Psicoterapia cognitivo comportamentale: scelta giusta? [Repost]

Buonasera gentili dottori. Posto anche qui il mio consulto, per ricevere un parere anche in psichiatria (in quanto non so precisamente di chi sia la pertinenza). Riassumo in breve la mia storia clinica. Sono affetto da un DOC (dove prevalgono di gran lunga le ossessioni rispetto alle compulsioni, motivo per cui venne definito "puro") in comorbidità con un DAP ed un disturbo ciclotimico dell'umore.

Seguo un trattamento farmacologico, prescritto dal mio psichiatra, a base di:

-Resilient 83 mg (Litio): 1 cp al mattino ed 1 la sera.

-Zoloft 50 mg (Sertralina): 2 cp al mattino ed 1 la sera.

-Abilify 5 mg (Aripiprazolo): 1 cp la sera.

-Depakin Chrono 500 mg (acido valproico): 1 / 2 cp la sera.

Non starò qui a spiegare tutta la mia storia clinica, ma tenterò di spiegare i motivi di questo consulto e le manifestazioni cliniche che mi attanagliano di più. In questo momento, più che il DOC in sé (che ritengo comunque il disturbo principale),sono infastidito dalle caratteristiche caratteriali ad esso correlate. Faccio degli esempi: tendenza ad avere una visione dicotomica della vita, donde la rigidità che ne deriva (se la giornata inizia male, non riesco a recuperarla ma "butto tutto via"), perfezionismo (per cui finisco per non far nulla piuttosto che svolgere le mie attività, quali lo studio, in maniera arrangiata), continuo senso di "incompiuto".

Se da un lato sono molto razionale (anche troppo) ed ostacolato dal DOC, quando smetto di rimuginare (non so se sia una coincidenza o se ci sia un nesso) divento eccessivamente impulsivo ed instabile (ultimamente mi sono dato anche al gioco d'azzardo online), finendo ad esempio con lo spendere grosse cifre. Sono continuamente tra queste "due bestie", tra loro in contraddizione, finendo ora da una parte ed ora dall'altra. Ultimamente penso inoltre di avere un calo dell'umore, passando la maggior parte della giornata in casa senza voglia di uscire ed interagire con gli altri.Su mia pressione, il mio psichiatra ha acconsentito a farmi intraprendere un percorso di psicoterapia. Quella da lui indicata è, precisamente, quella cognitivo-comportamentale. Essendo io molto razionale e scientifico ed ancorato al modello "evidence based", ho accolto favorevolmente questa proposta. Ho riscontrato però, dall'approccio con ben 3 terapeuti, i seguenti problemi:

-Capisco i protocolli e la rigidità che ne deriva, ma ho trovato i terapeuti eccessivamente sclerotizzati su tecniche e, lasciatemi passare il termine, "compitini" che ritengo, peccando forse di presunzione, di poter svolgere da solo, donde la mia richiesta di cercare un terapeuta più aperto, flessibile e, se vogliamo, "umano".

-Dai risultati dei test sono emerse delle caratteristiche che ritengo molto lontane da me.

Vi chiedo dunque se ritenete la psicoterapia cognitivo comportamentale la scelta più adatta ai miei disagi e se, nel caso, sapreste indicarmi (contattandovi io privatamente, ovvio) il nome di qualche specialista in gamba su Roma.

Un caro saluto
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 990 248
Lei intende la cognitivo-comportamentale sul DOC ?

Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini

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Utente
Utente
Si dottor Pacini, intendo per il DOC, ma con alcune precisazioni:

-Mi piacerebbe correggere / smussare anche quelle caratteristiche comportamentali che io, da profano, ritengo essere collegate al DOC (visione dicotomica, rigidità, perfezionismo ecc). Pertanto, non rompere soltanto lo schema ossessione --> compulsione, ma agire su più livelli.

-Vorrei trovare un professionista in grado di valutarmi a 360 gradi, anche e soprattutto come persona e non come un insieme di comorbidità ambulanti.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 990 248
Qui c'è un equivoco. Questo discorso che il professionista debba valutare "la persona" (che poi non è definibile, è particolare, individuale) è un vicolo cieco.
Il professionista deve valutare cosa può fare su un problema, ed è chiaro che è utile anche capire come farlo rispetto alle caratteristiche della persona, ma in questa sequenza. Non capire la persona e poi il problema, l'inverso. Altrimenti si finisce per curare la persona (che non significa sostanzialmente niente) e poi occuparsi del problema su cui invece si hanno strumenti precisi, provati e specifici.

Questo discorso del "360 gradi", della completezza etc non è assolutamente una soluzione, questo è esattamente quello che Lei afferma di voler smussare (rigidità perfezionismo).
In pratica per smussare il perfezionismo e la rigidità sta pensando ad un intervento perfetto, totale, definitivo etc. Non è una soluzione questa, è un sintomo.
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Utente
Utente
Gentile dottor Pacini, forse non mi sono saputo spiegare. Il discorso della "persona" era inteso in questo senso: noi non siamo entità nosografiche. Le malattie non esistono (tranne che all'interno di un sistema categoriale necessario a voi professionisti per avere un quadro generale), ma esistono i "malati". Anche nella nuova edizione del DSM, a quanto so, é stata introdotta la diagnosi "dimensionale" per ovviare ad alcuni limiti del sistema "categoriale". É chiaro che, per ragioni di logica, abbia più senso partire dal problema e non dalla persona (che, come dice lei, non é un'entità statica e ben definita). Quando io parlo di "persona" intendo che ci possano essere delle difficoltà / disagi non immediatamente o non meglio inquadrabili all"interno di un sistema nosografico, ma che sono comunque importanti da un punto di vista clinico e che, limitandosi soltanto alla diagnosi medica, finirebbero per non essere considerati. Infine, non me ne voglia lei ed i colleghi di psichiatria, ma ho notato che in questa sezione c'è una sorta di distacco, per non dire freddezza (o cinismo) nell'affrontare i disagi dei pazienti. Non ho notato la stessa cosa nelle altre sezioni (ad esempio psicologia). Non so se sia un vostro modo di operare, ma questo linguaggio cosi asciutto e scarno, senza mai una parola di conforto per il paziente, non mi sembra una strada vincente in termini di ascolto e dialogo. Lo dico senza nessuna intenzione polemica, sia chiaro. Un caro saluto.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 990 248
Si è spiegato bene, ed è proprio questo che contesto. Le cure esistono perché esistono le malattie. Non esiste la cura per il malato x, poi y etc. Esistono "prima" gli standard, poi le personalizzazioni. Non il contrario.
Questi discorsi sulla "persona" va benissimo per far polemica contro la medicina, e denota scarsa conoscenza dei meccanismi con cui si mettono a punto i trattamenti.
Non ha niente a che vedere con il rapporto umano che si mette in campo nel momento in cui si sa cosa proporre al paziente e perché, ma non c'entra nulla con la cura sulla "persona".
Quando si arriva a dire che ogni caso è a sé, che le malattie non esistono, etc, si sbaglia. Purtroppo non sempre sono definibili. Se io curo l'asma di "Mario Rossi", io curo l'asma e poi cerco di capire come farlo su Mario Rossi, non cerco di curare "l'asma di Mario Rossi". Sarebbe poetico, ma non funziona così. Nessuno potrà stabilire come si cura l'asma di Mario Rossi, e se lo avesse anche fatto, ciò servirebbe solo a Mario Rossi. Quindi non esisterebbe alcuna cura per l'asma.
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Utente
Utente
Gentile dottore, guardi che con me sfonda una porta aperta: nemmeno a me piacciono le strumentalizzazioni polemiche contro la psichiatria e la medicina in generale (per inciso, sono uno studente di medicina all'ultimo anno). E le dirò di più, ho apprezzato molto i suoi articoli in cui sfatava alcuni falsi miti sulla psichiatria (ad esempio, il fatto che la psicoterapia andasse ad agire, quasi per definizione, in profondità, mentre i farmaci agirebbero in superficie, o il fatto che questi ultimi sarebbero sintomatici mentre la psicoterapia "curativa" e via dicendo). Non sto cascando nell'ennesimo luogo comune sulla "persona", e sono assolutamente d'accordo sul fatto che vengano prima gli "standard" e poi le "personalizzazioni". Mi sembra di essere stato chiaro su questo. Quello che io contesto, essenzialmente, è l'approccio "eccessivamente" sclerotizzato su tecniche e diagnosi. E secondo me l'esempio dell'asma non regge. Provo a spiegarmi: io penso che il cervello (e non la "mente", che ritengo essere, in una visione monistica ed organicistica, una funzione del cervello), a differenza degli altri organi, sia suscettibile di un impatto "ambientale" maggiore, per la semplice ragione che tutto quello che leggiamo, facciamo, diciamo, non fa altro che attivare alcuni circuiti, a livello biologico regolati da sostanze neurochimiche. Possiamo avere un problema "a monte", quindi un cattivo funzionamento del cervello che comporta una cattiva interazione con l'ambiente, oppure il cervello può essere "plasmato" dall'ambiente, in modo bidirezionale ed assolutamente organico. Fatta questa premessa, è evidente che, interagendo il cervello con tutti gli stimoli con cui veniamo a contatto, ed essendo gli stimoli un'enormità, variando l'assetto cognitivo e comportamentale nei confronti degli stessi, possiamo avere una risposta piuttosto che un altra, donde la "necessità" di un approccio personalizzato. Ovviamente quanto detto si riferisce esclusivamente alle funzioni "corticali" e non a quelle "sotto-corticali", che al contrario sfuggono al nostro dominio. In sintesi: la vita è complessa, ed il cervello è l'organo che più di ogni altro interagisce con tale complessità. Ridurre il tutto ad una banale diagnosi, quando in gioco possono essere presenti tutte queste variabili, non mi sembra idoneo.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 990 248
L'approccio non è sclerotizzato sulle diagnosi, sono strumenti in divenire, provvisori. Ma non usarle non aiuta granché. Così come pretendere che formularle significhi "spiegare" il senso delle cose. Sono solo strumenti per accoppiare il paziente ai tentativi di cura.
Si va spesso in maniera empirica, per sintomi, per gruppi di sintomi.
Alcune diagnosi sono insoddisfacenti, non servono, sono eterogenee, definite magari con criteri non chiari, e quindi possono essere sorvolate. Ma altre no, hanno implicazioni prognostiche, definiscono un problema rispetto ad un altro etc.
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Utente
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Credo che abbiamo posizioni differenti sull'argomento, o comunque, divergenze di natura semantica e interpretativa. Io non sto dicendo di "non usare le diagnosi", ci mancherebbe altro (ricordo, nuovamente, che sono uno studente di medicina). Come lei, dico che vengono prima gli "standard" e poi le "personalizzazioni". Quando dico, in maniera forse provocatoria, che "le malattie non esistono", non intendo sottolineare l'assenza di determinati processi morbosi con specifiche caratteristiche biologiche, ma il fatto (ovvio, a mio parere) che questi fenomeni "non nascono per essere classificati". Esiste il fenomeno, punto. Poi possiamo chiamarlo Tizio, Caio, x, y ma la nosografia non gli conferisce una ulteriore dignità. Sono strumenti necessari, soprattutto per avere un primo inquadramento del paziente e per la comunicazione tra professionisti, ma si deve tenere presente che si può "prevedere sommariamente", in base alla nosografia, l'andamento di un disturbo, ma tutto questo non è certezza. In questo senso, dico che "esistono invece i malati", andandosi il disturbo ad inscrivere su una struttura caratteriale unica nel suo genere. Per superare in parte i limiti del sistema categoriale, è stato infatti introdotto il sistema "dimensionale": alcune dimensioni, espressione di un processo fisiopatologico, possono non essere inscritte in nessun disturbo, ma essere comunque importanti a fini clinici. Inoltre, una stessa entità nosografica, si può presentare con caratteristiche dimensionali differenti, donde la necessità di un approccio maggiormente "personalizzato". Al di là di queste considerazioni un po' più tecniche e che lei, dottore, immagino conoscerà meglio di me, i punti focali della mia domanda (anche, giustamente a mio avviso, polemica) erano i seguenti:

-Innanzitutto un'indicazione, sulla città di Roma, di uno psicoterapeuta ad orientamento cognitivo comportamentale (sempre se, tale indirizzo, risulta essere valido per il quadro clinico descritto sopra). Avendo già avuto esperienza di altri terapeuti, cercavo (non mi sembra di chiedere la luna) un terapeuta che fosse abbastanza "caloroso e accogliente", non "freddo e distaccato, meccanico, protocollato". E' vero che anche voi professionisti avete le giornate no, emozioni negative, talvolta reazioni inappropriate, ma penso che se avete scelto questo lavoro, più che in altri ambiti (dove è comunque necessaria) dobbiate imparare a coltivare un briciolo di umanità verso il paziente.

-Collegata al primo punto, vi è una considerazione, più che una domanda: non è propriamente il caso di questo consulto (al quale il dott. Pacini ha risposto in maniera educata, anche se abbastanza fredda e distaccata), ma ho notato, leggendo anche altri consulti, che in questa sezione i pazienti vengono trattati in maniera quasi "algoritmica", come se fossero numeretti ai quali rispondere in modo freddo, distaccato, senza mai una parola di conforto (che, capisco, non è il fine di questo sito, ma a meno che non diventi una "compulsione" non ci vedo nulla di male, potrebbe rendere il dialogo più morbido ed aumentare la compliance del paziente all'ascolto). A volte si è anche andati "oltre". Ricordo che, la maggior parte dei pazienti che scrive qui, per non dire la totalità, presenta un grado di sofferenza medio-elevato. In alcuni casi "insostenibile". Non è (fortunatamente) il mio caso, ma alcuni pazienti sono anche a rischio suicidario, e magari quella parolina calorosa in più che gli viene detta, e che sicuramente non sarà terapeutica, potrebbe essere però dirimente tra "l'avere un appiglio, un minimo ascolto" ed il buio più totale. Spero che vi rendiate conto della responsabilità e del peso che hanno le parole che scrivete in questa sezione. Non voglio fare scuola a nessuno, ma mi sentivo in dovere di fare questa piccola digressione.

Un caro saluto.
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PS: se, oltre al gentile dott. Pacini, anche qualche altro specialista avesse in mente qualcuno da segnalarmi, mi farebbe piacere. Grazie.
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Non c'è nessuno che possa rispondere alle richieste di sopra?
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 990 248
Va bene, visto che in realtà ribadisce esattamente quello che nega di voler sostenere, è inutile proseguire.

Qui non si richiede che faccia critiche a chi le risponde, oltretutto con educazione come dice Lei.

Né che insista sollecitando risposte, che non le arriveranno per nessun motivo prima in questo modo.

Qui non si svolgono funzioni di sostituzione a quelle che ha un contatto medico, e il suo riferimento a paroline, atteggiamenti per come secondo Lei devono essere è irrilevante.
Il suo disprezzo di sottofondo con le argomentazioni che propone è tra i luoghi comuni che si sentono ovunque, e deriva da una sostanziale mancanza di conoscenza della materia.
La visione che ha del cervello è semplicemente legata al pregiudizio che noi abbiamo nei confronti della nostra mente, alla sopravvalutazione dei fattori esterni ad essa, quando poi di tali fattori conosciamo nulla o quasi, se rapportato a quanto invece conosciamo su quelli interni. Quindi questa idiosincrasia del dover mettere l'accento su cose che non si conoscono è assurda.

Anche se non le sta bene, questo è quanto.

Non si possono indicare nominativi specifici di colleghi.
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"Qui non si richiede che faccia critiche a chi le risponde, oltretutto con educazione come dice Lei".

Non mi sembra infatti di averLe mancato di rispetto. Io ho fatto delle domande molto precise, alle quali lei, divagando (come ho notato è solito fare spesso nei consulti), ha risposto in maniera parziale e tardiva.

Il mio punto di vista, per quel che può valere, è che non si ragiona a "pacchetti di informazioni pre-confezionate". Lei è partito a raffica con lo sfatare alcuni luoghi comuni rispetto a molti dei quali, tra l'altro, anche io sono contrario. Aveva questa idea di partenza evidentemente e, appena ha sentito odore di luoghi comuni, è partito senza forse ascoltare ciò che avevo di fatto chiesto. Perché, se ci pensa bene, avevo fatto due domande molto precise:

1) Efficacia della psicoterapia cognitivo-comportamentale sul DOC: domanda alla quale non ha proprio risposto.

2) Ricerca di un terapeuta, se possibile, non rigido e flessibile: per lei le paroline non contano nulla? Beh, per me contano. Cosa dobbiamo fare? Sono stati fatti studi in merito? Non mi pare, quindi rimane una mia preferenza verso una cosa rispetto alla quale Lei, a quanto pare, non crede.

Lei dice che non sono competente in materia? Probabile. Il mio psichiatra però è considerato un luminare e la pensa in maniera diametralmente opposta alla sua. L'unico problema è che non si occupa di psicoterapia, donde la mia domanda su questo portale.

Infine, e concludo, il fatto che Lei quasi con disprezzo sminuisca il rapporto umano in una psicoterapia, lascia intendere delle cose non proprio edificanti (e non vado oltre, per non mancare di rispetto, appunto).

Cordialmente
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 990 248
Ma chi sminuisce, Lei ha scritto qui per fare inutili polemiche senza capire nulla, cade in luoghi comuni triti e ritriti, banalità offensive che non val la pena commentare.
Inoltre, chiede cose per poi fraintendere completamente il senso delle risposte, e mostra di non aver compreso quello che in teoria dichiara di sapere a proposito di terapie, psichiatria e temi correlati.

Lei ha uno psichiatra di cui è soddisfatto ? E allora chieda pure a lui lumi, invece di scrivere qui a insultare chi le risponde.

Chi scivola verso le polemiche sterili che Lei pone si riconosce purtroppo dall'impostazione di partenza. Peraltro, inutile, perché non serve a risolvere i suoi problemi.

1) non è mia opinione, è noto. Lo sa anche Lei, altrimenti non sarebbe qui a chiederlo, è una domanda chiaramente ridondante.
2) Non facciamo niente. Io non sono qui per credere a questo o a quello o mortificare la mia materia appiattendola sui luoghi comuni a proposito di come deve essere la comunicazione, su cui sono fatti studi certamente.
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Utente
Utente
Vede come scatta senza motivo? Parla di "offese", quando è chiaramente lei ad inasprire i toni del discorso, parlando di "non capire nulla", "luoghi comuni" etc. Non è entrato nel merito di nessuna cosa che ho scritto, mantenendosi su un generico divagare circa presunti luoghi comuni. Ripeto, lei si è concentrato su questa idea di partenza, ripetendo sempre sostanzialmente le stesse cose. Vuole degli esempi? E' partito a mille parlando del fatto che "non si cura la persona": ma chi glielo aveva chiesto? Chi lo aveva detto? Io avevo parlato di "valutare", non di curare nulla. Poi ha continuato con questo discorso di "standardizzare prima, personalizzare poi", ed anche in questo caso, chi aveva detto il contrario? Quindi, ancora, ha parlato del fatto che non si potesse sorvolare sulle diagnosi. E chi lo aveva fatto intendere? Nessuno. Lei, semplicemente, mi ha piazzato in maniera meccanica e ridondante quello che sostiene in alcuni mini-articoli appena ha sentito solo vagamente l'odore dei luoghi comuni, in questo caso al contrario del tutto assenti. Tutto ciò è indicativo di come Lei parta già con un'idea in testa, pre-confezionata appunto, e cerchi di applicarla a discorsi che vertevano su tutt'altro.

Inoltre, l'unico ad offendere qui è stato Lei, ed anche questo è indicativo del fatto che, forse, si è sentito in qualche modo minacciato dai miei discorsi.

Per rispondere alle sue ultime considerazioni, beh come ho appunto scritto (ma temo che Lei nemmeno legga quello che scrivono gli utenti) il mio psichiatra, nonostante sia considerato da tutti un luminare, non si occupa di psicoterapia, di nessun tipo, motivo per cui volevo sapere se fosse realmente efficace sul DOC, perché io si, posso aver trovato quello che lei vuole sul web, ma consultare dei professionisti è certamente un altro discorso.

Il discorso sull'umanizzazione dei rapporti, credo che sia non importante, ma fondamentale. Ed anche qui c'è ampio spazio in letteratura.

Inoltre, così come io posso non scrivere sul sito, lei è libero di non commentare se ritiene questi consulti polemici, ridondanti, stereotipati etc. Le ho fatto capire in maniera molto educata che avrei preferito il parere di un altro specialista piuttosto che il suo, ma evidentemente non ha colto la sottigliezza.

Concludo ricordandole che, se ci sono così tanti pazienti che le dicono sostanzialmente le stesse cose (ed i consulti parlano chiaro, basta leggere le risposte), evidentemente il problema non sono i pazienti.

Un caro saluto.
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Gentile utente

come già saprà, online non è possibile fare diagnosi o terapia.

I medici iscritti a Medicitalia.it cercano di aiutare gli utenti nel rispetto delle linee guida che può trovare a questo indirizzo :https://www.medicitalia.it/norme-comportamento-iscritti/.

Il dr. Pacini si è messo a sua disposizione senza alcun obbligo datosi che il servizio è gratuito per tutti.

La prego di leggere attentamente le linee guida prima di richiedere un nuovo consulto e di rivolgersi dal suo medico di fiducia per altre richieste simili

Il consulto viene chiuso dallo staff
Cordiali saluti
staff@medicitalia.it