Come far capire?

Mia madre e mio padre non sono persone semplici, hanno entrambi caratteri piuttosto spigolosi. Io non sono da meno, purtroppo. Ho da sempre la sensazione che qualsiasi cosa, per noi, diventi un dramma. Tutto assume sempre proporzioni esagerate, non dico sempre tragiche ma quasi sempre più grandi di ciò che le singole situazioni meriterebbero. Disdire o meno un appuntamento dal dentista diventa un'autentica questione di principio. Usano spesso i termini "sempre" e "mai" per descrivere i miei atteggiamenti, anche quando non sarebbero adeguati, perché magari non è vero che dimentico "sempre" qualcosa, ma è vero che tendo ad essere distratta e a volte mi capita di scordare qualcosa. Ci infervoriamo ed esageriamo insomma, non so come meglio descriverci. Ora sono adulta, sposata e mamma anch'io, ma queste dinamiche della mia famiglia di origine mi frastornano ancora parecchio, più di quanto vorrei. Leggo spesso il consiglio ai figli adulti di distaccarsi intellettivamente dai genitori, ovvero di non lasciarsi così tanto influenzare dai loro punti di vista, in quanto atteggiamento adatto ai bambini ed ai ragazzi, ma non ai figli ormai grandi. Ci provo, a volte ci riesco, a volte no. Mi pare di essere trascinata in un vortice, me e loro, per cui da una parola si scatena una tempesta. Per carità, il più delle volte senza conseguenze, niente musi lunghi per intenderci né rotture nei nostri rapporti (parlo del presente, perché invece in passato abbiamo vissuto divisi e lontani per molto tempo) ma per conto mio con una sensazione di enorme disagio.
Anche e soprattutto perché sono certa che i miei genitori non descriverebbero le cose in questo modo. Ovvero non penso assolutamente che riescano (o provino) a guardare le cose da un punto di vista esterno, diciamo un filo più distaccato dalla questione del momento, per rendersi quindi conto della esagerazione di base nel nostro rapporto. Per loro ogni fatto specifico merita l'importanza che gli diamo, punto, non si pongono altre domande.
Come posso fare ad allontanarmi da questo vortice?
Recentemente ho provato a spiegare a mamma un mio punto di vista sull'uso delle parole (non parlavamo di noi, eravamo del tutto tranquille). Le dicevo che secondo me se una persona si abitua a descrivere una situazione in un certo modo, ad esempio se una madre si abitua a dire "non mi aiuta mai!" del figlio, pur sapendo all'inizio che sta un pochino esagerando, dopo un certo tempo se continua ad esprimersi in questo modo finirà per non percepire più l'esagerazione nelle proprie parole e si convincerà che veramente le cose stanno così. Penso però che mia madre sia rimasta un po' scettica al riguardo, non mi è sembrata per niente convinta, quindi a maggior ragione mi domando come sarebbe possibile che immaginasse di applicare la cosa su di sé.
Mi rendo conto che non posso assolutamente pensare di cambiarli e non lo vorrei, devo lavorare su di me. Come posso prendere le distanze dai nostri exploit? Come posso rasserenarmi?
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Dr.ssa Valeria Randone Psicologo, Sessuologo 17.4k 317 528
Gentile Utente,
lei vive in famiglia?
viene spesso coinvolta nelle loro discussioni?

Spesso la crescita psicologica di un essere umano, passa dalla ribellione, dall'autonomia psichica e dall'allontanamento dalle figure parentali.

Per allontanamento non si intende il non volergli bene, affatto, ma prendere le giuste distanze per sopravvivere ...

Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it

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dopo
Utente
Utente
Gentilissima Dottoressa Randone,
no non vivo più in famiglia, sono sposata ed ho un bambino, lavoro, sono autonoma dai miei genitori. Ciononostante devo loro moltissimo per l'impegno che si sono presi nel tenermi mio figlio quando lavoro (a metà con i miei suoceri), ed in generale sono presenti nella mia vita, in un modo che fa piacere a tutti, a me, a loro e a mio marito, senza mai esagerare.

Non mi coinvolgono nelle loro discussioni. In passato, da ragazza, capitava che assistessi, ovviamente, ai loro diverbi, sempre più che civili. Da bambina e da giovanissima sono stata spesso additata come la causa stessa delle loro discussioni, con mio grandissimo disagio e dispiacere, ma parlo di vent'anni fa.

Oggi il nostro rapporto è più equilibrato.

Di ribellione ho vissuto per tutta l'adolescenza e giovinezza. Diciamo che i miei genitori sono essi stessi piuttosto ribelli intellettualmente, soprattutto negli anni passati, quindi devo dire che la ribellione in sé per me non è stata un ostacolo e non ci ha particolarmente messo alla prova. Era contemplata, mettiamola così, nel corso che la mia vita poteva/doveva prendere.

Lei parla di "prendere le giuste distanze per sopravvivere". Esattamente ciò che cerco, ma istintivamente si forma in me un pensiero che mi disturba molto e mi rende molto insicura: e se poi loro non riescono a prendere le distanze da me per sopravvivere? E se poi loro continuano a soffrire?
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Dr. Nunzia Spiezio Psicologo 531 20 3
Cara ragazza,
"istintivamente si forma in me un pensiero che mi disturba molto e mi rende molto insicura: e se poi loro non riescono a prendere le distanze da me per sopravvivere? E se poi loro continuano a soffrire? "
il "prendere le distanze" non significa solo fuga logistica ma anche e soprattutto affrancamento dai sottili ricatti affettivi che, più o meno, colpiscono tutti i figli.
Probabilmente qualche colloquio con un collega la potrà aiutare in questo processo.
Ci rifletta.
Le faccio tanti auguri e, se lo ritiene, ci riscriva pure.

Dr.ssa Nunzia Spiezio
Psicologa
Avellino

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Utente
Utente
Dottoressa Spiezio,
molte grazie per la sua risposta, mi fa piacere leggerla.
Devo constatare di essere ancora vittima - mi passi il termine - di questi sottili ricatti ai quali lei allude. Ne sono vittime anche i miei genitori, vittime del processo intendo, perché sono certissima che non è loro intenzione ricattarmi in nessun modo. Se volessero farlo, sarebbero molto più diretti e distruttivi.
Sono sinceramente convinta che loro non riescano, il più delle volte, a prendere le distanze da me. Non penso ci siano mai riusciti da quando sono nata, non penso si siano mai posti il problema in questi termini. Dal loro punto di vista, non erano loro a dover prendere le distanze, ma io a dover corrispondere ad una certa idea di figlia che si erano creati.
Ancora oggi se mia madre mi dice "altre figlie farebbero così e così..." mi ferisce profondamente...
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Dr. Nunzia Spiezio Psicologo 531 20 3
Cara ragazza,
"Ancora oggi se mia madre mi dice "altre figlie farebbero così e così..." mi ferisce profondamente... ".
Ha provato a dirglielo? Magari non con un "mamma, sei crudele perchè con le tue parole non fai altro che ferirmi " che non farebbe altro che restituire la stilettata ma, piuttosto, facendole presente sinceramente quanto si sente ferita, facendole quindi riconoscere il dolore che sente a certe sue parole.
Forse proprio il non pieno riconoscimento da parte loro di tutto ciò che lei è stata, è, e sarà vi ha portati a rimanere in questa impasse. Probabilmente il riconoscimento, da parte di sua madre, del dolore che le provoca potrebbe essere, tanto per cominciare, un primo piccolo passo.
Credo comunque che il suo affrancamento si gioverebbe di un aiuto con un collega dal vivo. Ci pensi.
Le faccio tantissimi auguri.

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dopo
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Utente
Carissima Dottoressa,
è proprio vero ciò che scrive, i miei genitori - ma in particolare la mia mamma - non mi hanno mai veramente conosciuta nelle mie reazioni ed emozioni. A me sembrava dovessero essere evidenti, ovvie, chiarissime. Mi pareva scontato e fuor di dubbio che, alle loro dimostrazioni di sfiducia e delusione, io dovessi reagire con profondo dolore e mi pareva scontato anche che loro dovessero esserne consapevoli.
Invece non era così. Da un recente confronto (molto dolce e confortante) con mia madre è emerso ad esempio che lei stessa si è sempre lasciata trarre in inganno dalla mia apparente imperturbabilità durante le nostre discussioni. In effetti è vero, non ho mai pianto, né aperto bocca, se non solo quando ero certa di poter usare un tono di voce molto pacato, normale, e di non piangere. Solo oggi, dopo più di dieci anni, le ho spiegato ciò che per me era ovvio e normale e che, secondo me, lei avrebbe dovuto sapere ancor prima di me: non mostravo il mio dolore per autodifesa. Mi sentivo giudicata molto aspramente e sapevo che il giudizio era negativo ed errato. E pensavo: "Se mi giudicano su ciò che non sono ho ancora una speranza, che un giorno capiscano come sono fatta davvero e mi apprezzino. Se invece mi giudicano male per ciò che sono veramente, non avrò più speranze di riscatto".
Sto iniziando ora ad aprirmi con lei su queste cose... Mia madre è rimasta sinceramente sorpresa di sapere che le mie reazioni, che lei definiva da "impermeabile", in realtà celavano ben altro...
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Dr. Nunzia Spiezio Psicologo 531 20 3
Cara ragazza,
ha potuto toccare con mano come, quando si riesce ad aprirsi con le persone amate, le reazioni possono essere sorprendentemente piacevoli e scardinare fraintendimenti antichi.
Se la sua crescita è stata tutta fondata su considerazioni del tipo "Se invece mi giudicano male per ciò che sono veramente, non avrò più speranze di riscatto" è comprensibile come lei non si sia mai permessa di "essere". Lei, come tutti noi, "è": con propri aspetti positivi e con, soprattutto, aspetti che le hanno insegnato a valutare come negativi. Vietandosi di accettarsi ed amarsi in toto in prospettiva di un futuro, ipotetico, riscatto l'ha probabilmente portata a rimandare all'esterno quella ingannevole imperturbabilità che ha convinto egregiamente i suoi genitori.
Non è troppo tardi per rimediare.
Le consiglio, qualora lo ritenesse, qualche colloquio chiarificatore con un collega della sua città. Insieme poi deciderete che direzione prendere.
Le faccio ancora tanti auguri.