Dinamiche familiari: sorella invisibile e fratello "problematico": come reagire?

Buonasera, scrivo qui la sera di Natale dopo l’ennesimo litigio familiare sfociato in tragedia.

A casa mia ho sempre visto una propensione verso mio fratello, quello che va aiutato perché più piccolo e perché più bisognoso.

Il problema nasce da quando eravamo piccoli, io sono più grande e non ho mai dato un problema, sempre andata bene a scuola, la bambina che piace a tutti.
Lui quello agitato, scalmanato, quello da seguire a scuola perché crea problemi.
Questo ha portato, secondo me, ad eclissarmi totalmente e lasciarmi a me stessa fin da quando ero bambina.

Siamo cresciuti, il mio primo vero problema è stato ad un certo punto l’università: non riuscivo a laurearmi, odiavo il mio percorso di studi.
Sono diventata la pecora nera, la svogliata che ci marcia e che si piange addosso, quella che non ha voglia di fare niente.
Nel frattempo ho sempre cercato lavoretti, ho sempre cercato di darmi da fare per non gravare troppo, ma non mi sono mai sentita capita e questo alimentava il senso di impotenza e di incapacità.
Mi sono chiusa in me stessa e perso tutte le amicizie per la vergogna e il senso di colpa che a casa continuavano ad alimentare.

Mi sono laureata, ho trovato subito un lavoro stabile.

Anche mio fratello dopo vari percorsi abbandonati ha trovato un buon lavoro.

La differenza sta nel fatto che, secondo la mia famiglia, per lui è più impegnativo.
È lontano da casa (per la scelta lavorativa) motivo per cui va premiato, va coccolato, si parla solo di lui in ogni momento del giorno, non conta quello che dico o penso, conta quello che dice e pensa lui, io posso aspettare.

Ogni volta che ho provato ad esprimere disagio, sono stata additata come cattiva e invidiosa, come avida.

Il punto per me è ben diverso, è che non mi sono mai sentita vista o capita, che sono sempre stata in ombra, che non ho mai avuto modo di dire la mia.

Ci sono sempre stati i suoi problemi.
La mia laurea è stata molto sottotono perché lui non c’era, mentre il suo giuramento ha mandato i miei su giri.
Questa differenza mi ha fatto molto male.

Non c’è speranza di dialogo, ho tanta rabbia dentro e quando provo a dire qualcosa e vengo additata come maligna esplodo, perché non provano neppure a capire.

La cosa che più mi dispiace è che se i miei genitori hanno un problema o bisogno di qualcosa sanno benissimo che è su me che possono contare, perché sempre presente, mentre mio fratello è distratto e spesso disinteressato, ma comunque riconosciuto come più buono e genuino di me, l’invidiosa.

Lui ha un approccio completamente diverso, eppure viene premiato.

Oggi, sera di Natale siamo arrivati a mal parole perché ho provato ad esprimere il mio disagio e mai come ora mi sento completamente sola ed abbandonata.

Non sono come comportarmi né che dovrei fare.
Dr. Vincenzo Capretto Psicologo 59 9
Gentile,
grazie per aver scritto, soprattutto in una sera come questa. Da quello che racconta non emerge invidia né cattiveria, ma una ferita molto chiara: sentirsi messa in secondo piano e meno riconosciuta, nonostante l’impegno, la presenza e le responsabilità che si è sempre assunta.

Spesso chi cresce come quella che non dà problemi finisce per essere dato per scontato. I suoi risultati diventano normali, mentre l’altro viene protetto, celebrato, messo al centro. Anche quando questo viene giustificato dal fatto che suo fratello sia lontano o più bisognoso , l’effetto per lei resta lo stesso: sentirsi invisibile. Le spiegazioni possono avere una logica, ma non cancellano l’impatto emotivo su chi resta sempre in secondo piano.

Quando prova a esprimere questo disagio e viene etichettata come cattiva o invidiosa, la situazione si irrigidisce ulteriormente. In queste condizioni è comprensibile che la rabbia esploda: non è un difetto di carattere, ma la conseguenza di uno spazio che non c’è.

In questo momento, più che continuare a spiegarsi, può essere utile spostare il piano: ridurre l’esposizione quando sente che il confronto diventa svalutante e iniziare a chiedersi quali limiti può mettere per non uscire ogni volta più ferita. Non si tratta di rompere i rapporti, ma di cambiare il modo in cui resta dentro queste dinamiche.

Per questa sera, la cosa più utile può essere fermare la discussione e rimandare qualsiasi chiarimento. Le decisioni importanti si prendono quando l’emotività è più bassa. Proteggersi ora è già un primo passo concreto.

Un caro saluto.

Dr. Vincenzo Capretto, psicologo.
Ricevo a Roma e on line.
vincenzocapretto.psy@icloud.com - 3356314941

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