La malattia di Crohn perianale

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Dr. Edoardo Liberatore Chirurgo generale, Colonproctologo

Il Morbo di Crohn (MC) è una Malattia Infiammatoria Cronica Intestinale (MICI) che può interessare l’intero tubo digerente, dalla bocca all’ano.
Esso è stato anche definito enterite segmentaria a causa della sua tendenza ad interessare le vie digestive a tratti: zone colpite dalla malattia si alternano così ad altre completamente sane. Nel Morbo di Crohn l’intensa infiammazione che colpisce la parete intestinale determina due principali conseguenze: le stenosi o le fistole.

Nel primo caso l’intestino appare ispessito, spesso in più punti, ed il suo lume ridotto: il contenuto intestinale transita pertanto con difficoltà, il quadro clinico sarà caratterizzato da episodi più o meno gravi di occlusione intestinale e parleremo di Morbo di Crohn fibro-stenosante.

Nel secondo invece l’infiammazione determina l’accollamento di più anse intestinali tra loro o con gli organi vicini o la cute, favorendo lo sviluppo di comunicazioni (fistole entero-enteriche, enterovescicali, entero-vaginali, entero-cutanee, etc.), ascessi e, più raramente, perforazioni: parleremo in tal caso di Morbo di Crohn fistolizzante.

Una circostanza particolarmente invalidante è quando il Morbo di Crohn causa ascessi o fistole perianali, cioè infezioni a partenza dalla parete dell’ano-retto, che guadagnano i tessuti circostanti e tendono pian piano a farsi strada verso la cute perianale. Tali evenienze, segnalate in almeno il 45% dei pazienti, si manifestano con dolore, febbre, perdite di sangue e secrezioni maleodoranti ed impattano in maniera fortemente negativa sulla qualità di vita dei pazienti.

 

Diagnosi

Nella diagnosi, oltre alla visita da parte di un proctologo che abbia esperienza di malattie infiammatorie intestinali, possono essere d’aiuto l’ecografia endorettale e la risonanza magnetica della pelvi. Spesso infatti le fistole perianali associate al Morbo di Crohn sono delle fistole complesse, con tramiti plurimi e ramificati e cavità ascessuali multiple che possono risultare di difficile identificazione al semplice esame obiettivo.

Nei pazienti affetti da Morbo di Crohn è stata osservata un’ampia gamma di manifestazioni perianali: marische, emorroidi, ragadi, ulcere, fistole e ascessi, stenosi e raramente anche il carcinoma dell’ano. Tutte queste, presenti con frequenze differenti e diverse modalità di presentazione, sono accomunate dalla scarsa tendenza alla guarigione e dalla frequente recidiva in caso di trattamento, motivo per cui l’approccio terapeutico deve essere particolarmente prudente.

Marische Perianali
Sono delle appendici cutanee a partenza dall’orifizio anale, più o meno grandi e spesso conseguenti a precedenti ragadi o emorroidi. In linea generale se ne sconsiglia l’escissione chirurgica data la scarsa tendenza alla guarigione, a meno che la loro presenza non sia causa di intensi fenomeni irritativi e rendano difficoltosa una corretta igiene locale.

Emorroidi
L’emorroidectomia chirurgica o con stapler (PPH) ed anche la semplice legatura elastica sono generalmente controindicate a causa della scarsa tendenza alla guarigione, della possibilità che all’intervento consegua una stenosi dell’ano o del retto e dell’aumentata incidenza di complicanze postoperatorie, come dolore, sanguinamento e disturbi funzionali.

Ragadi
Le ragadi anali nei pazienti con Morbo di Crohn sono generalmente poco dolorose e tendono alla guarigione spontanea nella maggior parte dei pazienti. Pertanto se ne sconsiglia il trattamento chirurgico e devono essere privilegiate le misure conservative.

Stenosi Anorettali
Per i pazienti sintomatici è indicata la dilatazione anale digitale o con appositi dilatatori.

Ascessi e Fistole Anali
Presenti nel 14-38% dei casi, hanno una spiccata tendenza a recidivare, necessitando di trattamenti multipli durante l’evoluzione cronica della malattia. Pertanto, trattandosi spesso di pazienti giovani, socialmente attivi e pienamente inseriti nel contesto lavorativo, l’obiettivo terapeutico si è progressivamente focalizzato, nel corso degli anni, dalla chiusura dei tramiti fistolosi al raggiungimento di una buona qualità di vita. Per la valutazione della gravità delle manifestazioni perianali in un paziente con Morbo di Crohn, è stato strutturato il PDAI (Perianal Disease Activity Index) che valuta l’entità del problema in base a 5 parametri: presenza di secrezione, dolore, limitazioni nell’attività sessuale, tipo di malattia perianale, indurimento dei tessuti perianali.

Per approfondire:SIBO: La sovracrescita batterica intestinale

Il Trattamento degli Ascessi e delle Fistole Anali

Gli ascessi perianali devono essere sottoposti a drenaggio chirurgico. La fistulotomia di una fistola perianale “bassa” non dovrebbe essere associata al trattamento d’urgenza a causa del rischio di una ritardata guarigione. Gli ascessi perianali che interessano i tessuti più profondi possono essere dovuti alla presenza di una fistola “alta” e dovrebbero essere trattati mediante incisione, drenaggio e posizionamento di setone, cioè di un filo di lattice o silicone, che passa attraverso il tramite fistoloso impedendo lo sviluppo di raccolte ascessuali.

Il trattamento medico si avvale dell’uso di antibiotici, farmaci immunosoppressori e farmaci biologici. Sebbene non esistono studi clinici randomizzati che abbiano dimostrato l’efficacia degli antibiotici nel trattamento del Morbo di Crohn perianale, è frequente la prescrizione di metronidazolo o ciprofloxacina per periodi di 3-4 mesi. Anche per i farmaci immunosoppressivi come l’azatioprina, la 6-mercaptopurina e la ciclosporina, non è stata dimostrata efficacia nel determinare la chiusura delle fistole perianali associate al Morbo di Crohn.

Fra i cosiddetti farmaci biologici la maggiore esperienza esistente è con l’infliximab, un anticorpo monoclonale contro un mediatore infiammatorio denominato TNF-alfa. Esistono studi che ne hanno dimostrato l’efficacia nel determinare la chiusura e la riduzione del numero delle fistole perianali secernenti: la chiusura di almeno il 50% delle fistole veniva mantenuta nel 68% dei pazienti trattati, contro il 26% del gruppo placebo, mentre la chiusura di tutte le fistole si manteneva per 4 settimane nel 55% dei pazienti trattati contro il 13% del gruppo placebo (Present DH, 1999; Sands B, 2002).

Ai fini del trattamento chirurgico l’AGA, American Gastroenterological Association, ha proposto nel 2003 di semplificare la classificazione delle fistole perianali, identificando due gruppi principali: le fistole semplici e quelle complesse. Le fistole semplici hanno un tragitto superficiale, un solo orifizio esterno, non sono accompagnate da ascessi né da comunicazioni con la vagina o la vescica, né da significativa proctite o stenosi del retto. Le fistole complesse invece hanno tramiti profondi, che abbracciano buona parte dello sfintere anale, hanno multipli orifizi esterni, possono essere accompagnate da ascessi perianali, comunicazioni con vescica o vagina e da gradi diversi di stenosi o flogosi del retto.

Le fistole semplici rispondono meglio al trattamento, e pertanto possono essere sottoposte ad un intervento di messa a piatto con elevate possibilità di guarigione. Quelle complesse sono molto più difficili da curare e se trattate con un approccio chirurgicamente troppo aggressivo possono condurre il paziente all’incontinenza in quanto esse interessano estesamente l’apparato sfinteriale muscolare del retto. Per questo motivo, e tenendo presente l’elevata tendenza alla recidiva di queste fistole, è sempre opportuno attenersi ad un atteggiamento conservativo e rispettoso dell’integrità dello sfintere anale. A titolo di esempio, in una paziente con fistola retto-vaginale, una volta verificata l’assenza di flogosi a livello rettale, anziché procedere alla messa a piatto del tramite fistoloso può essere presa in considerazione la chiusura del tramite e l’allestimento di un lembo di scorrimento endorettale, in modo da rispettare l’integrità anatomica.

Dai primi anni 2000 inoltre, e spesso in associazione con altre tecniche, sono stati sperimentati l’uso della colla di fibrina o di un plug (tappo), con lo scopo di obliterare il tramite fistoloso: i risultati sono ancora contraddittori e si attestano intorno al 50% di successo.

In casi selezionati e particolarmente refrattari agli altri tentativi terapeutici può essere necessario eseguire la diversione fecale, cioè il confezionamento di una colostomia con affondamento del moncone rettale e la proctectomia, cioè l’asportazione di un retto irrimediabilmente malato con confezionamento di una colostomia definitiva. Il primo intervento, eseguibile anche in laparoscopia ha lo scopo di evitare la contaminazione fecale della zona malata ed in associazione con il posizionamento di un setone e/o l’esecuzione di trattamenti medici, può facilitare la guarigione locale. Si tratta di una procedura reversibile, essendo sempre possibile un intervento di ricanalizzazione intestinale una volta migliorate le condizioni locali e generali. La proctectomia invece, sicuramente più invasiva e invalidante in quanto associata ad una colostomia permanente, è riservata ad una minoranza di casi (10-15%) nei quali tutti gli altri trattamenti hanno fallito.

Va tenuto presente che spesso è solo associando trattamenti medici e chirurgici che si raggiunge la guarigione: uno studio italiano del 2010 su 35 pazienti ha dimostrato che i pazienti nei quali l’intervento chirurgico veniva seguito dalla somministrazione di infliximab guarivano in un tempo significativamente minore e rimanevano liberi da malattia per un periodo più lungo rispetto ai pazienti sottoposti ad una sola modalità di trattamento, medica o chirurgica (Selvaggi, 2010).

Inoltre bisogna ricordare che i farmaci biologici, ed in particolare l’infliximab, possono essere somministrati anche localmente, con iniezioni intorno al tramite fistoloso ripetute ogni mese per 4-6 volte, con percentuali di successo superiori al 50% e minore incidenza di effetti collaterali rispetto alla somministrazione sistemica del farmaco.

Dando uno sguardo al futuro, alcune incoraggianti segnalazioni in letteratura pongono l’accento sull’uso delle cellule staminali di derivazione adiposa come utile opzione riparativa in caso di fistole perianali complesse, con percentuali di successo che supererebbero il 70%. Tali incoraggianti osservazioni preliminari andranno vagliate nel lungo periodo, ma ampliano il ventaglio delle armi a disposizione del clinico nella gestione di casi talvolta molto difficili (Garcia-Olmo, 2003 e 2009).

In definitiva possiamo affermare che il Morbo di Crohn perianale, in particolare quando si manifesta con fistole o ascessi, rappresenta un problema clinico complesso, che richiede un approccio multidisciplinare e collaborativo tra il gastroenterologo ed il chirurgo, riservando la chirurgia ai casi rivelatisi refrattari all’iniziale trattamento medico ed utilizzando un algoritmo terapeutico che, cominciando con l’approccio meno invasivo, preveda in caso di insuccesso l’adozione di provvedimenti progressivamente più invasivi.

 

Data pubblicazione: 28 aprile 2013

Autore

e.liberatore
Dr. Edoardo Liberatore Chirurgo generale, Colonproctologo

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1990 presso Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Pescara tesserino n° 2773.

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