Un grande disagio

Buonasera,
vi scrivo perchè sono anni che ho questo problema e continuo a rimandare sperando che si risolva da solo.
Ho perso mio padre all'età di 11 anni, ritengo di essere riuscita a elaborare il lutto. Chiaramente se ripenso al passato a volte mi prende un po' di malinconia, ma comunque mi sono abituata all'assenza di una figura paterna nella mia vita (mia mamma non ha mai legarsi ad un altro uomo, nè ha lasciato entrare nella nostra vita famigliare un nonno o uno zio che in qualche modo "supplissero" a questa mancanza). Mi rendo conto che certamente appena subita la perdita non avrei mai accettato un sostituto di nessun tipo, ma probabilmente, soprattutto nell'età dell'adolescenza una presenza maschile mi avrebbe dato una certa dose di sicurezza che una figura femminile, per quanto forte e tenace sia mia madre, non è in grado di infondere!
Il problema fondamentale è che, essendo già di mio una persona introversa e riservata, faccio fatica ad aprirmi e a parlare con i miei amici della mia situazione famigliare. Non riesco a parlare della morte di mio padre. Anche col mio ex ragazzo, con cui sono stata per due anni e mezzo: è stato praticamente lui a dover "intuire" tutto perchè io avevo proprio un blocco appena si toccava l'argomento "papà". Anche al liceo ricordo che è stata mia mamma a dover dire ai professori a colloquio della morte di mio padre e che i miei compagni di classe l'hanno saputo perciò per via indiretta. Da parte mia c'è , credo, una paura che chi venga a sapere di questa cosa possa in un certo senso "compatirmi", paura che io possa far pena a qualcuno! e poi mi blocca l'inevitabile imbarazzo che si viene a creare nel momento in cui si comunica un fatto così spiacevole a una persona che magari mi conosce solo superficialmente. Ad esempio se con i miei compagni di corso salta fuori l'argomento "che lavoro fa tuo padre" provo un grande disagio e faccio di tutto per allontanarmi dalla conversazione. Non credo di aver un problema con la rielaborazone del lutto in sè, quanto nel far sapere agli altri della mia situazione (nella mia famiglia parlo tranquillamente di mio padre e devo dire che ora riesco a pensare a lui con assoluta serenità!). Quello che mi preoccupa è che per via di questo ostacolo nel parlare di mio padre non riesco più di tanto ad approfondire le amicizie e spesso mi chiudo in un guscio per evitare domande troppo personali, allontanando da me anche chi prova inizialmente un interesse (sono una ragazza carina e attiro molto l'attenzione dei ragazzi nonostante io sia abbastanza timida e per niente un tipo aggressivo). Sono comunque una persona decisa e determinata e quando mi pongo un obiettivo è difficile che "getti la spugna" e non lo raggiunga,pertanto vorrei capire come risolvere questo problema,questa mia paura di risultare "vulnerabile" agli occhi degli altri! Sono una persona che in generale non si fa condizionare dall'opinione altrui,ma in questo particolare frangente evidentemente sì,e non mi sento libera.
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile ragazza, probabilmente il lutto per la perdita del papà non è stato davvero elaborato.
Chiaramente sa bene che rassicurazioni molto razionali non servirebbero a nulla.
Ciò che potrebbe esserle molto utile è una consultazione con uno specialista (breve e circoscritta al problema relazionale/papà).
Sarebbe interessante capire che cosa Le succede quando deve "scappare via" da una conversazione in cui si tocca il tema papà/lavoro del papà.

Saluti,

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

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dopo
Utente
Utente
Grazie mille per la risposta,
il problema non è parlare dell'evento in sè, quanto "rompere il ghiaccio", infatti una volta che questo succede e vedo che dall'altra parte c'è una persona abbastanza matura dal capire la situazione ne parlo liberamente. Il problema è proprio l'iniziare l'argomento e il far venire a conoscenza della mia situazione. Quello che mi frena è la possibile reazione dell'altro, l'iniziale profusione in mille scuse per aver toccato l'argomento, il dire "non so come hai fatto ad affrontare il tutto" oppure "non posso credere che ti sia successa una cosa del genere"... tutte frasi che mi fanno sentire un "caso umano" e sinceramente mi mettono a disagio, perchè non voglio essere compatita!Una volta rotto il ghiaccio e visto che il mio confidente non mi considera appunto un "caso umano" ne parlo liberamente e anche approfonditamente, anzi si può dire che ci tengo a raccontare questa parte della mia vita e a renderne partecipi le persone cui tengo.
Prenderò in considerazione il Suo consiglio di rivolgermi a uno specialista!
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Psicologo, Psicoterapeuta attivo dal 2010 al 2016
Psicologo, Psicoterapeuta
Gentile utente, due precisazioni:

- essendo un argomento per lei importante, può scegliere liberamente di parlarne o non parlarne, valutando se la situazione e l'interlocutore lo consentano. Non tutti sono "confidenti ideali" per tutti!

- "essere compatita" può essere fastidioso, ma non tremendo. Provare a sfuggire il disagio la mette nella posizione "preventiva" di evitare l'argomento con chiunque, per paura di sperimentare il fastidio di "essere compatita". Se ci pensa, è un pò come dire: "non provo, perchè potrebbe infastidirmi". E questo non è "scegliere".

Mi associo infine all'indicazione della Dott.ssa Pileci: a volte, certe paure connesse al nostro modo di "rappresentarci" alcuni eventi (come il confrontarsi su argomenti sensibili) si superano solo provando, nella realtà, cosa accade (che, di solito, è molto meno peggio di quello che temevamo!).

Cordialmente
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dopo
Utente
Utente
Grazie per la risposta Dr. Calì,
in effetti devo dire che evitare accuratamente ogni situazione che mi possa portare a parlare di mio padre mi fa spesso assumere comportamenti distaccati e innaturali e in questo modo allontano da me anche le persone cui tengo... perciò mi rendo conto che il disagio che mi provoca questo "blocco" è probabilmente maggiore del disagio che potrei provare se venissi compatita!
Probabilmente una volta raccontata la mia situazione una , due, tre volte e dopo aver constatato che non è stato così terribile questo blocco non ci sarà più... il problema è quello di trovare il coraggio di aprirmi un pochino e di uscire da questo guscio che nei primi anni dopo la morte di mio padre mi ha fatta sentire protetta e mi ha fatto concentrare su me stessa...ma adesso mi sta in un certo senso soffocando!
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Psicologo, Psicoterapeuta attivo dal 2010 al 2016
Psicologo, Psicoterapeuta
Bravissima! Ha colto esattamente il senso della mia risposta, ed è andata decisamente oltre!

Quando un compito ci sembra molto difficile, può essere utile "spezzettarlo" in compitini più piccoli ed abbordabili.

Per esempio, il compito "raccontare aspetti della mia vita verso cui provo emozioni che temo" può essere spezzettato in sotto-obiettivi. Passare a quello successivo è possibile solo quando si sia svolto adeguatamente il "compito" precedente:

- scegliere una persona cui raccontarli (ad esempio, un/una terapeuta)

- contattarlo/a telefonicamente

- fissare un incontro preliminare

- valutare se ha risposto alle nostre esigenze; se sì, andare avanti, se no, tornare indietro e ripetere

- ... (potrà continuare da sola)

I gusci non proteggono, limitano solo la possibilità di espandersi in modo vitale.

Buon lavoro e, se lo desidererà, ci aggiorni pure