Diventare padre dopo un tumore

giovanniberetta
Dr. Giovanni Beretta Andrologo, Urologo, Patologo della riproduzione, Sessuologo

Quando si è colpiti da un tumore pensare che sia possibile mantenere la propria fertilità, una volta che la malattia è stata debellata e si è finito tutto l’iter terapeutico, è sicuramente una prospettiva positiva sia sull’equilibrio emotivo sia esistenziale; si può riprendere un normale pensiero di vita

Introduzione

Quando si è colpiti da un tumore pensare che sia possibile mantenere la propria fertilità, una volta che la malattia è stata debellata e si è finito tutto l’iter diagnostico-terapeutico, è sicuramente una prospettiva positiva sia sull’equilibrio emotivo sia esistenziale di un uomo; si può pensare, in modo più concreto, che sarà più facile riprendere un normale pensiero di vita.

E’ questo il principale motivo per cui oggi i medici, che hanno in cura un uomo con problemi oncologici che si ammala in piena età fertile, non devono mai dimenticare questa importante prospettiva e quindi, insieme al paziente, devono valutare sempre attentamente tutti i possibili effetti nocivi sulla fertilità delle terapie proposte, l’eventuale desiderio futuro di un figlio da aprte del paziente e quindi prospettare tutte le adeguate e mirate contromisure.

Diventare padri, dopo un tumore è possibile senza conseguenze per la salute né del genitore né della prole: https://www.medicitalia.it/minforma/urologia/336-tumore-al-testicolo-come-preservare-la-fertilita.html-tumore-testicolo-preservare-fertilita.html.

Infatti, in assenza di particolari sindromi ereditarie (ad esempio neoplasie causate dalla presenza di un gene alterato sin dalla nascita perché già ereditato), non esiste nessuna evidenza scientifica che nella prole di un uomo con neoplasia, ben trattata, ci sia un aumento dei tassi di malformazioni o di cancro.

Le probabilità mensili di concepire un bimbo in una popolazione umana senza problemi di salute risultano vicine al 30%; queste si riducono al 20% dopo i 35 anni e al 10% dopo i 40 anni.

Sappiamo bene che la fertilità diminuisce con l’età in modo particolare nella donna mentre nell’uomo alcuni parametri del liquido seminale si riducono sensibilmente dopo i 35 anni ma l’uomo rimane fertile, anche oltre i 50 anni.

 

Trattamenti antitumorali 

Tipo di tumore e relativa prognosi, età del paziente, terapie o trattamenti da seguire e patologie concomitanti, capaci di compromettere ulteriormente le fertilità, sono tutti fattori da tenere presenti e da cui può dipendere la capacità futura di un maschio a riprodursi.

I trattamenti per un problema oncologico hanno quasi sempre nell'uomo effetti collaterali che si traducono alla fine in una riduzione importante e significativa del numero di spermatozoi, della loro morfologia normale e della motilità progressiva ed infine, da non dimenticare, il verificarsi di una possibile alterazione del loro DNA.

Molti trattamenti chirurgici possono determinare un importante danno anatomico diretto sulle gonadi oppure un’alterazione del risposta sessuale; ad esempio interventi che prevedono lesioni alle strutture neurologiche, che controllano la risposta sessuale, possono scatenare un’aneiaculazione, cioè una mancata eiaculazione oppure, un'eiaculazione retrograda e quindi infertilità.

Gli esiti dei trattamenti chemioterapici sulla fertilità maschile sono difficili da predire, data l’elevata variabilità clinica che caratterizza ogni singolo paziente coinvolto in un queste problematiche.

In generale possiamo però dire che l’uomo adulto ha gli organi riproduttivi più sensibili al danno da chemioterapia rispetto al maschio prepubere e che la ripresa dell’attività a livello delle gonadi, quando queste sono danneggiate, aumenta con il tempo intercorso dalla fine del trattamento.

Gli agenti alchilanti (in particolare: ciclofosfamide, ifosfamide, nitrosouree, clorambucil, melfalan, busulfan, procarbazina, carmustina, lomustina) e l’uso del carboplatino e del cisplatino si associano sempre ad un maggior rischio di determinare una infertilità mentre, di contro, un basso rischio è associato all’uso di metotrexate, fluorouracile, vincristina, vinblastina, bleomicina e dactinomicina.

Le strategie radioterapeutiche, a livello dello scavo pelvico, possono produrre un danno a livello dei testicoli e dell’apparato uro-genitale, alterazioni che sono sempre proporzionali al dosaggio di radiazione ricevuto; tutto questo può determinare delle sterilità temporanee o permanenti. Con le moderne tecniche di radioterapia è possibile ridurre al minimo il coinvolgimento dei genitali che vengono interessati solo quando questo è veramente indispensabile e necessario.

Ricordiamoci ancora che anche una radioterapia, per la presenza di un problema oncologico a livello cerebrale, può compromettere la fertilità di un uomo perché questo trattamento può alterare la secrezione di quegl’ormoni, prodotti a livello dell’ipotalamo e dell’ipofisi, cioè le gonadotropine, che sono le sostanze capaci a loro volta di stimolare, a livello testicolare, la produzione adeguata di spermatozoi.

Anche in questo caso bisogna essere attenti e informare in modo corretto il paziente sul suo futuro “riproduttivo”.

Come difendere la fertilità di un uomo colpito da un tumore

Nel maschio preservare la propria fertilità è sicuramente più facile e semplice rispetto alle signore e, a maggior ragione bisogna, prima di iniziare una qualsiasi terapia specifica, pensare alla raccolta e alla crioconservazione del liquido seminale.

Questa prospettiva, poiché non richiede lunghi tempi di programmazione, dovrebbe essere offerta a tutti i maschi che devono subire trattamenti antitumorali (ad esempio una radioterapia o una chemioterapia) sempre potenzialmente spermiotossici.

Il liquido seminale, generalmente e preferibilmente è raccolto tramite masturbazione, viene crioconservato, per periodi indefiniti, in contenitori di azoto liquido a temperature vicine a meno 197 °Celsius; varie possono essere il numero delle raccolte, generalmente più di una ed è per questo che bisogna con un certo anticipo inviare il paziente ad una banca del seme.

A questo proposito dobbiamo ricordare che i virus dell’epatite C e B, l’HIV e il CMV (citomegalovirus) si possono trasmettere anche nell’azoto liquido e quindi i nostri pazienti, prima della crioconservazione, devono compiere alcune indagini virologiche; se un paziente risulterà positivo a qualche marker virale, il suo campione di liquido seminale verrà crioconservato in un contenitore d’azoto a parte.

Dopo un’astinenza sessuale di 3-5 giorni, il paziente dovrà dare il suo seme che, nella malaugurata ipotesi di una successiva sterilità dopo terapia, potrà essere poi utilizzato eventualmente in una tecnica di riproduzione assistita e permettere così una futura paternità.

Molti lavori scientifici, anche in popolazioni “non oncologiche”, hanno dimostrato che con una particolare tecnica di riproduzione medicalmente assistita, chiamata ICSI, che prevede l'iniezione intracitoplasmatica di un solo spermatozoo, i tassi di successo sono significativamente buoni e possono variare dal 20 al 40% di successi per tentativo.

Da quanto detto diventa un imperativo categorico per tutti i medici, che vivono queste tematiche, informare in modo preciso e dettagliato i loro pazienti oncologici, su quali passi devono essere fatti per cercare di preservare la loro futura e potenziale fertilità.

Queste recenti possibilità riproduttive aprono nuove e più concrete speranze di futura paternità fino a qualche decennio fa impensabili, e sono diventate anche un reale sostegno psicologico positivo per tutti questi uomini che, colpiti da un tumore, devono affrontare frequentemente iter diagnostici e terapeutici complessi e non sempre “facili”.

 

Per approfondire:

  1. Loren AW, Mangu PB, Beck LN, et al: Fertility Preservation for Patients With Cancer: American Society of Clinical Oncology Clinical Practice Guideline Update. J Clin Oncol 31:2500–2510, 2013
  2. Preservazione della fertilità nei pazienti oncologici - AIOM - Associazione Italiana di Oncologia Medica. Available       from: http://www.aiom.it/area+pubblica/area+medica/prodotti+scientifici/linee+guida/Preservazione+della+fertilita% 27+nei+pazienti+oncologici/1,3128,1,
  3. Howell SJ, Shalet SM: Spermatogenesis after cancer treatment: damage and recovery. J Natl Cancer Inst Monogr 12–17, 2005
  4. Lee SJ, Schover LR, Partridge AH, et al: American Society of Clinical Oncology recommendations on fertility preservation in cancer patients. J Clin Oncol 24:2917–2931, 2006
  5. Longhi A, Macchiagodena M, Vitali G, et al: Fertility in male patients treated with neoadjuvant chemotherapy for osteosarcoma. J Pediatr Hematol Oncol 25:292–296, 2003
  6. Per orientare i giovani pazienti oncologici, sul tema della fertilità (www.aimac.it, www.gemmedormienti.org).
  7. Registro Nazionale della Procreazione Medicalmente Assistita dell’Istituto Superiore di Sanità (www.iss.it/rpma)

 

Data pubblicazione: 01 settembre 2015

Autore

giovanniberetta
Dr. Giovanni Beretta Andrologo, Urologo, Patologo della riproduzione, Sessuologo

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1977 presso Università di Milano.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Firenze tesserino n° 12069.

Iscriviti alla newsletter

Guarda anche fertilità 

Contenuti correlati