Fine della psicoterapia

Buongiorno,

vorrei fare una domanda se possibile. Sto facendo una terapia cognitivo-comportamentale da circa nove mesi e la psicoterapeuta mi ha proposto un diradamento graduale delle sedute. Io non sto meglio, anzi, per superare un momento di grave stress mi sono limitata ad adottare una strategia ben collaudata: fingere di stare bene e ridurre al minimo l'emotività. Così svolgo una vita razionalmente programmata, priva di svago, improntata ad un controllo rigidissimo, in cui i miei pochi affetti sono vissuti freddamente. Eppure pare che questo non sia considerato patologico dalla mia terapeuta che mi vede molto meglio.

Questo si è già verificato in passato con altre psicoterapie. Possibile che una psicoterapeuta esperta non veda nulla di strano in una vita costruita a tavolino? Francamente mi sento abbandonata a me stessa ed invitata ad aiutarmi da sola.

Grazie per l'eventuale cortese risposta.
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente,

di solito ci si avvia verso la chiusura insieme, perchè la terapeuta può proporlo, ma il pz potrebbe dire di non sentirsi pronto, e allora bisogna capire come mai. Bisogna escludere che il pz. non abbia una dipendenza verso la terapia e quindi sollevare il problema e risolverlo.

A me ad esempio è capitato di chiarire questa situazione con alcuni pz. che temevano di poter avere una ricaduta dopo la fine della terapia. Si supera facilmente questa obiezione spiegando al pz che cosa dovrà fare e come affrontare le situazioni che potrebbero presentarsi.

Ma Lei dice una cosa diversa, cioè che non ha timori di eventuali (ma non ancora presenti) problemi, ma che la Sua attuale vita è organizzata a Suo dire in modo molto rigido.

Proviamo a capire insieme meglio la situazione.

Quale diagnosi è stata posta?

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

[#2]
dopo
Attivo dal 2018 al 2019
Ex utente
Buongiorno dottoressa,

spero non si offenda se non riporto tutta la diagnosi, perchè rivelerei troppe informazioni personali. La parte che interessa la psicoterapia comprende distimia, disturbo d'ansia generalizzata, disturbo alimentare di tipo restrittivo, disturbo evitante di personalità, cui aggiungerei il disturbo ossessivo compulsivo di personalità non ufficializzato sulla documentazione medica, ma suggerito dallo psichiatra.

Rispetto all'inizio della terapia sto meglio, ma ciò è dovuto in larga parte alla terapia farmacologica, che mi ha aiutato molto nella gestione di ansia e depressione.

Probabilmente sono stata io a fare l'errore di porre come obiettivo terapeutico la gestione dei rapporti in famiglia (per inciso, le uniche persone che frequento), mentre durante la psicoterapia è emersa una quantità di materiale traumatico che mi ha causato un netto peggioramento della depressione e questa reazione ossessiva di cui le parlavo.

Ho come la sensazione che il sollievo che provo nel tornare a maneggiare regole e procedure, anzichè emozioni difficili, sia condiviso dalla psicoterapeuta.

Sono stata prolissa, come al solito. Mi scuso.
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente,

Lei ha mai discusso tutto ciò con la terapeuta, soprattutto la tattica del fingere di stare bene?
In una psicoterapia non ha nessun senso tutto ciò, e se ciò che emerge nella terapia è ritenuto traumatico deve discuterne col curante.

Posso chiederLe che tipo di terapia sta facendo?
[#4]
dopo
Attivo dal 2018 al 2019
Ex utente
Cognitivo comportamentale. O si riferisce alla terapia farmacologica?

In verità ne ho discusso più volte, anche nell'ultima seduta, ed ho anche tentato di cambiare l'obiettivo della terapia, ma alla fine ho visto che andava a parare sempre sui rapporti con la famiglia, forse preoccupata per mio figlio. A quel punto mi sono vergognata di chiedere se poteva aiutarmi a migliorare la qualità della mia vita, sembrava egoista farlo.