Helicobacter Pylori ed eradicazione nel 2011: qualcosa è cambiato

andreafavara
Dr. Andrea Favara Gastroenterologo, Chirurgo apparato digerente, Colonproctologo, Chirurgo generale

Le recenti novità emerse dalla Letteratura modificano in parte l' approccio terapeutico al paziente helicobacter pylori positivo.

Una recente revisione della letteratura mondiale dell’ ultimo anno ha permesso di mettere a fuoco alcune questioni irrisolte a proposito di Helicobacter Pylori e della sua eradicazione.

E’ noto infatti come le terapie eradicanti comunemente utilizzate di primo livello non ottengano il risultato desiderato nella totalità dei casi trattati e si è da sempre alla ricerca della terapia più efficace e meno gravata da effetti collaterali.

L’impressione emersa dai lavoro recenti è che le percentuali di eradicazione con la terapia triplice classica siano in diminuzione e si attestino intorno all 80%: Helicobacter Pylori, quando come e chi trattare.

Sono stati quindi valutati nuovi antibiotici nella terapia di primo livello e quello che sembra dare risultati più significativi e promettenti è la levofloxacina utilizzata al posto della claritromicina: in un lavoro ha permesso di aumentare le eradicazioni efficaci dal 66% all’83% con risultati ancora migliori se utilizzata con modalità sequenziale, ovvero iniziando la terapia con claritromicina e proseguendo con levofloxacina nella seconda parte del trattamento.

Il problema irrisolto è quello della resistenza a questo antibiotico che sembra essere in aumento e ad esempio in Spagna è passata dal 6% al 25% negli ultimi 5 anni facendo ipotizzare aumenti ancora più significativi nei prossimi anni.

La levofloxcina sembra indicata nei pazienti allergici alle penicilline come terapia di prima scelta.

 

Il secondo farmaco che ha attirato l’attenzione dei ricercatori è il bismuto, utilizzato in associazione alla triplice terapia classica soprattutto nella nuova formulazione che prevede l’assunzione di un’unica compressa contentente le dosi necessarie dei quattro farmaci, semplificandone quindi molto la somministrazione ed aumentando la compliance.

Anche qui si è raggiunto in un lavoro l’80% di eradicazione, percentuale che sale al 94% se la terapia viene proseguita per 14 giorni rispetto ai 7 dello schema classico.

 

Ulteriore novità sembra essere la conferma che associare un probiotico, ed in particolare Saccaromyces boulardii allo schema classico permette di ottenere migliori risultati in quanto, riducendo gli effetti collaterali degli antibiotici, aumenta il numero di pazienti che completano la terapia e quindi ottengono l’ eradicazione.

Sembra invece smentito il dato secondo il quale aver assunto inibitori di pompa protonica tipo omeprazolo prima dell’inizio della terapia eradicante (come spesso succede nella pratica clinica) riduca l’efficacia della stessa.

 

Terapia mirata e personalizzata

La considerazione conclusiva riguarda l’opportunita’ di personalizzare la terapia eradicante abbandonando il concetto di una terapia singola adatta a tutti.

Sono state valutate ad esempio le capacità di metabolizzare i farmaci presenti nelle diverse etnie geneticamente determinate e si è visto ad esempio che nei caucasici i metabolizzatori ‘lenti’ sono circa il 3% mentre negli asiatici si arriva fino al 20% ed al contrario gli europei sono metabolizzatori rapidi nel 18-27% della popolazione.

Il dato ha un risvolto pratico relativamente all’assunzione di inibitori di pompa e si è visto che aumentare il dosaggio nei metabolizzatori rapidi permette di ottenere maggiori eradicazioni.

Un lavoro italiano ha invece identificato diversi tassi di eradicazione nei pazienti indigeni rispetto ai migranti, suggerendo diversi regimi di eradicazione in base all’etnia, e dal Giappone arriva il dato secondo il quale i pazienti giovani hanno più frequentemente effetti collaterali ed interrompono più spesso la terapia rispetto agli anziani.

I pazienti diabetici infine ottengono con maggiore difficolta’ l’eradicazione.

 

In conclusione...

Sembra ancora lontana la terapia ideale e standard, questi nuovi dati tuttavia permettono di ottenere migliori risultati nel singolo paziente con le nuove associazioni e riducendo la possibilità di effetti collaterali e quindi di terapie interrotte precocemente.

E’ compito del gastroenterologo mantenersi aggiornato sulle nuove evidenze e offrire al proprio paziente il meglio con la consapevolezza che, in questo come in tutti i campi della medicina, nel giro di pochi anni le indicazioni si modificano rispetto al recente passato.

 

Fonte:

Helicobacter,16, s1,53-58,9 2011

 

Data pubblicazione: 13 settembre 2011

Autore

andreafavara
Dr. Andrea Favara Gastroenterologo, Chirurgo apparato digerente, Colonproctologo, Chirurgo generale

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1991 presso Universita' Studi Milano.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Milano tesserino n° 31610.

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