Crisi esistenziale

Gentili dottori,
sono un ragazzo di 23 anni e mi trovo in una situazione per me difficile e complicata, che non mi consente di essere sereno.
Credo di essere un tipo abbastanza sveglio, di quelli che riescono più o meno in tutto ma non si sentono di avere interessi specifici. Dopo il liceo scientifico non sapevo quale facoltà universitaria intraprendere, così ho scelto di frequentare economia, mosso forse da il sogno di poter un giorno essere un bancario (la professione di mia madre) e da una presunta spendibilità del titolo; mi sono laureato in 3 anni esatti, con una votazione di 110 e lode. Al termine della laurea triennale ho scelto di iscrivermi alla specialistica ed oggi, iscritto al secondo anno, in pari con gli esami e con una votazione media quasi massima, ho seriamente paura di non aver fatto la scelta giusta sin dal principio.
Premetto che non ho mai realmente lavorato, sono un ragazzo riservato ma con qualche amico, con un forte attaccamento alla famiglia ed una stupenda relazione sentimentale che dura ormai da più di 6 anni.
La mia sensazione è scaturita in seguito ad un evento preciso: una importante società di servizi internazionale in ottobre mi ha selezionato per uno stage (curricolare al mio corso di laurea), dal quale però sono scappato dopo solo una settimana di corso di formazione. In quei giorni mi sentivo male, in mezzo a persone con esperienze di vita all'estero e rampanti, mentre io coltivo invece il sogno di un lavoro sul territorio, che mi consenta di vivermi la famiglia che mi vorrò creare.
Da quel momento sono entrato in crisi: sento costantemente il bisogno di parlare del mio problema con la mia famiglia (che, stando male io, sta male di conseguenza), mi è diminuito l'appetito, ho attacchi d'ansia, non seguo più i miei hobby e fatico ad avere rapporti sessuali in quanto non ho la mente libera, bensì sono costantemente preoccupato per il mio futuro. In poche parole, non sono più io.
I miei genitori e la mia ragazza mi sono vicini, ma faticano a comprendere il problema, attribuendolo forse a scarsa maturità e paura dell'ignoto. La mia paura è quella di non aver scelto con il cuore la facoltà di laurea, e di trovarmi in ambienti che forse poco hanno a che fare con me; non voglio essere un frustato a vita, non voglio vivere il lavoro con la paura di dovermi allontanare dalla mia famiglia/ragazza.
So che la scelta della facoltà universitaria è una scelta complessa e delicata, so che tanti ragazzi si sono trovati in situazioni simili e non è mai troppo tardi per ricominciare (questa volta responsabilizzandomi e pagandomi io stesso eventuali ulteriori studi), ma ho 23 anni, e soprattutto (come all'uscita dal liceo) nessun vero interesse specifico. Scelgo una facoltà sulla base della professione futura e della sua vicinanza al territorio? Ho paura di sbagliare di nuovo.
Sono consapevole che il problema esternamente non sia di facile comprensione, vi prego di darmi un consiglio, sento di essere "in gabbia".
Vi ringrazio.
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Dr. Francesco Mori Psicologo, Psicoterapeuta 1.2k 33 31
Gentile utente,
qualsiasi facoltà lei scelga può aprire percorsi professionali che non siano radicati nel territorio di appartenenza.
E questo, temo per lei, sarà sempre più accentuato.
Viviamo in un'epoca globalizzata in cui le esperienze altrove, oltre che essere potentemente formative dal mio punto di vista, sono spesso auspicate dal datore di lavoro.
Il fatto però credo sia un altro.
Credo che dovrebbe lavorare sulla paura che prova, piuttosto che escogitare strategie per evitarla.
Lei è giovane e come molti di noi (anche gli psicologi si spostano...) può far esperienza altrove per riavvicinarsi con il tempo.
Il fatto è che lei ha paura di uscire dal guscio, dall'involucro protettivo costituito da famiglia/compagna.
Ci rifletta.
Non è solo paura dell'ignoto ma anche sensazione di non potercela fare senza un appoggio.
Da come lo descrive, il suo problema non ha a che fare con la scelta universitaria.

Restiamo in ascolto

Dr. Francesco Mori
Psicologo, Psicodiagnosta, Psicoterapeuta
http://spazioinascolto.altervista.org/

[#2]
dopo
Utente
Utente
Gentile dottore, la ringrazio per la risposta.
Riconosco che un mio problema sia la paura dell'allontanamento, ma colgo l'occasione per esporle una mia riflessione in merito. Io credo che non tutte le persone abbiano gli stessi desideri, vi sono persone che per esempio desiderano fare un'esperienza all'estero, lontani dai propri affetti (sicuramente si tratta di un'esperienza altamente formativa), ma vi sono persone che invece non nutrono questo desiderio, come me (che invece, insieme alla mia compagna, iniziamo a sognare una convivenza). Il fatto è che temo che la mia facoltà di laurea (che vede anche la concorrenza di rinomate università) mi possa facilmente mettere a confronto con il problema (almeno dal mio punto di vista) della richiesta di esperienze all'estero/mobilità. Essendo che la mia scelta universitaria non è stata dettata da passione (che potrebbe essere una spinta ad affrontare la situazione), ma da un criterio razionale (sostanzialmente per sottrazione), mi interrogo quindi se non ho attentamente valutato questo fatto nel momento in cui l'ho intrapresa.
Sono consapevole che il lavoro non possa essere sotto casa e che una mobilità possa essere comunque richiesta (personalmente sono spaventato da quella internazionale), ma il fatto che vi siano professioni dove possa essere meno richiesta mi fa pensare, mi chiedo se posso avere anche altri interessi più conciliabili con la mia scarsa propensione alla mobilità, senza però ottenere una vera risposta.
E' anche vero che attualmente non ho un lavoro, e che non è detto che in futuro possa presentarsi il problema, ma ciò mi crea ugualmente agitazione, tanto che ultimamente ho accantonato lo studio, che a dire il vero, specialmente nella specialistica, non mi appassiona.
Come posso lavorare su me stesso per superare il mio problema? Pensavo di cercare qualche lavoro temporaneo nella speranza di chiarirmi le idee.
Grazie