Due terapeuti
vi scrivo con la speranza di poter risolvere una questione che mi stà mantenedo in una situazione di impasse. Dall'inizio di quest'anno stò facendo delle sedute settimanali con uno psicologo ad indirizzo psicanalitico e da allora non riesco ASSOLUTAMENTE ad aprirmi su alcuni temi per me importantissimi. Qliel'ho anche detto e mi ha risposto che questo certo non favorisce il lavoro che stiamo facendo, che lo rallenta, ma che si può comunque proseguire. Il tempo però passa e io vedo che su certe questioni (che non sono una o due) continuo ad essere di una chiusura assoluta. Ritengo siano cose di un'importanza tale da non poter essere ascluse dalla seduta pena l'inefficacia del trattamento. Tuttavia mi dispiacerebbe da morire cambiare terapeuta, perchè la fiducia c'è, il feeling anche, e sugli argomenti trattati qualcosa si è mosso. Mi rendo però conto che di questo passo il rischio di non ottenere i risultati sperati è forse scontato. La domada che vi pongo allora è: potrebbe essere una soluzione mantenere questo rapporto e provare ad instaurarne un altro con altro terapeuta per approfondire solo quelle questioni che mi bloccano? Chiaramente in questo caso preferirei non informare gli interessati della scelta fatta o per lo meno non i nomi.
Chiederei di considerare il problema mettendovi nei miei panni.
Grazie.
Dott.ssa Giselle Ferretti Psicologa Psicoterapeuta
www.giselleferretti.it
https://www.facebook.com/giselleferrettipsicologa?ref=hl
Se lo conceda, cosa potrebbe succedere nel setting terapeutico?
Gentile signora,
il "non giudicante" deve attenere alla figura dello psicologo indipendentemente dall'orientamento psicoterapeutico. E' alla base del lavoro psicologico.
Resta da chiedersi se effettivamente il terapeuta a cui si è rivolta è un pò troppo giudicante, oppure se è lei che si sente giudicata e cerca l'approvazione in modo eccessivo.
Da qui non possiamo saperlo. Se il problema fosse il suo, che tiene troppo al giudizio altrui, non è cambiando terapeuta, o addirittura rivolgersi a due contemporaneamente, che risolverà la sua questione, anzi.
Un cordiale saluto,
comprendo le sue difficoltà, non è sempre semplice capire se il percorso intrapreso sia quello giusto, o meglio, quello più adatto.
Vedo una certa incongruenza rispetto ciò che ci scrive: l'aver instaurato una buona fiducia con il collega, ma sentirsi giudicata allo stesso tempo.
Bisognerebbe capire se la paura di essere giudicata riflette delle sue dinamiche o se obiettivamente il suo terapeuta metta in atto delle forme di giudizio.
L'essere esenti dal giudizio dovrebbe essere la linea guida per noi psicologi. Lei dovrebbe sentirsi protetta nel setting terapeutico, ciò le permetterebbe di affrontare i temi più delicati e di affidarsi completamente.
Provi a comprendere se quella del giudizio è una paura che risiede più in lei, rispetto che una caratteristica del collega. Solo così potrà chiarire a se stessa i suoi dubbi e decidere se continuare questo tipo di percorso.
Aldilà della tipologia di trattamento scelta, fiducia e sospensione del giudizio sono componenti essenziali per la buona riuscita di una psicoterapia.
La saluto cordialmente,
Dott.ssa Serena Rizzo,
www.psicologiabenevento.it
www.psicoterapiacognitivacampania.it
Dr.ssa serena rizzo
L'orientamento psicoanalitico, che mi sembra essere quello del suo attuale terapeuta, lo si sceglie non solo in funzione del sintomo dal quale, eventualmente ci si vuole liberare, ma anche per avere una migliore comprensione circa il proprio modo di "funzionare" dal punto di vista psicologico ed affettivo.
L'orientamento cognitivo-comportamentale, in genere lo si sceglie per modificare il proprio modo di "funzionare" (e dunque liberarsi anche dei sintomi") senza necessariamente passare per una comprensione (analitica appunto) del proprio mondo interiore. Dunque è una questione di scelte che spettano a lei ed al tipo di risultato che si attende di ottenere (cosa vuole ottenere ma anche come vuole ottenerlo).
Il fatto che lei ancora non senta la "libertà" di dire tutto ciò che vorrebbe può essere effettivamente, come dice il suo terapeuta, un fattore limitante in un trattamento analitico, anche se comunque i tempi di ognuno possono essere molto diversi ed il terapeuta è normalmente rispettoso, come mi sembra nel suo caso, di queste esigenze.
Restando in un'ottica psicoanalitica, potrebbe comunicare al suo terapeuta la fantasia di avere due terapeuti, anche quella che uno abbia un orientamento diverso dall'altro, poichè potrebbe trarne delle interessanti informazioni circa il suo funzionamento inconscio, con notevole giovamento per il suo percorso.
Dr. Alessandro Raggi
psicoterapeuta psicoanalista
www.psicheanima.it
Il terapeuta con cui sta effettuando il percorso, e' un uomo, lei crede che se si trattasse di un adonna si sentirebbe piu' a suo agio?
Il clima che lei percepisce non giudicante, riguarda soltanto alcune argomentazioni o non si sente proprio a suo agio sempre e comunque ?
Se il clima e' giudicante, dovrebbe esserlo sempre, argomentazioni a parte, se invece riguarda alcune argomentazioni per lei " spinose" , potrebbe far parte di una sua resistenza , o meglio difficolta' , nell' affrontare tali temi, a prescindere dall' orientamento del terapeuta.
Ha parlato con il suo analista del suo disagio?
Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it
Forse il problema è che mi si ingarbuglierebbero i pensieri tra una seduta e l'altra? Forse si potrebbe sopendere e poi riprendere?
ps. a pensarci bene all'inizio il problema mi limitava in modo più modesto, poi si è sviluppato durante il percorso, ma ora è diventato ingombrante. Infatti ho sentito il bisogno di scrivervi.
Grazie per la sua domanda mi da modo di precisare.
Uno dei motivi principali per cui non si possono sostenere due psicoterapie, nemmeno per il motivo che lei pone come esempio è che la psicoterapia non "funziona" come le medicine e la psiche non "funziona" come un organo fisico/corporeo.
Dunque seppur si possono prendere medicine diverse, magari una per motivi acuti e una per problemi cronici, non è altrettanto per la psicoterapia.
Ciò che rende una psicoterapia efficace infatti non è tanto l'orientamento in se, quanto il tipo di legame che si instaura con il terapeuta. E' la relazione il nodo del cambiamento non la tecnica in se per se, altrimenti basterebbe leggere un istruzione e non avremmo bisogno di vederci di persona.
Le ripeto, parli di queste sue fantasie con il suo terapeuta e vedrà che potrebbero aprirsi orizzonti di esplorazione molto utili per lei.
Stia bene.
Gentile utente, oltre a quello già indicatole, la confusione sarebbe un'altro effetto indesiderato. soprattutto se i terapeuti sono di orientamento differente. Provi ad immaginare in un consulto medico due specialisti che le indicano due strade diverse per risolvere il porblema, La conseguenza sarebbe quella di congelarsi a comprendere quale delle due sia la migliore. DA tale difficoltà emergerebbe la necessità di una terza lettura e così via. Pena la cronicizzaizone del problema.
ecco perchè due terapeuti, contemporaneamente, non farebbero bene.
saluti
Dr. Armando De Vincentiis
Psicologo-Psicoterapeuta
www.psicoterapiataranto.it
https://www.facebook.com/groups/316311005059257/?ref=bookmarks
credo che non sia una buona idea avere due terapeuti con cui trattare differentemente i suoi problemi. Se ha fiducia in questa persona come dice, riparli di questa situazione ancora. Spesso è necessario solo del tempo per esprimere anche le questioni di cui si può avere qualche resistenza in piu'. Non è detto che subito, anche se ci si fida del terapeuta. Bisogna sentirsi pronti comunque. Se sta traendo dei risultati, vuol dire che il lavoro che state facendo è utile per lei. Non tutte le problematiche che si trattano in un lavoro terapeutici hanno la stessa tempistica.
Dott.ssa Roberta De Bellis
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
Dottor Santonocito, la decisione iniziale è stata spinta da un disorientamento generale, nella quotidianità, nella prospettive future.
>>>
Ha perfettamente ragione. In effetti la relazione terapeutica è una condizione necessaria, a volte sufficiente ma spesso no, affinché il problema o la difficoltà psicologica portata possa arrivare a soluzione. Ciò è più vero per alcune tipologie di disturbo e meno per altre, ma di base è chiaro che la specificità del terapeuta deve costituire un valore aggiunto.
L'orientamento da solo però non basta a definire le possibilità di successo di una terapia, perché anche all'interno di uno stesso orientamento psicoterapeutico possono esserci terapeuti più o meno competenti, come in qualsiasi altra categoria professionale.
Per farle un esempio preso a prestito dalla chirurgia: per una data tipologia d'intervento sarà possibile utilizzare tecniche diverse, ma a parità di tecnica ci saranno chirurghi più o meno competenti nell'eseguirla.
Legga questi articoli per informarsi:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/233-la-psicoterapia-che-cos-e-e-come-funziona.html
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/2336-scegliere-lo-psicologo.html
Una delle differenze fra orientamenti è che in alcuni si cerca di ottenere nelle fasi iniziali una definizione il più possibile precisa del problema che porta la persona in terapia. È chiaro che:
>>> disorientamento generale, nella quotidianità, nella prospettive future
>>>
è una definizione alquanto vaga. Secondo alcuni approcci definire bene un problema è il primo passo per risolverlo, secondo altri è più opportuno fare un lavoro di scoperta senza darsi obiettivi definiti nell'immediato.
Si tratta anche di una questione di gusti: alcune persone si trovano bene a lavorare in un certo modo, altre con altri.
<<se tutto(o quasi) si riduce al legame tra i due, perchè non affidarsi allora ad un buon prete, o a un maestro di vita?>>
- perchè nella relazione, per renderla terapeutica, devono essere poi calate le specifiche della psicoterapia, di qualunque orientamento si tratti.
Infatti, può avere splendide relazioni non terapeutiche con amici, preti e maestri di vita, ma non potrebbe avere una terapia con uno psicoterapeuta senza una relazione con quest' ultimo.
La saluto con molta cordialità.
Dottor Santonocito, mi permetto di riportare questa Sua frase:
"Secondo alcuni approcci definire bene un problema è il primo passo per risolverlo, secondo altri è più opportuno fare un lavoro di scoperta senza darsi obiettivi definiti nell'immediato."
Questo concetto mi solleva qualche perplessità sul lavoro che stò facendo. Il lavoro di "scoperta" mi pare possa mettermi davanti a delle realtà che richiedono risorse superiori a quelle che ho. Questo puo causare una moltitudine di sensazioni negative come inadeguatezza, frustrazione, sfiducia, ansia, scoramento o addiruttura angoscia.
Mi stò preoccupando eccessivamente?
>>> Mi stò preoccupando eccessivamente?
>>>
Questo ne è un esempio perfetto: il fatto stesso che se lo chieda indica che probabilmente è preoccupato. E più se lo chiede, indipendentemente dalle risposte che riceve, più la preoccupazione può aumentare.
La sua domanda si ritrova spesso fra le persione con tendenze ansioso-ossessive, che possono essere portate a un "disorientamento generale, nella quotidianità, nella prospettive future". Sono le classiche "domande esistenziali".
In ogni caso il lavoro psicodinamico è un "guardarsi dentro" che implica poco il ragionamento logico formale, come starà probabilmente sperimentando, e dunque esclude la possibilità che lei si trovi a rimuginare - a causa - del percorso o che questo aggravi una sua ipotetica tendenza in tal senso. E' invece certamente possibile che lei tenda a rimuginare, ad essere indecisa, a prescindere dal trattamento che ha in corso.
I sentimenti che lei descrive sono sentimenti che possono essere presenti in un percorso di psicoterapia e compito dell'analista, in un percorso psicodinamico, è anche quello di darle la possibilità di esprimerli, e di comprenderne il senso. Comunque ne parli con il suo terapeuta, perchè nell'ottica della terapia che sta seguendo, queste sono delle evidenti resistenze, e dietro le resistenze si possono individuare motivazioni profonde che potrebbero portarla a conoscersi meglio e dunque a sentirsi più libera. Se avrà ovviamente anche lei la voglia e la motivazione di andare avanti. Cari saluti.
👍🏻La Dr.ssa Ferretti concorda con la risposta.
Grazie per l'interessamento.
Sara
Le sue perplessità mi sembrano fondate se è come lei afferma.
Potrebbe essere infatti non usuale iniziare un percorso psicoanalitico senza che vi siano stati dei colloqui iniziali sull'opportunità o meno (inclusi approfondimenti motivazionali) di intraprenderlo.
Diverso sarebbe qualora il suo terapeuta le abbia suggerito una psicoterapia dinamicamente orientata (cioè su basi psicoanalitiche) senza però che si inizi una vera e propria analisi personale.
Si tratta di differenze sostanziali che di solito vengono comunque esplicitate e chiarite all'inizio del percorso.
Provi comunque a chiedere al suo terapeuta qualche delucidazione in merito.
La buona volontà infine è uno degli ingredienti, ma da sola non basta, come lei ha giustamente compreso, per la motivazione ad un percorso analitico. Quest'ultima va rintracciata nei colloqui che si sostengono prima di iniziare il percorso, almeno così dovrebbe essere usuale.
Grazie per il supporto.
Cordiali saluti.
Sara
Le faccio i migliori auguri, qualunque sia la sua decisione
Dr. Gianna Porri
Psicoanalista
Psicoterapia Breve Focale
Medicina Psicosomatica
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