quasi 35 anni e fallimento vita

Buongiorno,

come da titolo, ho quasi 35 anni e sono un fallito. Rispetto ai miei coetanei non ho una casa mia (vivo con mia madre) e vado in giro in bicicletta (per risparmiare).
Ho un lavoro, sì, sul quale avevo puntato tutto. Nei miei piani, a quest'ora avrei dovuto far carriera ed guadagnare sufficienti soldi per comprarmi casa e, invece, anche questa volta ho fallito. Non sono stato capace di indossare la maschera di convenienza, fare e dire quello che vogliono i capi. Ed ora, il risultato, è che sono al margine della mobbizzazione, mi spediranno a lavorare per metà mese in un posto lontano il doppio da casa ed in completo isolamento.
Sono stupido, non sono riuscito a tenere chiaro in mente il mio obiettivo (la casa) e perseguirlo, costi quel che costi, andando contro i miei principi ed il mio orgoglio. Potevo prenderli per i fondelli, fare finta di essere chi non sono, rimanere tutti i giorni in ufficio fino a quando non se ne vanno loro, salutarli cerimoniosamente alla mattina e alla sera, non dire mai nulla di sconveniente.... questo è l'atteggiamento che paga, e sta pagando chi è intorno a me. E invece ho dimostrato l'ennesima volta di essere uno stupido.
Ovviamente sono single. Mi vergogno di vivere con mia madre e per questo ho troppa disistima per mettermi in gioco in campo sentimentale.
Io non ce la faccio più. Vi prego, aiutatemi.
Orami è mesi che mi crogiolo in questi pensieri. Ho perso da tempo serenità, gioia e piacere.

Grazie,
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Dr.ssa Laura Rinella Psicologo, Psicoterapeuta 6.3k 119 9
<Potevo prenderli per i fondelli, fare finta di essere chi non sono>
Gentile Utente,
comprendo il suo sentire per quanto sta accadendo in ambito lavorativo, cosa da parte sua oltre a quanto ci ha detto avrebbe contribuito agli effetti che descrive?

Cosa le veniva richiesto/accadeva di preciso che non gradiva e le ha impedito di mettere in primo piano i suoi obiettivi e perseguirli?

E' evidente la disistima nei confronti di se stesso, sarebbe importante comprendere meglio quali fattori nel loro interrelarsi (appartenenti al contesto lavorativo, alle connesse relazioni, alla sua persona) hanno determinato la situazione in essere.
In che modo si è affacciato a questa esperienza lavorativa?
In precedenza quali altri lavori e come si è trovato?
Rispetto alla sua condizione di single cosa ci può dire?
Ha avuto esperienze sentimentali e se sì come sono andate?

Come pensa di affrontare ciò che la attende?


Dr.ssa Laura Rinella
Psicologa Psicoterapeuta
www.psicologiabenessereonline.it

[#2]
Dr.ssa Franca Esposito Psicologo, Psicoterapeuta 7k 154
Gentile utente,
Non posso confermare la Sua definizione di se' di *essere un fallito*. Mi sembra invece che Lei sia davvero un *vincitore*!
Essere *conformista* e interessato *ad avere* e' molto facile: nessuna fatica, tutto guadagnon senza problemi, senza lotte. Ma questo per chi sia in grado per indole e convincimento profondo di uniformarsi alle regole dettate dal contesto di riferimento, senza cercare neanche di imprimere un piccolo segno che indichi la *propria* personalita'.
Tutto cio' naturalmente nell'ambito dell'educazione e del rispetto.

Lei si e' attenuto a tale modello operativo? Oppure ha trasceso? E' stato aggressivo? Maleducato?
A queste domande, solo a queste deve rispondere e a se' stesso, per Sua tranquillita' personale.
Se le risposte saranno positive Lei ha vinto
Ha vinto la Sua guerra per la Sua individuazione. E queste guerre hanno un costo. Ma solo Lei sa e puo' valutare se sia valsa o no la pena di pagarlo!
Spero di averLe fornito un punto di vista ulteriore, capace di aumentare i *gradi di liberta`* della Sua valutazione di se` stesso, sotto un punto di vista umano, sociale, relazionale ed evolutivo!
Auguri!

Dott.a FRANCA ESPOSITO, Roma
Psicoterap dinamic Albo Lazio 15132

[#3]
dopo
Attivo dal 2016 al 2016
Ex utente
Grazie per la risposta ad entrambe.
"cosa da parte sua oltre a quanto ci ha detto avrebbe contribuito agli effetti che descrive? Cosa le veniva richiesto/accadeva di preciso che non gradiva e le ha impedito di mettere in primo piano i suoi obiettivi e perseguirli?"

Ad esempio, gli straordinari. Non esplicitamente richiesti, ma necessari per ottenere l'attenzione dei superiori. Ad un certo punto smisi di farli con regolarità, ma solo se strettamente richiesto dai carichi. In più scelsi di osservare un orario che mi permetteva di uscire mezz'ora prima, cosa anche questa non gradita.
Poi in grossa parte i problemi sorsero con uno dei due capi. Questa persona ha un pessimo carattere (irrascibile, colpevolizzante) ed è, a mio avviso, incompetente, lacunosa ed irresponsabile nell'organizzazione dell'ufficio. Ho manifestato il mio disprezzo (non direttamente) attraverso i toni delle mie e-mail, suscitando la sua ira e sentendomi accusare di mancanza di rispetto.
Non apprezzo, sebbene in misura minore, l'altra figura superiore. Una persona che fa favoritismi, si porta dentro collaboratori "amici", fa fidelizzazioni. Percepisco questa persona come poco trasparente e come sudola tessitrice di espedienti con il fine ultimo di annientare (come sta facendo con me) le persone "nemiche". Anche in questo caso, anche se mai hon confessato a loro direttamente questi pensieri, questi si manifestano nei miei comportamente e atteggiamenti. Non riesco ad evitarlo.
Provo rancore per queste persone, per come mi hanno svilito come lavoratore, destinandomi a compiti poco interessanti, a dispetto dei loro "prediletti".
Infine, anche i colleghi ci mettono la loro. Sono certo che quelli con maggiore ascendente presso i capi non si saranno fatti mancare l'occasione di spifferare qualche cosa sul mio conto (dalla banale imitazione del capo, alla parola in più di sfogo detta nei momenti di pausa).
Ma potrei proseguire con la lista di comportamenti miei che non sono andati a genio: a partire da richieste contrattuali (legittime), altre manifestazioni di disappunto rispetto a mancanza di riconoscimenti e promozioni, ecc.
A fare da contraltare a questo, devo anche dire che sono un buon lavoratore, mi faccio il mazzo, e faccio del mio meglio per portare a termine il lavoro. La mia arrabbiatura deriva dal fatto che secondo me loro mi sfruttano perchè sanno che, nonostante le mancate promozioni, sono un buon lavoratore, che si impegna (e fa impegnare gli altri) e porta a casa il risultato, nonostante tutto.

In che modo si è affacciato a questa esperienza lavorativa?
Anche se non è la mia prima, ma ce ne sono state un discreto numero di altre. Venivo da un periodo di studio, e avevo tante aspettative: volevo tanto impegnarmi (cosa che mi ha garantito l'iniziale promozione), e nel contempo mi aspettavo un ambiente culturalmente e proffesionalmente di alto livello (aspettativa disattesa)
In precedenza quali altri lavori e come si è trovato?

Sempre discretamente bene. Alcuni meglio, altri peggio. Mai ho vissuto una sofferenza psicologica come questa. E' vero che era il mio decennio dei vent'anni... io ero tutt'altra persona e tutt'altre erano le mie aspettative dal lavoro. Vedevo quello attuale come il lavoro della mia vita, che mi avrebbe permesso la tanto attesa emancipazione. Ed invece, mi ritrovo con un pugno di mosche.

Rispetto alla sua condizione di single cosa ci può dire?
Che vorrei non esserlo. Ma non mi sento assolutamente all'altezza per rapportarmi con una persona in queste condizioni. Come posso dire che vivo con mia madre alla mia età? Che impressione avrebbe di me quella persona?

Ha avuto esperienze sentimentali e se sì come sono andate? Alcune, tutte brevi. Al massimo di un anno.Come tutte le storie, sono andate bene inizialemente, ma poi naufragate.
Come pensa di affrontare ciò che la attende? Probabilmente andando dai sindacati e capire meglio se e quali sono i miei diritti nella mia situazione. Ma penso per il momento di volere solo essere informato. Mi toccherà fare quello che voglio loro e andare in trasferta una parte del mese per i prossimi x mesi. Vorrei riuscire, una volta in trasferta, a non farmi coinvolgere troppo dal lavoro, al mio solito, a fare lo stretto necessario, senza smenarci in pensieri e salute. Perchè non ho precisato finora che io tengo molto al mio lavoro, e spesso mi ha causato l'avere pensieri, fino a non dormire la notte.
[#4]
dopo
Attivo dal 2016 al 2016
Ex utente
Grazie Dott.ssa Esposito delle Sue parole di conforto. Sì, mentre ponevo in essere detrminati comportamenti (in parte descritti sopra) mi giustificavo in nome dei principi e della libertà. Però, ora che tiro le fila e faccio il bilancio della mia vita, constato che non sono realmente libero, nè ho i benefici che avrei avuto se mi fossi conformato. Insomma, mi ritrovo con un pugno di mosche. Poi, ultimamente, e lo confesso, ho trasceso: mai attraverso insulti o dicendo apertamente ai capi cosa penso di loro, ma mostrandomi realmente scocciato e, al telefono, liquidandoli in maniera seccata, o persino paventando di andare dai sindacati.
[#5]
Dr. Enrico De Sanctis Psicologo, Psicoterapeuta 1.3k 66
Salve, sento che sta vivendo un momento importante. Sta facendo i conti con alcuni suoi ideali rispetto alla realtà.

Non è una ricerca semplice, soprattutto se le sue aspettative sono alte. A mio parere dovrà continuare così, cercando di tenere il più possibile alti i suoi valori e a volte accettando di ingoiare qualche boccone amaro, accettando quei compromessi che ritiene possibili.

Il fatto che per lei il suo lavoro è importante è un segno molto favorevole. Magari ci sono ambienti di lavoro più consoni a lei, dove potrà agire in un modo nuovo, sulla base delle sue esperienze acquisite.

Capisco quando dice che non è realmente libero, d'altronde la libertà è un concetto relativo, poiché siamo umanamente dipendenti, in modo costitutivo, e vincolati a una molteplicità di limiti ineluttabili.
Però ha rispettato se stesso, anche se questo non l'ha ripagata nel modo che avrebbe voluto.

Relativamente alla sua vita sentimentale e alla casa, non so se possiamo dire che alcuni suoi ideali la stanno condizionando, facendola sentire un "fallito". La vita non è fatta a tappe, per quanto è molto più comodo crederlo. La vita è un percorso accidentato, l'importante a mio parere è percorrerlo coraggiosamente, senza mollare, mettendosi in gioco, come lei mostra di fare scrivendoci.

Si trova in un momento critico, non è un disonore vivere con sua madre. Deve però crederlo lei per primo, rompendo un circolo vizioso che rischia di mortificarla.

Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis

Dr. Enrico de Sanctis - Roma
Psicologo e Psicoterapeuta a orientamento psicoanalitico
www.enricodesanctis.it

[#6]
Dr.ssa Laura Rinella Psicologo, Psicoterapeuta 6.3k 119 9
Tra aspettative e realtà ci può essere un dislivello che lascia la bocca amara.
Il contesto lavorativo sembra non averle offerto quanto si aspettava, comprensibile la sua delusione e la sua rabbia forse alimentata dal fatto che sperava questa volta di "svoltare" e cambiare la sua condizione non solo lavorativa, ma più ampiamente la qualità di vita, come permettersi una casa propria, essere in qualche modo "a posto" secondo il suo pensiero per stabilire una relazione.
Credo che le sue reazioni siano state alimentate oltre che dal comportamento dei suoi capi e colleghi, dalla fase di vita che sta attraversando, forse dal fatto che le sembri ingiusto essersi trovato in tali contingenze e nella posizione di adulto che vive ancora nella casa famigliare.
Al di là di quanto detto, ipotesi naturalmente, a mio parere sarebbe opportuno riflettesse sulle sue reazioni, sulla rabbia che prova che sembra ostacolare una comunicazione meno aggressiva e maggiormente assertiva. Si possono infatti difendere i propri diritti senza ledere quelli degli altri, dire la propria opinione senza trascendere o offendere, anche se ci riteniamo a nostra volta offesi o trattati ingiustamente.
Questo perché se lei si impegna molto sul lavoro finisce poi per vanificare ciò che fa.
Non ci dice per quali motivi siano naufragate le sue relazioni, se siano state magari segnate da conflitti mal gestiti, da aspettative deluse, quali i contributi dei partner e quali i suoi.
In ogni caso credo che la percezione che ha di sé, la forte disistima, e forse la tendenza a preoccuparsi troppo per raggiungere le sue mete e soddisfare le sue aspettative, sarebbero da rivedere poiché rischiano di ripercuotersi su più ambiti della sua vita, per quanto finora detto.
Ogni esperienza, positiva o negativa, fa parte del nostro bagaglio e ci insegna qualcosa, non si giudichi così severamente ma rifletta su cosa può fare per se stesso, mettendo in campo le sue risorse e potenzialità, smussando gli spigoli, regolando diversamente le sue relazioni, facendo pace con la sua rabbia, per gestirle in modo più opportuno. Solo spunti di riflessione da qui.
Magari, anche se non è semplice, si guardi intorno se ritiene la sua condizione lavorativa così insoddisfacente.

I miei migliori auguri
[#7]
dopo
Attivo dal 2016 al 2016
Ex utente
Buongiorno,
confermo quanto detto dalla Dott.ssa Rinella. La mia fase di vita, ma anche le circostanze personali, determinano le mie reazioni alle situazione lavorativa.
Se non sentissi l'incombenza di dovere comprare casa e se fossi più giovane, sarebbe un'altra cosa.

La rabbia che provo origina dal fatto che mi sento economicamente più svantaggiato rispetto alle persone che mi circondano. I miei capi guadagnano fior di quattrini anche grazie al mio lavoro e non danno aumenti, se non a chi vogliono loro.
I miei colleghi, chi più chi meno, beneficiando degli aiuti familiari e grazie all'economia di coppia sono tutti belli che sistemati. Quindi a loro frega relativamente poco della paga che è una miseria, tanto comunque le loro certezze ce le hanno.
Io mi sento invece uno spiantato. Ancora con una vita da costruire.
Da questi sentimenti e ragionamenti ha origine la mia rabbia e la mia mancanza, a volte, di assertività.
Sa quante volte dentro di me ho mandato tutti a quel paese?
Spesso penso che questa non è vita.
[#8]
Dr.ssa Franca Esposito Psicologo, Psicoterapeuta 7k 154
Gentile utente,
Riprendo questo consulto con un certo disappunto nel leggere le Sue rimostranze!
Lei si pone in contraddizione con se' stesso. E questo non puo' che farla sentire male: un conflitto interiore *rovina le sue corde* * da' loro fuoco e le consuma*!
E devo consigliarLe di fermarsi a considerare una regola della vita, una regola *assiomatica*: *Essere ed avere * non possono coincidere. Se avra' voglia di leggere Eric Fromm capira' cosa intendo.
Quando si lavora e si viene *compensati* per questo *l'essere* deve un po' sacrificato. A tutti i livelli. E piu' si sale piu' deve essere sacrificato.
Pensa che i *capitani d'industria* siano *liberi di essere*? Ci rifletta!
Se volessero *essere* liberi di esternare i propositi venali a ogni *costo* per gli altri, pensa che qualcuno potrebbe far si che essi *abbiano* qualcosa? Forse il disprezzo e la riprovazione. Ma niente altro.
Quindi occorre essere *consapevoli* di cio' che si puo' o non si puo' *essere* per *avere*.
Se si *e`* liberi e buoni* potrebbe darsi che non si possa *avere* nulla. Ma si avra' la felicita' di *essere*.
Se si sara' *furbi e malevoli* si potra' *avere* ma non *essere* a meno che non si menta a se' stessi. Si puo' scegliere di *avere* e vivere per questo. Senza neanche sperare di potere *essere*.
Le lascio questo pensiero su cui riflettere, se vuole!
[#9]
Dr.ssa Laura Rinella Psicologo, Psicoterapeuta 6.3k 119 9
La comprendo, ma fare confronti non la aiuta a sentirsi meglio né a raggiungere i suoi obiettivi. Anzi, incrementa la sua rabbia sulla quale sarebbe opportuno lavorare poiché se ben gestita e incanalata potrebbe anche diventare una risorsa.

Cordialità
[#10]
dopo
Attivo dal 2016 al 2016
Ex utente
Dott.ssa Esposito. Grazie per la risposta e per il consiglio di lettura. La cosa bella è che c'ho pure provato ad essere "furbo e malevole" rovinando più di un rapporto a lavoro, ma nemmeno questo è servito a compiacere.
Ingenuamente speravo di abbandonare un po' di essere e barattarlo con un po' di avere. Ma in quel contesto non esistono le mezze misure, almeno non per me.
Non chiedevo di "avere" una fortuna, ma quello che penso di meritarmi, e che penso sia sufficiente per una vita migliore.

Dr.ssa Laura Rinella, intende attraverso una psicoterapia?
[#11]
Dr.ssa Laura Rinella Psicologo, Psicoterapeuta 6.3k 119 9
No, nel senso che da qui non è possibilire stabilirlo.
La valutazione diretta è il primo passo, non si può stabilire a priori e per giunta on line se sia opportuna e percorribile la strada psicoterapica.

Solo un nostro collega di persona, che abbia modo di valutare direttamente la situazione con ogni elemento necessario alla mano, può comprendere cosa sia opportuno fare , quale strada eventualmente sia da perseguire nel caso specifico.