Relazione di coppia: problemi di fiducia e stima

Salve dottori, sono un ragazzo di 25 anni fidanzato da 2 anni con una ragazza di 22. Per lei è la prima storia seria. Il nostro rapporto è stato difficile fin dall'inizio e abbiamo passato praticamente l'intero primo anno in un misto di gioia e dolore. Fin dall'inizio io mi sono mostrato ai suoi occhi come superficiale: ad esempio i primi giorni che ci frequentavamo, visto che non abbiamo potuto vederci per 2 settimane, io ho avuto un rapporto con un'altra ragazza che poi le ho confessato prima di decidere di metterci insieme. Lei ha iniziato a perdere fiducia e stima in me fin da subito. Poi la cosa si è aggravata quando io le ho fatto capire che quest'altra ragazza per me non contava nulla, ma io ci avrei mantenuto un rapporto di amicizia. Lei si è sentita mancata di rispetto e trovava assurdo che io avessi anche solo questa idea. Per lei la mia dimostrazione di amore nei suoi confronti era proprio quella di troncare ogni rapporto con quest'altra, invece io sostenevo che non potevo dimostrarle amore facendo qualcosa che non mi veniva naturale. Cioè io mi sentivo di dover modificare il mio spontaneo modo di comportarmi e pensavo fosse qualcosa che non volevo fare, mentre lei soffriva e si sentiva esclusa proprio perché io non valorizzavo il suo dolore limitandomi e agendo in modo da farle capire che ci tenevo.
Da qui è iniziato tutto un processo che ci portiamo dietro fino ad oggi. Questo schema dove io mi sento limitato perché dovrei comportarmi in un certo modo, ma che non ritengo essere il migliore per me, e lei si sente mancata di rispetto perché io vorrei agire diversamente da come farebbe stare bene lei, è uno schema che ci portiamo dietro in tante altre cose.
Ad esempio un giorno sono partito per un viaggio con amici e ho portato un pensiero per il compleanno della mia ex. Visto che sapevo che la mia ragazza vedeva male l'idea di mantenere un rapporto con la ex. decisi di omettere il particolare per evitare litigi. Lei l'ha scoperto leggendo i miei messaggi. Abbiamo litigato molto e lei ha avuto un'ulteriore prova del mio "egoismo" e della mia mancanza di cura per lei. Oltre a odiare il fatto che non le ho detto questa cosa, ha anche odiato il gesto di fare un regalo alla ex, perché lo ritiene una cosa squallida e poco rispettosa. Il meccanismo è sempre quello: lei vorrebbe che le dimostrassi il mio amore non facendo e addirittura non volendo fare certe cose. Invece io penso che una cosa come questa del regalo sia di poco conto e che non è su queste cose che le dimostro quanto la amo. Anzi per lei la cosa è talmente grave che si è sentita tradita da questo mio gesto. L'ultimo mio errore (e su questo sottoscrivo) è stato quello di baciare una sconosciuta un giorno che ero ubriaco. Dopo un pò di tempo che stavo male gliel'ho confessato. Questo fatto si è sommato agli altri e lei ha perso completamente stima e fiducia in me. Ora simo giunti al punto che vogliamo lasciarci perchè lei soffre troppo e non si fida.
Ho sbagliato tutto? Aiuto!
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Dr. Enrico De Sanctis Psicologo, Psicoterapeuta 1.3k 66
Salve a lei,

dal suo racconto sembra emergere che la sua ragazza soffra per le attenzioni che lei rivolge alle altre. Allo stesso tempo lei soffre dei limiti che la sua ragazza le pone.

In coppia questo succede di frequente, ognuno porta le sue ragioni in relazione al comportamento dell'altro.

Da una parte è importante comprendere se stessi, come mai cioè ognuno di voi vive determinate emozioni, caricando di significati personali certe situazioni.
Dall'altra parte è necessario disporsi a comprendere l'altro, per capire quello che vive dentro e cercare il più possibile di aiutarlo.

Prendiamo l'esempio del suo viaggio.
Lei porta un regalo per il compleanno della sua ex. Stando alle informazioni che fornisce, potrei dire che sulla carta non c'è niente di male, lei conferma che la sua ex non è una rivale.

La reazione della sua ragazza è quindi eccessiva e sarebbe importante capire come mai attribuisce un significato così profondo al suo gesto verso la sua ex.

Dall'altra parte è anche vero che è ingenuo pensare che non ci sia un minimo di rivalità nei confronti di un ex, e mi chiedo se lei abbia una posizione assoluta, come se dovesse affermare una sua libertà e una sua indipendenza comunque.

Leggendo il suo racconto mi sono domandato se potreste essere irrigiditi in una posizione personalistica, senza potervi accorgere di quello che succede intimamente a voi stessi né di quello che sta vivendo l'altro.
In un caso simile, è quindi possibile che si radichi un circolo vizioso per cui alle eccessive richieste di conferme della sua ragazza corrisponda una sua intransigenza legata a un desiderio di indipendenza.
Più lei afferma se stesso e mostra indipendenza, più rende insicura e richiedente la sua ragazza; così come più la sua ragazza è insicura e richiedente, più lei sente il bisogno di affermare se stesso, in un schema che si autoalimenta senza fine.

Se siete in coppia, non siete più soltanto voi due, siete anche un "noi", che deve occuparsi l'uno dell'altro.

Forse si potrebbe ipotizzare che la sua ragazza possa avere delle paure legate al timore di non essere amata. Bisognerebbe approfondire dal vivo queste possibili paure e un carico emotivo, le cui origini potrebbero affondare nel suo passato.

Non so invece per quanto riguarda lei, se potrebbe esserci in lei ad esempio, quando è in coppia, un'attitudine all'indipendenza e a opporsi in situazioni in cui sente la presenza dell'altro come soffocante. Che pensa di questo?

Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis

Dr. Enrico de Sanctis - Roma
Psicologo e Psicoterapeuta a orientamento psicoanalitico
www.enricodesanctis.it

[#2]
dopo
Utente
Utente
Anzitutto la ringrazio di cuore per la sua esauriente risposta, che è anche molto pertinente: infatti ha colto in pieno il mio modo di essere nella relazione di coppia, ma in generale anche in tutte le altre relazioni della vita.
Infatti io è fin da quando sono un ragazzino che avanzo le mie pretese di indipendenza, prima di tutto verso la mia famiglia e secondariamente anche in ambito scolastico. Non sono mai stato in grado di accettare una condizione che non fosse anche in linea con la mia ragione. Il mio è un egoismo "sano" (spero) perchè non faccio male a nessuno e non ne ho intenzione, ma sembra che non riesca ad accettare limiti che non sono già presenti in me. Mi sono ribellato subito alla mia famiglia e sono finito a vivere con mio nonno all'età di 16 anni circa e ho lasciato la scuola per tanti anni. Ho avuto molte esperienze dure e periodi di depressione e smarrimento esistenziale dal periodo delle scuole medie fino alla fine delle superiori, ma nonostante ciò ho sempre mantenuto il mio animo "ribelle", anzi forse mi sono proprio identificato in questo modo di essere e di vivere.
Questo aspetto biografico forse spiega perchè anche nelle relazioni di coppia a me viene difficilissimo adeguarmi a richieste che non sono in linea con il mio stile di vita e tendo a sentire proprio come "soffocante" questo tipo di situazioni e più sono accentuate più io sento il bisogno di affermare me stesso. Come dice benissimo lei: diventa un circolo vizioso.
Probabilmente come dice lei è una posizione personalistica la mia, non so invece se lo sia altrettanto quella della mia ragazza...lei forse ha un pò di insicurezza e fa fatica ad affidarsi ad una persona come me che fa questi ragionamenti così estremi. Ad esempio io sostengo in continuazione che in un rapporto d'amore troppi compromessi sono deleteri: se io dovessi diciamo "piegare me stesso" alle sue richieste non starei dimostrando il mio amore per lei, ma solo la paura di perderla. A me viene da ragionare così in continuazione e non riesco a mettermi nell'ottica di un venirsi incontro rinunciando al proprio modo di vedere e sentire. E' come se avessi un'ideale di relazione dove l'amore è darsi completa libertà reciproca. Infatti io sono una persona assolutamente non gelosa, mi riesco ad affidare all'altro senza mai pensare a niente, e non mi piace porre alcuna condizione in nulla.
Non capisco se sono bloccato io in una posizione "personalistica" ed ho bisogno di aiuto per uscirne, oppure se questo mio modo di essere è ciò che devo perseguire per essere felice. Istintivamente la seconda soluzione è quello che sento, ma potrebbe anche essere un inganno della mia mente!
Grazie mille ancora per la risposta!!
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Dr. Enrico De Sanctis Psicologo, Psicoterapeuta 1.3k 66
Le sue parole sono molto significative e ricche di spunti di riflessione. La narrazione che fa di se stesso è preziosa e mostra a mio avviso una irriducibile complessità.

Innanzitutto voglio condividere con lei il fatto che rispettare se stessi, come lei dice quando parla di "egoismo sano", è una risorsa che è e sarà per lei imprescindibile. È quindi questo è un aspetto più che positivo.

Accanto a questo, bisogna però soffermarsi su un aspetto emblematico che lei racconta di sé, cioè la separazione dalla sua famiglia e una forte sofferenza esistenziale. Questo merita la massima attenzione da parte nostra e necessiterebbe di un approfondimento dal vivo.

Quando lei dice che, nonostante il suo malessere, ha sempre mantenuto il suo "animo ribelle", non sono sicuro che sia solo così. Il suo modo ribelle e protestatario potrebbe essere anche coerente con il suo malessere, non distinto da esso. Potrebbe essere una reazione a certe dinamiche relazionali familiari e sociali ad esempio, potremmo anche dire, in via ipotetica, una sua modalità difensiva che mostra una qualità specifica.

Il nucleo di fondo che può portarla a reagire in un modo caratterizzante potrebbe essere lo stesso che porta la sua ragazza alla necessità di avere continue conferme. La mia è solo un'ipotesi, potrebbero cioè essere due modalità differenti, con uno stesso cuore centrale, con il quale magari nessuno di voi due ha preso ancora un contatto vero e proprio.

Il bisogno di conferme della sua ragazza da una parte, il bisogno di autoaffermazione di lei dall'altra potrebbero essere ciò che è manifesto e appare visibilmente nei comportamenti. Quando parlo di una posizione personalistica, quindi, mi riferisco ai vissuti di entrambi senz'altro, non soltanto ai suoi.
Questi fenomeni e comportamenti, che appaiono all'evidenza, sono fondamentali per arrivare al punto centrale, che li ha sviluppati.

Secondo il mio ragionamento, da confermare attraverso un approfondito e rigoroso processo di conoscenza dal vivo, il ruolo delle relazioni più antiche, che precedono il vostro incontro, potrebbe essere cruciale nella vostra manifestazione comportamentale, poiché è costitutivo nella formazione della personalità. Entrambi, ognuno a modo vostro, avete portato voi stessi nella relazione, che rappresenta, come dire, un epifenomeno, la punta di un iceberg che nasconde interiormente l'essenza di un grande carico emotivo personale sottostante.

Quando dice: "Se io dovessi diciamo "piegare me stesso" alle sue richieste non starei dimostrando il mio amore per lei", ha ragione, non si tratta di "piegarsi" né di "rinunciare", ma di comprendere per crescere.

Comprendere la sua ragazza e la sua storia personale da una parte, provare a individuare se a volte lei è estremo e ribelle più per principio che per amore di sé dall'altra, cosa che vuol dire a sua volta comprendere se stesso all'interno della sua storia personale e delle sue esperienze di vita.
Quindi riuscire a capire quanto certe sue modalità possano interferire nelle reazioni della sua ragazza e viceversa. E così crescere insieme, se siete entrambi disposti a mettervi in discussione.

Quando la coppia fa questo, a mio parere, è massimamente creativa.

Certamente è un percorso molto complesso, che normalmente necessita di un lungo lavoro terapeutico per essere avviato.
Se, d'altronde, alcuni suoi intenti e convincimenti sono una sorta di "inganno" della sua mente, questo inganno c'è per i suoi buoni motivi, e può essere particolarmente radicato.

Ci tengo a dirle un'ultima mia impressione, cioè che scrivendoci mostra di mettere in dubbio se stesso. E sento in lei il desiderio di capire di più la sua persona profondamente, volendo anche toccare corde delicate e dolorose del suo passato.

Questo mi sembra indicare che lei non è soltanto quel ribelle indipendente, ma anche una persona coraggiosa e disponibile a guardarsi dentro, confidandosi e scambiando con me i suoi pensieri e i suoi vissuti esistenziali, cosa nient'affatto scontata.

Un saluto cordiale,
Enrico de Sanctis
[#4]
dopo
Utente
Utente
La ringrazio nuovamente per il ricco contributo che sta dando alla comprensione di questa mia situazione.
Come ha giustamente sottolineato il mio modo di essere "ribelle" e "indipendente" è parte integrante del malessere che ho provato in passato, ed è una sua modalità difensiva.
Questo malessere passato è sicuramente molto importante ed è legato alle relazioni che ho avuto con i miei genitori separati. Da una parte un padre debole di carattere che si è sposato con una donna non proprio simpatica che fa da padrona (con i quali vivevo), e dall'altra una madre altrettanto debole (tanto che non ha potuto prendermi in affido), molto particolare, odiata da tutti, che è finita per essere odiata e vista come una 'povera cosa' anche da me, fin da quando ero piccolo. Questo mi ha portato gravissimi problemi che ho cercato di affrontare all'età di 20 anni con un percorso terapeutico durato quasi 1 anno e mezzo. Sono riuscito a sciogliere gran parte del risentimento che provavo nei loro confronti de-assolutizzando le loro figure genitoriali e giungendo ad una visione chiara delle loro fragilità, con il conseguente perdono.
La persona che mi ha seguito è stata veramente eccezionale, tra l'altro è anche un uomo dallo spirito libertario, molto in linea con la mia visione.
Detto questo è molto probabile che, come dice lei, anche la mia ragazza sia caratterizzata da dinamiche passate che la portano a reagire affermando se stessa in quel modo "richiedente" quasi contrario al mio. Parlando con lei però non è ancora emerso quale possa essere la causa di questa sua manifestazione comportamentale. La sua è una famiglia unita e lei sembra aver avuto una infanzia/adolescenza serena: non è ancora chiaro quale possa essere il nucleo di fondo del suo modo attuale.
Quando lei parla di comprendersi a vicenda per crescere e di capire quali sono le nostre modalità che interferiscono con le reazioni dell'altro, mi trova d'accordo. Solo che mi pare che anche se queste cose le comprendessimo appieno, ci ritroveremmo comunque nella situazione in cui uno dei due deve fare un passo indietro. O lei accettare che io possa avere anche amicizie di sesso femminile , o io accettare che fintanto che sto insieme a lei non posso avere amicizie con persone del sesso opposto. Poi non è nemmeno chiaro se questa sua intolleranza sia assoluta oppure legata alla sfiducia che gradualmente ha maturato nei miei confronti.
Come si fa a comprendersi, crescere, accettare la diversità dell'altro e stare insieme senza la sensazione di rinunciare e di soffrire? Se anche la comprendessi a fondo, ma non cambiassi il mio modo di vedere, lei continuerebbe a soffrire non sentendosi corrisposta nelle sue necessità, e io continuerei a soffrire sentendomi limitato. Forse sono un po’ cieco in questo momento, ma mi sembra ancora di vedere una situazione di stallo. Come lei dice questo processo forse ha bisogno di una terapia, cosa che sto seriamente prendendo in considerazione.
Forse individuando pian piano quelle che sono solo mie questioni di principio e riuscendo a liberarmene – se ve ne sono – darei a lei quella dimostrazione d'amore tanto attesa. Mi è proprio difficile capire dove inizia me stesso e dove, invece, la questione di principio (e quanto queste cose sono separate).
Comunque, con questo suo contributo mi ha già aiutato moltissimo, la ringrazio di cuore.
P.S. ho sempre avuto una spontanea tendenza all'analisi di me stesso, fin da molto giovane; prima su carta, poi anche chiedendo un aiuto esterno. Forse questa è un'altra caratteristica difensiva che ho maturato e che mi ha aiutato moltissimo.

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Dr. Enrico De Sanctis Psicologo, Psicoterapeuta 1.3k 66
Dev'essere stata molto difficile la separazione e quello che ne è conseguito. Parla di avere avuto "gravissimi problemi" e posso solo immaginare quanto doloroso sia stato per lei.
Non è un caso che parla di risentimento e credo di poter ipotizzare che vivesse una costellazione emotiva complessa. A volte si possono vivere sentimenti di rabbia, di paura, di solitudine, di tristezza, di impotenza, di ingiustizia ad esempio. Emozioni e stati d'animo molto potenti e angosciosi, in grado di condizionarci.

Quando parla della sua coppia, capisco quando pone questo dubbio: "Solo che mi pare che anche se queste cose le comprendessimo appieno, ci ritroveremmo comunque nella situazione in cui uno dei due deve fare un passo indietro", in un modo o nell'altro a lei sembra di dover correre compromessi impegnativi. Questo è normale, perché è il suo mondo attuale e vi è legato completamente. Come lei dice, potrebbe essere "cieco" e non riuscire a concepire altro per sé.

Potrei dire che se avviene dentro di lei e della sua ragazza un cambiamento emotivo, capirebbe che fareste un passo avanti, non un passo indietro. Sottolineo il fatto che il cambiamento deve avvenire a livello emotivo, non razionalmente.
Non è sufficiente conoscere le cause che vi hanno portato a essere le persone che siete oggi, è necessario sentirsi diversi.

Quando dice: "Forse individuando pian piano quelle che sono solo mie questioni di principio e riuscendo a liberarmene – se ve ne sono – darei a lei quella dimostrazione d'amore tanto attesa", penso che potrebbe essere così, per quanto lei utilizzi ancora delle parole che sono caratteristiche del suo modo attuale di essere.

Provo a dirglielo in modo molto sintetico: cambiando, lei potrebbe modificare l'eccedenza della sua indipendenza e riconoscere che è anche lei dipendente (nel suo passato forse è stato così ferito che ha dovuto evitare di esserlo?) e, quindi, sentire ed esprimere il suo bisogno di vicinanza, ora forse inconcepibile per lei. Questa vicinanza potrebbe unirvi e rendere più sicura e gratificata la sua ragazza, che diventerebbe meno richiedente e spaventata circa le sue amicizie femminili ad esempio.

Allo stesso tempo, la sua ragazza potrebbe modificare l'eccedenza della sua dipendenza e riconoscere maggiormente la propria autonomia e, quindi, esprimere il suo bisogno di distanza, magari anche per la sua ragazza attualmente inconcepibile. Questa distanza potrebbe dare un senso di maggiore libertà e rendere più leggero lei, che si sentirebbe meno limitato.

Questo, ipoteticamente, potrebbe essere uno scenario creativo e promettente, che sviluppa una dimensione nel suo divenire, potrei dire tra dipendenza (o meglio interdipendenza) e autonomia.

Le parlo dal vertice del mio orientamento teorico che è psicoanalitico, come le dicevo un percorso terapeutico non è semplicemente la comprensione razionale delle cause, ma consiste nel fare una nuova esperienza di sé nel vivo della relazione analitica. È come rinascere.

Ringrazio lei per le sue parole e per il nostro scambio.
Un caro saluto,
Enrico de Sanctis
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Dr. Carla Maria Brunialti Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 17.7k 576 66
Gentile utente,

Lei confronta la propria relazione con i genitori e quello con la Sua ragazza, evincendo che c'è un Suo proprio modo di essere al qiuale non intende rinunciare, se ho ben capito.

Due riflessioni:
dai propri genitori si è destinati - se tutto va bene - a staccarsi pur mantenendo l'affetto, per intraprendere una strada autonoma; e dunque l'opposizione ha una sua ragion d'essere.
Con la propria ragazza invece si tratta di creare un rapporto nuovo, che prima non esisteva nella propria vita. Questo può risultare interessante anche per l'altra - oltre che per Lei - solo se alcune sue (di lei) esigenze fondamentali vengono rispettate; non tutte, non immotivatamente, ma quelle profonde sì.

Si tratta dunque di capire quali esse siano, affinchè possa nascere e crescere quel rapporto di fiducia che tra Voi invece va incrinandosi.

Entrare in una coppia significa travare autorealizzazione da una parte, e limiti dall'altra. Veda Lei cosa Le sembra interessante per sè fare
e cerchi una negoziazione con la Sua ragazza, tenendo conto che così la lei non si realizza.





Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/

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