Insoddisfazione imperitura e paralizzante post-liceale

Salve,
Sono un ragazzo di 20 anni, frequento da due anni un triennio di Conservatorio e da quest’anno anche l’università in una facoltà umanistica.

Sono sempre stato proiettato in ambito musicale fin da piccolo, ho ricevuto più conferme in svariati ambiti del mio talento, ma per via di alcuni docenti e della mia scarsa fiducia in me stesso ho attraversato intermittentemente periodi di soddisfazione personale e studio proficuo alternati a momenti di totale perdita di interesse, motivazione e fiducia in me stesso.

So di essermi fatto carico spesso del peso delle responsabilità altrui e di aver assorbito dalla mia famiglia oltre che dal mio carattere uno sfrenato perfezionismo, che mi ha reso vulnerabile ai giudizi altrui e troppo incline al confronto con gli altri: ho provato, negli ultimi anni del mio percorso liceale culminato seppur con ottimi risultati, un crescente senso di insoddisfazione, malessere e frustrazione.
Al liceo, sono stato bersagliato ed umiliato per tre anni da una docente, che mi ha però convinto ad intraprendere un percorso universitario della sua materia, forse per volontà di riscatto.

Il primo anno dopo il liceo però, a causa di complesse scelte familiari oltre che legate alla docente di un conservatorio fuori città, mi sono trasferito con la famiglia a 600 km da casa, convincendomi fosse una scelta necessaria per il mio futuro, forse in gran parte per compiacere i miei genitori.

In sintesi, sono stato male fin dai primi giorni e, sulla soglia di ulteriori problematiche personali e familiari che non menzionerò ho scelto di tornare nella mia città natale.

Sono riuscito comunque, sebbene io lo ritenga avvilente e di poco conto, a dare tutti gli esami del primo anno, con lodi ed alte votazioni e dunque a trasferirmi in altro conservatorio nella mia città, iscrivendomi pertanto al secondo anno.

Ho sempre ritenuto, per questioni legate alla precaria organizzazione delle scuole di musica istituzionali in Italia, che questo percorso non fosse abbastanza per via della mia buona riuscita nelle varie materie al liceo (sono sempre stato ritenuto intelligente, addirittura geniale) e per questo motivo, ossessionato dal bisogno di recuperare l’università, una volta tornato nella mia città mi sono iscritto al primo anno.

Deludendo le mie aspettative però, seppur soltanto in sessione universitaria (al conservatorio dovrò aspettare marzo per gli esami), ho estreme difficoltà di gestione del mio tempo e l’urgenza di uscire da questa situazione da solo, data l’esasperazione dei miei genitori, amici giudicanti e un percorso psicoterapeutico pregresso nell’anno precedente, ora concluso con il mio ritorno.
Data la mia condotta, ho seriamente paura di riuscire a dare un solo esame in questo mese.

Chiedo venia per la prolissità, e sebbene riconosca quanto dubbia possa essere l’efficacia di un consulto online, vi chiedo un consiglio pratico per recuperare la mia fiducia nello studio e smettere di autocommiserarmi.
Grazie a chiunque mi leggerà
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372 182
Il modo migliore per evitare l'autocommiserazione è la disciplina, da utilizzare per mettersi volontariamente nelle situazioni che fanno venire voglia di piangersi addosso, imparando così a desensibilizzarsi e il sano menefreghismo.

La difficoltà sta nel fatto che chi è abituato a piangersi addosso ha una soglia di tolleranza al dolore e alla frustrazione troppo bassa e dà per scontato che tali sensazioni sgradevoli vadano evitate.

Invece vanno ricercate. Qualsiasi aiuto psicoterapeutico efficace in questo senso deve rinforzare e sostenere in questo processo di abituazione.

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com