Non ho più voglia di vivere, voglio morire

Ho avuto sin da piccolo dei grossi problemi relazionali. Tendevo a chiudermi in me stesso. Ricordo che alle elementari invece di giocare con gli altri bambini rimanevo solo in un cantuccio dove creavo il mio spazio (attaccavo delle foglioline, mettevo dei fiori per terra ecc.). Spesso tra me e me riflettevo anche su argomenti filosofico-teologici (Dio, l’origine dell’universo, il senso della vita).

Tutt’oggi, spesso, rifletto ore su questi temi, mi interesso di astrofisica e fisica teorica in special modo.

Col tempo i miei problemi relazionali crescevano.

Mentre facevo il Liceo studiavo pianoforte alla Civica Scuola di musica e passavo ore in casa a suonare. Amavo e amo la musica di Chopin in special modo i notturni, ma mentre la suonavo piangevo per ore e ore (e in fondo amavo quei momenti di malinconia). Spesso cercavo la solutidine e l’isolamento.

Ero pieno di acne sul viso che peggiorava ancora di più la mia situazione relazionale.

Mi sentivo speciale e unico . Vivevo forzatamente tutte le cose nella vita alternando depressione e atteggiamenti maniacali.

Oggi ho 29 anni sono laureato in farmacia, specializzato in farmacologia. E sto peggio che mai. Nonostante sia un bel ragazzo e anche attraente dal punto di vista intellettivo (così mi dicono) non ho ( non riesco a capire come mai) sicurezza con l’altro sesso. Inoltre non riesco ad avere rapporti sessuali con le donne (incredibile!).

Eppure le donne mi piacciono parecchio. Le ragazze mi si avvicinano e dopo un po’ di tempo si allontanano (forse perché non le porto a letto??). Sono stato insieme ad una ragazza due anni e ho avuto continue crisi di panico (avevo paura che lei morisse), durante tali crisi ero capace di camminare ore anche se era notte fonda, vomitare per strada.

Alcune volte mi arrotolavo su me stesso vicino ad un albero per rimanere protetto in posizione fetale (tra lo stupore dei passanti!!!!). Inoltre con lei sono riuscito solo ad avere rapporti orali (mi sentivo, scusate il termine, una merda!!!).

Riesco a provare eccitazione solo guardando porno su internet, in special modo ragazzine che si masturbano con giocattoli erotici (utilizzo la pornografia fin da bambino).

Dopo che la mia ragazza mi ha lasciato sono crollato in una depressione profonda. Ho provato a prendere degli SSRI, a fare psicoterapia (che ogni volta ripetutamente mollo, perchè giudico chi ho davanti meno intelligente di me e incapace di capirmi).

Un altro aspetto pazzesco riguarda l'attenzione che presto al mio fisico: ho un bel corpo muscoloso e asciutto che curo morbosamente (come fosse un oggetto prezioso) anche attraverso la palestra e il nuoto. Gli altri spesso lo ammirano e altre volte lo invidiano. Io invece (paradossalmente) non mi ci sono mai sentito bene!! Spesso anche sul lavoro vado in bagno, mi tolgo il camice, mi tolgo i vestiti e rimango nudo ad osservarmi allo specchio. Alcune volte faccio questo anche fuori per strada vicino alle vetrine dei negozi (ovviamente a notte fonda).

Ho degli atteggiamenti ossessivi. Ricordo un periodo in cui continuavo a mangiare scatolette di tonno, lo mangiavo da tutte le parti, anche sul lavoro (tra lo stupore dei miei colleghi .), ne mangiavo anche 20 -30 al giorno. Lavoravo in Ospedale con un contratto e mi occupavo di Sperimentazione Clinica. Adesso forse la gente penserà: guarda che pazzi che ci sono in Ospedale!!! . E invece io il mio lavoro lo facevo bene, anzi ero apprezzato sia da colleghi medici sia da farmacisti (ovviamente mascheravo sempre il più possibile la mia personalità disturbata).

Purtroppo dopo che mi ha lasciato la ragazza, ho perso ogni motivazione, cadendo sempre più giù. Ho mollato il lavoro. Passo tanto tempo in casa davanti al computer (spesso a masturbarmi), e spesso ho degli attacchi di ira anche contro i miei genitori. I miei genitori sono disperati. Mi accorgo che apparentemente ho tutto: sono un ragazzo intelligente, un bel ragazzo, con dei valori positivi, eppure soffro come un cane, davvero come un cane e non c'è niente da fare: sono imprigionato dalle mie ossessioni e lotto contro la mia mente ogni giorno.

Ultimamente uno psichiatra mi ha dato l’amitriptilina + perfenazina. Mi ha detto che ho dei disturbi di personalità. Che dovrei fare psicoanalisi 4-5 volte alla settimana. Ma io credo che non ci sia nulla da fare. Probabilmente sono un pazzo. Peggio ancora: un pazzo cosciente e disperato! Ho paura di scoppiare e impazzire completamente.

E’ una vita che sto male, e.. sono sincero:

NON HO DAVVERO PIU’ VOGLIA DI VIVERE, NON HO PIU’ VOGLIA DI LOTTARE CONTRO ME STESSO!!!!

E sempre più spesso medito come e quando farla finita (ultimamente sono arrivato a pensare anche al luogo e al metodo, con molta probabilità farmacologico). L’unico rammarico è che se fossi stato bene magari avrei potuto dare agli altri molto di più, avrei potuto godermi la mia ragazza, godermi la mia intelligenza, godermi il mio lavoro, godermi i mei genitori, godermi la mia sessualità, godermi il mio fisico .e invece questa malattia indefinita mi ha tolto tutto tutto completamente tutto .

Questo è un ultimo urlo di disperazione, e lo lancio anche qui su internet. Non è uno scherzo, non sto scherzando: NON CE LA FACCIO DAVVERO PIU’.
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Dr.ssa Roberta Cacioppo Psicologo, Psicoterapeuta 340 11 2
Gentile utente,

perchè parla di lottare contro se stesso? Certo: se lei si considera come un uomo che avrebbe potuto essere perfetto (perchè bello, intelligente, desideroso di amare, con dei bravi gentiori, etc.), poi risulta comunque impossibile "reggere il confronto". Invece no: lei ha delle questioni che l'angosciano, anche importanti da quello che descrive, e pensa di eliminarle eliminando tutto se stesso. Da una parte tutto buono, dall'altra tutto cattivo.

Capisco il suo malessere, ma proprio il fatto di poter essere così "lucido" nel rendersi conto dei suoi sintomi, dell'angoscia, della paura, delle limitazioni che queste comportano, la può rendere in grado di affrontare la questione.

Lei si fida dello psichiatra da cui è in cura adesso? Anche io le consiglierei di intraprendere un percorso di psicoterapia (non so se lei abbia scritto "analisi" sapendo di cosa si tratta o solo perchè a volte si definisce - erroneamente - così anche la psicoterapia). E non si giustifichi con un "ogni volta ripetutamente mollo, perchè giudico chi ho davanti meno intelligente di me e incapace di capirmi": uno psicoterapeuta non deve essere più intelligente di lei o provare esattamente le sue stesse emozioni.

La psicoterapia è un percorso complesso dove quello che cura è la relazione che si propone nello spazio delle sedute, che il terapeuta con la sua tecnica, professionalità e personalità può vivere, interpretare, comunicare insieme al paziente. Per questo spesso è un cammino lungo, che può far paura. Però può anche offrire l'opportunità di affrontare le cose da un'altra angolatura (anche emotivamente). Focalizzarsi esclusivamente sui sintomi da combattere come un terribile nemico sgradito non è una via così fruttuosa.

Si faccia forza e affronti la questione fino in fondo!

Cordialmente,

Roberta Cacioppo
r.cacioppo@psicologia-milano.it

Roberta Cacioppo - Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa clinica -
www.psicoterapia-milano.it
www.sessuologia-milano.it

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Dr. Daniel Bulla Psicologo, Psicoterapeuta 3.6k 187 37
Gentile Utente,
una situazione davvero complicata, visto sì tanta sofferenza

credo lei sia abbastanza intelligente da capire che una situazione del genere non va sottovalutata. Prima di affrontare psicoterapie, problemi, ecc, Lei dovrebbe fare in modo di riportare il suo umore a livelli accettabili. Per questo credo che il suo psichiatra, in questo momento, sia il miglior punto di riferimento lei abbia.

Capisco anche che chi lancia un urlo disperato come Lei ha fatto...beh...non ha più molta voglia di reagire, certo, però qualcosa è rimasto.

Il mio consiglio è che lei (anche se non avverte molta voglia) si stampi questo scambio di mail, la faccia vedere ad un parente/amico/collega di cui si fida di più, ed insieme decidiate il da farsi nell'immediato.

In questo momento, come dicevo, lei potrebbe non sentire la "voglia" di fare alcunchè, ma appunto perchè sta male il criterio "non ho voglia ergo non lo faccio" per ora non serve a nulla, per cui la invito a non fidarsi di se stesso, per ora, di quello che sente, ma si affidi a quello che le consiglia lo specialista

Oltertutto è anche meno faticoso abbandonarsi nelle mani di chi la sta aiutando

Coraggio

Daniel Bulla

Cordialmente

Daniel Bulla

dbulla@libero.it, Twitter _DanielBulla_

[#3]
Dr. Vincenzo Menniti Psichiatra 126 2
Gentile utente,
il dott. Bulla a mio parere ha centrato in pieno il nocciolo della questione, e dunque concordo pienamente con quanto le consigliava.
Credo che lei, al momento, abbia bisogno di un supporto "fisico" per poter migliorare il suo umore; quando parlo di "fisico" intendo farmacologico. Successivamente, a mio avviso, sarebbe caldamente consigliabile che intraprendesse un percorso psicoterapeutico, in quanto, da quello che scrive, la sua sofferenza affonda le radici nella sua infanzia e sicuramente ci sono dei vissuti che andrebbero rivisitati in psicoterapia. Per rendere meglio l'idea le propongo l'esempio che faccio spesso ai miei pazienti : se le dovesse capitare di fratturarsi una gamba, la prima cosa da fare è ingessarla, la seconda è riabilitarla. A lei serve dunque sia il "gesso" (psicofarmaci)che la "riabilitazione" (psicoterapia). Non avrebbe senso, a mio parere, nel suo caso, utilizzare esclusivamente l'una o l'altra e nemmeno ricorrere prima alla "riabilitazione" e dopo al "gesso"! Se lo immagina se con una frattura dovesse fare della riabilitazione? Sarebbe impossibile oltrechè dannoso.Certamente se lei pensa di dover valutare le capacità del suo terapeuta attraverso la misurazione del suo Q.I. non ci siamo. Come correttamente le spiegava la dott.ssa Cacioppo, è la relazione terapeutica che si instaura tra medico e paziente che è curativa.
Si affidi a qualcuno, si abbandoni ad una figura professionale verso la quale nutre fiducia, e vedrà che già il pensiero di aver al suo fianco qualcuno che la sta aiutando attivamente la farà sentire più sollevato.

I miei migliori auguri

Cordiali saluti
dott. Vincenzo Menniti

[#4]
dopo
Utente
Utente
quindi il consiglio sarebbe: prendere un farmaco che mi innalzi i livelli di neurotrasmettitori centrali e poi successivamente cominciare a fare un percorso psicoterapeutico nel tentativo di effettuare un cambiamento consapevole di uno stile di vita?

Il nostro cervello è una rete tridimensionale enorme: milioni di punti collegati tra loro, e tali collegamenti aumentano di giorno in giorno. Ogni emozione si imprime nella rete neurale e modifica tutti gli altri collegamenti. Spesso alcune emozioni si imprimono nella rete in maniera più forte rispetto ad altre fino a condizionare come un "virus" il funzionamento della rete stessa. Alcune volte nascono reti neurali maggiormente "plastiche" e recettive e sensibili rispetto ad altre. E spesso le emozioni negative sono quelle che si fissano più fortemente nella rete stessa.
Cosa possono fare i farmaci? Forse disorganizzare temporaneamente il funzionamento della rete? Forse è semplicemente una alterazione dei neurotrasmettitori e dei suoi recettori che porta a questo stato di dolore psichico? O forse questa alterazione neurotrasmettitoriale e dovuta a una causa primaria più profonda, una causa primitiva scritta nel codice della rete neurale stessa? Forse la psicoterapia ha la capacità di cancellare le impronte negative che si fissano nella mia mente?
Io penso che sia tutta una illusione.
Nonostante ci siano tantissime pubblicazioni, studi metanalitici dove si evidenzia come l'ausilio di uno strumento farmacologico e psicoterapeutico abbia dato effetti positivi in alcuni disturbi mentali.
Io credo, come giustamente evidenzia il dottor Menniti, che lo psicofarmaco sia semplicemente un gesso e la psicoterapia una riabilitazione. Il problema è che il tessuto osseo deve rimarginarsi da solo!! Il gesso serve solo affinchè i monconi di una frattura siano allineati nel modo giusto al fine di formare il callo osseo. Ma se una frattura è scomposta? Nel caso dell'ortopedia esiste la possibilità di ridurre chirurgicamente la frattura. Ma nel caso della psichiatria?
In psichiatria molte volte risulta difficile pure effettuare una diagnosi ( e infatti il DMS IV è ateorico e su base statistica, e i sintomi acquisiscono valore solo come dati "frequenziali")
Ma immaginiamo per un attimo di possedere uno strumento dotato di una tecnologia futuristica che ci permetta di "navigare" all' interno del "web" della nostra rete neurale aiutati da un potentissimo "motore di ricerca" e immaginiamo di poter selettivamente cliccare il tasto "delete" per cancellare tutte le impronte neurali che ci sembrano la causa della nostra sofferenze.
Man mano che cacelliamo le impronte più rilevanti vorremmo successivamente cancellare anche quelle più piccole che sono causa di sofferenze minori. Progressivamente la nostra rete si modificherebbe, alcuni collegamente diverrebbero più forti altri più deboli per compensazione e la struttura dell'intera rete apparirebbe sostanzialmente diversa da come era precedentemente al nostro intervento.
Ma anche questa sarebbe un' altra espressione dell'eterna illusione.
Nel momento che ci apprestiamo a cliccare per la prima volta il tasto "delete" si aprirebbe un "firewall" di protezione neurale che richiede una parola chiave per poter accedere al programma di cancellazione selettiva dei ricordi. La parola chiava è: IDENTITA' PERDUTA.
Non abbiamo scampo, non ho scampo. La nostra mente è il frutto dell' interzione tra geni e ambiente. Gli psichiatri/psicologi possono "tamponare" alcuni disturbi, riportare alcune persono a condizioni tali da garantire loro una vita dignitosa. Ma io sono convinto che ho sofferto, soffro e soffrirò sempre.Non riesco a trovare una "strada" una "via". Ho la sensazione di essere intrappolato dentro me stesso, dentro i miei pensieri, le mie paure, le mie ossessioni. E non mi va di andare avanti in questo modo.
[#5]
Dr. Vincenzo Menniti Psichiatra 126 2
Caro ragazzo,
sarebbe meglio che non si crogiolasse nel suo stato di malessere, abbandonandosi a fantasie romantico-melanconiche, come accadeva alle eroine del tardo ottocento della migliore letteratura francese. Cerchi piuttosto di legger meno libri di psichiatria e di affidarsi a chi ,per poter operare e aiutare chi realmente soffre, dedica anni di studio e dedizione in questa branca della medicina. Si lasci andare meno a rovinose o fantascientifiche risoluzioni dei suoi problemi e se realmente vuole trovare una via d'uscita si affidi a chi è competente in materia.


Cordiali saluti
[#6]
Attivo dal 2007 al 2010
Psicologo
Caro Simone,
ho letto attentamente la Sua storia e sono rimasto molto colpito dalla lucidità con cui ha descritto alcuni aspetti che, spesso, risulta difficile anche solo nominare. Riesco vagamente a immaginare quanto possa essere doloroso trovarsi imprigionato dentro ad una condizione rispetto a cui ci si sente così estranei... Ho però trovato, tra le righe, anche aspetti "buoni" come il coraggio, la capacità di raccontarsi e il desiderio, forte, di essere compreso. Sarò onesto con Lei come Lei lo è stato nel raccontarsi: non so dirLe se la psichiatria, la psicofarmacologia o la psicoterapia-psicoanalisi possano indurre cambiamenti radicali che le permettano, un giorno, di essere "un altro". Sono però certo che esista almeno un modo per far sì che un ragazzo come Lei, intelligente e pieno di risorse, trovi una strada per convivere serenamente con i propri limiti e difetti. Ognuno di noi li ha, compreso chi Le scrive. Il punto è: siamo schiavi o padroni dei nostri limiti? L'unica cosa che non mi ha convinto del suo discorso è la rassegnazione che, per usare un termine musicale, mi pare "dissonante" rispetto alle Sue possibilità. Comprendersi e accettarsi sono compiti incredibilmente complessi e dolorosi, ma non impossibili.

Cordialmente,
Dr. Gianluca Marchesini

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Dr. Giovanni Ronzani Psicoterapeuta, Medico igienista 329 8
Gentile Utente,
è ben comprensibile il profondo stato di disagio in cui si trova, tanto più forte quanto più lucidamente vissuto. Vista la sua ampia cultura ed il modo assolutamente coerente di porsi domande, circa la possibilità di uscire dalla situazione in cui si trova, vorrei avanzare due considerazioni che cercherò di sintetizzare: per tentare di uscire da una situazione indesiderata, da un "mare stagnante" (passatemi la metafora) occorre per lo meno avere cognizione del punto in cui ci si trova, altrimenti ogni tentativo di uscirne sarebbe affidato completamente al caso. In altri ternini per sapere se e quali cambiamenti sono possibili occorrerebbe trovare gli elementi di una diagnosi, diagnosi che comunque non dovrebbe essere puramente descrittiva e ateorica, ma idonea a capire se ed in quale direzione è possibile un cambiamento. Seconda considerazione: Nel nostro psichismo gioca un ruolo importante sia il domiono logico-formale che quello emotivo. Ora, cercare di afferrare una problematica affidandosi ad uno solo dei due dominii potrebbe far perdere gran parte delle informazioni utili alla comprensione del problema.
Nella speranza di averle propsto utili spunti di riflessione le invio un cordiale Saluto
dr. Giovanni Ronzani

Cordiali Saluti

dr Giovanni Ronzani

[#8]
dopo
Utente
Utente
vorrei gentilmente ringraziare quanti mi hanno scritto e sostenuto con le loro parole. Oggi sono un uomo di 36 anni che ha quasi del tutto sconfitto quello stato morboso che offuscava la mia mente.Lavoro in una azienda farmaceutica , mi sento realizzato e felice. gli anni di psicoterapia cognitivo - comportamentale mi hanno aperto "porte nuove", mi hanno offerto la possibilità di vivere una "seconda vita".
Ringrazio , nello specifico , specialmente il dott. Ronzani che mi ha offerto ,in quel periodo doloroso, lo spunto per seguire un percorso.

Grazie a tutti Voi

un abbraccio.

s.