenti” (probabilmente anche perché è abituato “bene” dalla frequentazione di nonni e cuginetti).
È un bambino tranquillo, vivace, curioso (quando mi dedico al bricolage è concentratissimo!) e tutto va benissimo, però il fatto che parli così poco mi lascia un po’perplesso (sono un po’ansioso, come tratto).
Quello che vorrei capire è se può aver senso portarlo da un logopedista (o altro specialista) o stare tranquillo e attendere. Mia moglie e io proviamo a stimolarlo un po’ (“eh? Cosa dici? Cosa vuoi? Non capisco…” oppure descriviamo a voce alta quello che stiamo facendo con lui, etc…) però non insistiamo oltre misura perché non vorremmo nemmeno “passargli il messaggio” che non sa farsi capire. In realtà ci riesce benissimo, ma non ama usare le parole.

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Dr. Roberto Di Rubbo Psichiatra, Psicoterapeuta 1.1k 24 4
Gentile Utente,
in genere siamo autorizzati a preoccuparci se a più o meno due anni e mezzo il linguaggio espressivo (pronunciare parole o brevi frasi) non è comparso; ma non si può essere affatto sicuri che ci sia qualcosa di patologico. Circa il linguaggio non è facile conoscere i limiti che caratterizzano uno sviluppo normale da un processo di acquisizione patologico.
E’ importante notare che un ritardo nello sviluppo del linguaggio non è per niente un indicativo di ritardo dello sviluppo cognitivo. La maggior parte dei bambini che parlano tardi ha normali o ottime capacità intellettive è in grado di usare diverse strategie.
Nonostante ciò è consigliabile far vedere il suo bambino da un logopedista per avere un parere più mirato circa la situazione.
Cordialità,

Dr. Roberto Di Rubbo