Problemi relazionali

G.li Dottori di Medicitalia, ho scritto più volte qui, sempre per lo stesso problema. Mi sento molto abbattuta perchè non riesco nè a lasciare quello che è stato il mio ragazzo per due anni nè continuare a starci insieme. E' una situazione insostenibile che mi sta infossando nella depressione. Da quando sono stata insieme a lui ho sempre avuto la sensazione che mi dovesse dare o dimostrare qualcosa; desideravo un amore pieno, una relazione di condivisione che mi riempisse di gioia e invece (probabilmente proprio in questo spasmodico desiderio d'amore) mi sono svuotata . All'interno della relazione mi sono sempre sentita in trappola, spesso ero malinconica, frustrata, arrabbiata, spesso sentivo di fronte a me una minaccia da cui difendermi invece che un partner da accogliere; questo anche all'inizio, tanto che non ricordo una fase di innamoramento. Alla fine c è stato un tradimento da parte mia (un bacio), con una persona con cui per altro non c'era palesemente possibilità di relazione. E' stato un tentativo mal riuscito di fuga. Ora ci siamo ricominciati a vedere, ma è una situazione al limite del paradossale; ogni volta che lo vedo mi viene l'ansia, esco con i migliori propositi e finisco sempre per piangere. Ho tanto bisogno anche di una serena vita sessuale - il mio primo rapporto (come immaginarete non soddisfacente, nè fisicamente, ma soprattutto psicologicamente, così come i seguenti)l'ho avuto con lui - e invece ora ogni volta che siamo in intimità a me viene da piangere (quasi fossi costretta). Non riesco più a stabilire nè le ragioni per cui voglio stare con lui, nè quelle per lasciarlo. Tanto più che comincio a pensare che la dipendenza sia reciproca:io lo sento ostile nei miei confronti,mi risponde male,mi fa spesso sentire come se fossi uno dei suoi mille impegni in cui finisco proprio alla fine,non si è mai interessato a ciò che amo,sembra che gli importi solo che io stia lì, ferma,buona,zitta. Lui però dice di essere tranquillo,che i problemi me li faccio io,che lui ormai non sa + che fare con me è apatico.. E io non so che pensare, mi fa stare male continuare a colpevolizzarmi.Ho una confusione a livello emotivo che non sopporto +;ho sempre avuto queto atteggiamento:appena un ragazzo vuole stare con me a me viene l'ansia;al contrario se so che non vuole mi avvicino.con altri2ragazzi è capitato:li ho notati,trovati carini,mi piacevano;appena hanno fatto capire di voler far sul serio mi è venuta l'ansia;ho passato il tempo assieme a litigare;quando mi lasciavano desideravo stare con loro. Di tutta questa ansia e confusione sono stufa.Sto andando da una psicologa,sto praticando sport,sto cercando di dedicarmi all'università;non ho sentito il suddetto ragazzo x due settimane - tenendomi però occupata - e ,x quanto abbia avuto incubi ogni notte,son stata1pochino meglio.Però non posso "evitare"il problema all'infinito perchè mi mette ansia. Cosa posso fare?Perchè provo queste cose?Perchè mi sento così?Perchè non so relazionarmi?
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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicologo, Psicoterapeuta 4.9k 86 75
Gent.le ragazza,
ha detto di essere seguita da una psicologa, può darci qualche informazione in più a riguardo ? Si tratta di psicoterapia o colloqui di sostegno psicologico, con quale frequenza, in ambito pubblico o privato?
Inoltre i colloqui la stanno aiutando a fare chiarezza sula sua ambivalenza (mi sento attratta/vado in ansia) emotiva?

Dr.ssa SABRINA CAMPLONE
Psicologa-Psicoterapeuta Individuale e di Coppia a Pescara
www.psicologaapescara.it

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dopo
Attivo dal 2011 al 2011
Ex utente
E' un ciclo di 8 sedute con uno psicologo clinico tramite servizio pubblico. A dir la verità è già dal periodo adolescenziale che ho problemi di ansia, depressione, e si sono accentuati con l'inizio dell'università. Dopo l'episodio del tradimento c'è stata da parte mia una confessione, un perdono da parte di lui(immediato,senza dar l'impressione di esserci rimasto male) che mi ha innescato un senso di colpa e un'ansia incontrollata; l'ho lasciato e lì si è innescata una crisi psicologica/depressiva in cui piangevo ogni giorno e non uscivo più di casa.Ho deciso che non volevo più rivedere il suddetto ragazzo finchè non avrei avuto uns opporto specialistico per fare chiarezza su ciò che mi stava succedendo, ma è tardato ad arrivare. Mi è stata proposta una psicoterapia di gruppo dal servizio pubblico,ne ho chiesta una individuale e mi è stato offerto questo, incontri con una psicologa clinica. Intanto ho preso degli antidepressivi SSRI, ma dopo un mese li ho interrotti di mia volontà perchè non ne sentivo giovamento;mi sembrava mi stringessero il pianto nel petto,per quanto riuscissi a stare più su il mio problema rimaneva irrisolto e appena non prendevo la pastiglia un giorno la sera ero nel letto a piangere. Come detto ora sto meglio, sto cercando di rimettermi in forma, di fare ordine almeno nel "resto" della mia vita,dedicandomi allo sport, allo studio, alle uscite,ai film.. però sento dei nodi irrisolti attorno. soprattutto vorrei sconfiggere ansia e depressione, trovare canali di espressione per ritrovare un po' di autostima, felicità, serenità, sapere come relazionarmi e non temere sempre il rifiuto o l'abbandono o il fallimento.. queste paure sono un'ombra che sta inghiottendo la mia vita.
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dopo
Attivo dal 2011 al 2011
Ex utente
ah e riguardo l'ultima domanda, i colloqui mi sembrano più un supporto di sfogo,che non una terapia (ho tante amiche a cui parlare, però l'unica cosa di meglio che forse ha la psicologa è che è una sconosciuta lì apposta per ascoltarti per cui si attenua un po' l'ansia del giudizio e di compromettere/appesantire il rapporto di amicizia con le proprie lamentele/problemi. Almeno non assillo le amiche che ho). Sto aspettando di laurearmi così magari con un lavoro potrò pagarmi una psicoterapia privatamente. Non sono molto fiduciosa della psicoterapia analitica, forse quelle cognitivo-comportamentali potrebbero giovarmi. Vorrei una terapia più attiva, in cui il fare mi faccia sentire e vedere cambiamenti positivi. Vorrei in un certo senso che mi venisse detto cosa fare, ma non perchè voglio che mi si dica che scelte prendere, ma come imparare a prenderle, come affrontare le mie paure e così via. Evidentemente da sola non lo so fare, se no non sarei qui
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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicologo, Psicoterapeuta 4.9k 86 75
Gent.le ragazza,
come ha già compreso la psicoterapia per essere efficace deve rivelarsi un processo di empowerment, cioè di recupero del potere personale che inevitabilmente richiede un atteggiamento partecipe da parte sua,in questo senso però non scarterei la psicoterapia di gruppo, potrebbe essere un'opportunità per ridimensionare il condizionamento derivante dal giudizio degli altri oltre che attivare un processo di crescita personale.
Per quanto riguarda la scelta dell'orientamento terapeutico, l'autodiagnosi solitamente è fuorviante ed è bene che venga fatta da uno psicologo-psicoterapeuta, pertanto lo scelga ponendosi questa semplice domanda:
mi sono sentita accettata e compresa senza essere giudicata?
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dopo
Attivo dal 2011 al 2011
Ex utente
Questo è un mio grosso problema. Nel senso che ame van bene tutti e nessuno. Ho sempre la sensazione che questa condizione non cambierà mai, per cui non sento la sensazione che nemmeno lo psicologo potrà fare qualcosa, per cui quando sono lì ho l'ansia (e spesso abbandono tentativi di cura). Non so come trovare una persona di cui fidarmi. Per altro non ho grandi capacità economiche e non posso vedere così tanti psicologici, In più non riesco a dire "questa persona mi piace o questa no"... mi sento sfiduciata verso tutte e al contempo non penso di potermi permettere di dire no a nessuno visto che dico "che voglio tanto essere aiutata". Penso di essere un po' depressa (o depressa proprio), nonostante tutto ciò che faccio per cercare di "tirarmi su di morale". Oggi sono andata in bicicletta un paio d'ore, ma sono bastate tre ore in casa per farmi rideprimere. E' una sensazione di vuoto e dolore insopportabile.
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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicologo, Psicoterapeuta 4.9k 86 75
Gent.le ragazza,
lei è convinta che la situazione non cambierà perché è depressa ma solo se è disposta a mettere in discussione tale convinzione, potrà creare le condizioni favorevoli ad un processo di cambiamento nel modo di affrontare il suo disagio, ovvero più che un "nemico da combattere" un'opportunità per far emergere i suoi bisogni e decidere di mettersi in gioco per soddisfarli.
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