Disturbi psicosomatici e problemi relazionali

Salve,sono uno studente di 25 anni. Da 4 anni ho iniziato a soffrire di tensioni e sintomatologie fastidiose e invalidanti (contratture,rigidità articolare e nei movimenti,difficoltà di respirazione,attacchi di ansia,debolezza,fitte).I test clinici non hanno evidenziato alcun problema organico,e le fisioterapie sono state inutili;infine mi sono deciso a rivolgermi ad uno psicoterapeuta del Csm. Dalle sedute è emerso che si tratta di disturbi psicosomatici da collegare a problemi relazionali. Infatti a 25 anni non ho mai avuto rapporti sessuali o relazioni sentimentali,e anzi riconosco di averli evitati volutamente. La mia vita fin dall’infanzia si è sempre svolta su un piano solo mentale ed intellettuale,scansando qualsiasi condivisione di emozioni con gli altri (anche gli amici), facendomi rinchiudere in me stesso per evitare così le difficoltà di un ambiente esterno da me percepito come fortemente ostile -soprattutto a causa della figura paterna,con la quale a tutt’oggi coabito e con cui ho pochi e brutti rapporti.Anche il mio rapporto col corpo è divenuto disastroso: ho terrore delle sensazioni che mi da, avverto le sue tensioni e rigidità come umiliazioni insopportabili,il che mi rende paralizzato e sempre più chiuso e spaventato. Oggi dopo 5-6 sedute ho capito l’esistenza di questi problemi,eppure nella pratica non sono riuscito a cambiare nulla: lo specialista mi ha detto di ristabilire un rapporto più sincero e diretto con le persone,creando le basi perché io guardi con meno terrore al mondo esterno e possa intavolare una futura relazione affettiva (che lui reputa fondamentale per la mia organizzazione psicofisica).E mi ha detto che la questione centrale è la mia volontà di riuscire a farcela.
Ma io non ci riesco, è più forte di me:quando parlo con lui mi sembra che sia un’impresa alla mia portata, invece quando provo ad uscire, stare fuori, o anche solo a pensare di farlo, tornano tutte le sintomatologie che mi lasciano umiliato, terrorizzato,paralizzato.Per me il problema è che il mio corpo inizia a pretendere di provare emozioni e sentimenti,ma la mente non cede e continua a dominare nel suo isolato mondo intellettuale. Così, proprio nei momenti in cui potrei fare qualcosa, sento una grande pressione invadermi testa, braccia e collo,come una pesante corazza che mi rende quasi impossibile muovermi! Mi accade come se pensassi di fare un tipo di movimento ma poi non riuscissi a trasmetterlo al corpo! Così finisco sempre col ricadere in notti insonni e giornate casalinghe, lontane da qualsiasi miglioramento concreto.Le sedute che sto effettuando sono per me l’unico conforto ma avvengono solo 1 volta ogni 2 settimane per 1 ora,e quel tempo mi sembra così ristretto rispetto alle miriadi di dubbi e paure che vorrei comunicare! Vi scrivo per cercare risposte: possibile che le paure della mente possano provocare effetti così devastanti sul corpo? Cosa posso fare concretamente per superare questi limiti mentali?
Grazie per l'aiuto!
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
Gentile utente, complimenti per la descrizione, rende davvero l'idea di ciò che sta passando, il disallineamento fra ciò che vorrebbe e ciò che invece si sente costretto a (non) fare.
La risposta è sì, una vita emotiva limitata e angusta come la sua può provocare molti tipi di sintomi fisici. La sua domanda finale: "Cosa posso fare concretamente per superare questi limiti mentali?" è proprio ciò che dovrebbe aiutarla a ottenere il terapeuta. Un'ora di terapia ogni due settimane può andar bene, se si ricevono istruzioni su cosa fare, concretamente, fra una seduta e l'altra.
A questo proposito non tutte le scuole psicoterapeutiche la pensano allo stesso modo. Se vuole posso fornirle dei link per informarsi, ma prima credo che sarebbe opportuno discutere di tutte queste cose con l'attuale terapeuta.

Cordiali saluti

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

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Dr.ssa Valeria Randone Psicologo, Sessuologo 17.4k 317 528
Gentile Utente,
dal suo scrivere emerge la descrizione di un corpo esclusivemente sede di disagio e di sofferenza, come se nel tempo, non solo non avesse sperimentato in alcun modo la possibilità di sperimentare alcun piacere, ma anche nessuna relazione emozionale con la sua corporeità.
Un rapporto poco sereno con il genitore omologo, di sicuro non aiuta i sani e funzionali processi di identificazione.
Ottimo il suo progetto di un trattamento psicoterapico, mediante il quale ristabilire un sano dialogo con il suo corpo e, comprendere le cause, sicuramente con data antica, del suo disagio.
Il mentale, rappresenta un "luogo sicuro", dove rifuggiarsi, ma in questi casi un iperinvestimento del cognitivo, penalizza ulteriormente il rapporto con la corporeità.
Auguri affettuosi.

Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it

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dopo
Utente
Utente
Gentili Dottori,
vi ringrazio per le pronte risposte,per me oggi così vitali.
Per il Dr. Santonocito: mi farebbe piacere ricevere ogni indicazione possa essermi utile.
Per la Dott.ssa Randone:le sue parole sono state le stesse rivoltemi dallo psicoterapeuta!

Il problema emerso dai colloqui è proprio quello di un atteggiamento molto difficile con il mio corpo come sede di emotività e sentimenti, da me respinti per creare una barriera protettiva che ha portato ad isolarmi e ritirarmi nella sola vita intellettuale (tanto che comunico poco anche con amici e genitori, o comunque maschero sempre la mia sincerità).
Non potendo fare una ricostruzione dettagliata delle mie vicende,che sembrano risalire alla mia infanzia (età da me odiata seppur teoricamente non così terribile),vorrei dire che il lavoro psicoterapeutico finora svolto mi sembra buono e mi ha portato a capire cose che prima non ammettevo,ma il mio timore è che il procedere solo sul lato verbale non serva a migliorare concretamente la mia situazione.Il dottore mi ha sì indicato dei primi obiettivi reali da conseguire (un rapporto più sincero e aperto con gli altri),ma le tensioni purtroppo continuano ad ostacolarmi in tutto.

Vorrei chiedervi due cose: in primo luogo,ho chiesto al dottore se potrebbero essermi utili delle tecniche che aiutino la respirazione e il rilassamento, per me così ostici (da 4 anni non riesco MAI a rilasciarmi,nemmeno la notte).Lui però ha sorvolato,dicendo che dovrei soffermarmi non sul sintomo fisico (tensioni) ma sulla causa psichica (problemi relazionali): solo agendo sulla seconda si risolve il primo,non viceversa. A mio avviso egli non ritiene così utile la strada del rilassamento fisico anche perché a scatenare l’inizio delle tensioni psicosomatiche,4 anni fa, è stato proprio il fatto che per qualche mese abbia praticato la meditazione trascendentale ( subito dopo abbandonata).Ma io temo che capire i meccanismi mentali non basti a superare la mia grande paura del corpo, e che questa continui ad ostacolarmi irrimediabilmente.
In secondo luogo,ad ogni seduta, nonostante io mi scriva prima le cose salienti da riferire, riesco a dire solo un minimo di ciò che vorrei perché oltre a parlare c’è da ascoltare: secondo voi se riassumessi in un breve file Word le mie riflessioni per comunicarle al dottore prima del prossimo incontro (previsto a fine mese: mi sembra così lontano!) in modo che siano poi già pronte per essere discusse,sarei scortese o insistente? Voi da dottori che mi consigliereste? Potrei chiedergli la mail, o magari passare al Csm per lasciargli una copia cartacea del documento, oppure è meglio che stia fermo?
Riconosco in tal senso di sentirmi frenetico:sebbene abbia sopportato per 4 anni questi problemi,oggi ogni giorno con loro mi sembra ancora più inutile e sono ansioso e impaziente di poter migliorare qualcosa.Ma al tempo stesso temo di non riuscire a farcela, anche perché ai disturbi psicosomatici (che rendono difficile muovermi ed uscire) bisogna aggiungere problemi di bassa autostima (lo sport aiuterebbe ma le tensioni mi impediscono di praticarlo in modo sano), una generale mancanza di lucidità (mi sembra che il mondo vada sempre più veloce di me ed io fatichi a stargli dietro) e il timore di non poter risultare mai interessante agli occhi dell’altro sesso, vanificando dunque ogni tentativo di superare i miei attuali limiti relazionali (un forte ostacolo ad esempio è il fatto che, avendo vissuto una dimensione sempre e solo intellettuale, mi manca del tutto il profilo della manualità, il che mi rende goffo, impacciato, una vera frana) . Tutto ci mi fa sentire inadatto alla vita, e cado spesso nello sconforto. Come un prigioniero senza scampo. Vi ringrazio di cuore per l’attenzione!
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Dr.ssa Valeria Randone Psicologo, Sessuologo 17.4k 317 528
Se avverte la necessità di avere più tempo e spazio, chieda qualche seduta aggiuntiva, almeno in una prima fase, lei ha molto da dire e da rivivere con l'aiuto del terapeuta.
Parli con lui direttamente, troverete di sicuro un nuovo accordo.
Sempre auguri
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
Può leggere questi due articoli, per iniziare:

https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html

https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/233-la-psicoterapia-che-cos-e-e-come-funziona.html

>>> Lui però ha sorvolato,dicendo che dovrei soffermarmi non sul sintomo fisico (tensioni) ma sulla causa psichica (problemi relazionali): solo agendo sulla seconda si risolve il primo,non viceversa.
>>>

Questo fa parte del set di convinzioni che sorreggono alcuni indirizzi terapeutici, ma non è vero in generale. Come leggerà negli articoli che le ho suggerito, esistono indirizzi dove prima si fa, e poi si capisce.

Tuttavia, se lei ha problemi relazionali, è lecito supporre che risolti quelli si risolveranno anche altre aree problematiche del suo vissuto, perché le relazioni sono un'area importantissima della nostra vita.

>>> A mio avviso egli non ritiene così utile la strada del rilassamento fisico anche perché a scatenare l’inizio delle tensioni psicosomatiche,4 anni fa, è stato proprio il fatto che per qualche mese abbia praticato la meditazione trascendentale
>>>

Le tecniche di rilassamento possono essere controindicate per chi abbia una tendenza al pensiero ossessivo: entrare dentro se stessi per ripetere pensieri o formule potrebbe esacerbare ancor più la tendenza. Se il suo problema è iniziato per l'appunto facendo MT, il training autogeno potrebbe non essere la scelta migliore, per lei.

>>> secondo voi se riassumessi in un breve file Word le mie riflessioni per comunicarle al dottore prima del prossimo incontro (previsto a fine mese: mi sembra così lontano!) in modo che siano poi già pronte per essere discusse,sarei scortese o insistente? Voi da dottori che mi consigliereste? Potrei chiedergli la mail, o magari passare al Csm per lasciargli una copia cartacea del documento, oppure è meglio che stia fermo?
>>>

In generale è meglio affidarsi al processo terapeutico. La terapia non funziona in base alla quantità d'informazioni che si possono dare. La base è la relazione con il terapeuta, e dev'essere lui a domandarle ciò di cui ha bisogno, eventualmente, piuttosto che leggere il romanzo della sua vita. Così si risparmia tempo e si va più spediti.

Cordiali saluti
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Utente
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Gentili dottori, vi ringrazio ancora una volta entrambi per la vostra disponibilità e prontezza nelle risposte.
Le vostre indicazioni mi hanno aiutato a capire quanto sia oggi importante per me la psicoterapia, e che debbo impegnarmi nell’impostare con lo specialista un dialogo più aperto e meno “cerimonioso”. Limitando la mia attuale insistenza, aspetterò con fiducia il prossimo appuntamento per parlare direttamente con lui del progetto di terapia in corso e dei dubbi e le idee che avevo sottoposto prima a voi.

Ringrazio poi il Dr. Santonocito per le sue dettagliate osservazioni: le sue parole hanno contribuito a tranquillizzarmi almeno un po’, confermando come le decisioni terapeutiche prese dal mio dottore sembrino entrambe ben fondate, sia in tema di investimento prevalente sull’aspetto relazionale anziché su quello fisico, sia in tema di tecniche respiratorie. Sotto quest’ultimo aspetto riconosco in effetti di aver sempre avuto un atteggiamento ossessivo, nel senso che sono incline a tenere i miei sintomi fisici sempre in primo piano, sotto un continuo esame/giudizio. Evidentemente la pratica della meditazione trascendentale ha accentuato questa mia tendenza: non a caso, ho iniziato ad avvertire sensazioni spiacevoli addirittura fin dal secondo giorno di pratica della tecnica stessa! Anziché rilassarmi, mi trovavo sempre più teso senza capirne la ragione, fino a che dopo qualche mese emersero gli altri sintomi psicosomatici.

Oggi sono dunque deciso ad affidarmi nelle mani del terapista, sperando di riuscire a percorrere il cammino che mi ha indicato e sperando soprattutto che si rivelerà quello giusto per migliorare finalmente la mia condizione e la mia vita.
Grazie ancora di tutto!