L’efficacia della psicoanalisi: Freud & Jung avevano ragione?

alessandro.raggi
Dr. Alessandro Raggi Psicologo, Psicoterapeuta

Per anni la ricerca scientifica è stata "snobbata" dagli psicoanalisti, ma ora abbiamo prove che confermano la validità delle teorie Freudiane

Psicoanalisi e psicoterapia psicodinamica: un rapporto difficile con la ricerca

Per molti anni, con i pazienti in fila dietro la porta, psicoanalisti e psicoterapeuti psicodinamici hanno sempre avuto atteggiamenti di sufficienza verso gli studi sistematici sull’efficacia dei trattamenti. A differenza dei colleghi nel campo delle terapie basate su modelli cognitivo-comportamentali, ove invece, sin dagli esordi di quei modelli terapeutici, si è data grande attenzione ai rilievi delle ricerche standardizzate.

C’è da premettere che la psicoanalisi, da cui sono comunque derivate le terapie psicodinamiche, non considera esattamente la cura del sintomo come il suo scopo principale, ma si pone con non celata ambizione obiettivi di portata molto più ampia, come la liberazione dell’uomo dalle catene dell’omologazione sociale, la sua libertà, la realizzazione e addirittura la felicità. Per Freud,infatti, è proprio la felicità lo scopo della vita umana.

Altri fattori, più empirici, che hanno influito sulla scarsa attenzione alla ricerca in psicoanalisi, risiedono, inoltre, nella difficoltà di randomizzazione, conduzione e standardizzazione di studi sugli esiti di trattamenti che durano a lungo termine. Il problema di reperire un gruppo di controllo poi, non è da meno. La psicoanalisi in particolare, ma tutte le terapie psicodinamiche richiedono una componente motivazionale nel paziente che di norma ne prevede un’autoselezione a monte. Sarebbe difficile dunque per i ricercatori l’assegnazione casuale a una o l’altra modalità di trattamento, come previsto da molti protocolli di ricerca. Inoltre, soprattutto negli studi sui trattamenti a lungo termine, molti volontari abbandonano per diversi motivi lo studio e ciò ne inficia la precisa valutazione degli esiti.

Risultati diversi, invece, hanno conseguito già da alcuni anni gli studi scientifici sull’efficacia dei trattamenti psicodinamici a breve termine (meno di 40 sedute), che sono risultati più validi nella cura di alcuni specifici disturbi.

 

Il trattamento psicoanalitico Vs. la terapia cognitivo-comportamentale: una questione qualitativa

Le persone che intraprendono un trattamento psicodinamico o psicoanalitico, conseguono cambiamenti di natura diversa da pazienti che intraprendono trattamenti più focalizzati, come ad esempio quelli cognitivo-comportamentali.

Negli studi sull’argomento, sono stati considerati pazienti che in entrambi i trattamenti si dichiaravano soddisfatti. Eppure questi pazienti descrivono i risultati ottenuti in modi molto diversi.  Per coloro che hanno intrapreso un percorso focalizzato (cognitivo-comportamentale) il tema centrale è il risultato rispetto al problema, i metodi appresi per gestire la loro difficoltà, la correzione di emozioni e comportamenti ritenuti disfunzionali.

I pazienti che hanno ricevuto trattamenti espressivi (psicodinamici), invece, tendono a parlare di cambiamenti più ampi, che riguardano l’intera personalità. (Nilsson e altri, 2007). In questo trattamento, lo scopo percepito e conseguito dalle persone, è spesso l’affrontare dal punto di vista psicologico le verità fondamentali dell’esistenza umana, della propria relazione con gli altri, con la società, la difficoltà ad affrontare le ambivalenze dell’amore e dell'odio, la vita.

Ovviamente ciò non significa che il cambiamento ottenuto dai pazienti in trattamento cognitivo-comportamentale (così come presumibilmente per altri tipi di psicoterapia) non riguardino l’intera personalità. Anzi, è probabile che assieme alla risoluzione sintomatica vi sia comunque una riorganizzazione complessiva della personalità dell’individuo e un miglior funzionamento globale. Mentre però nelle terapie psicodinamiche lo scopo è esattamente questo, nelle terapie cognitivo-comportamentali la riorganizzazione della struttura di personalità può essere più un effetto indiretto che lo scopo. E comunque questi sono evidentemente solo i risultati della percezione dei pazienti.

La psicoanalisi non ponendosi come unico scopo la “cura” ha, infatti, una pluralità scopi che sono stati così sinteticamente identificati [i] nella letteratura classica sul tema:

1. Psicoanalisi come terapia

2. Psicoanalisi come rieducazione
‐ Lo scopo rieducativo comporta che l’analista possa essere attento alle modalità di relazione che il paziente attua nella situazione analitica come nella realtà della vita quotidiana.

3. Psicoanalisi come processo di conoscenza
‐ Secondo la psicoanalisi, la scoperta del proprio mondo inconscio, cioè di parti di sé non note né immediatamente accessibili, conduce ad una maggiore consapevolezza di se stessi e del proprio modo di essere, garantendo all’individuo una maggiore e più ampia libertà di scelta circa il proprio destino.

4. Psicoanalisi come maturazione
- Il trattamento psicoanalitico è un esperienza profonda della propria vita interiore, dei sentimenti e delle emozioni che la animano, e questo induce ineluttabilmente una maturazione. In quest’ottica gli analisti tendono a favorire progressi verso l’individuazione (Jung), l’emancipazione (Adler), la verità (Lacan).

 

La ricerca

Le terapie focalizzate hanno dunque, come visto, una lunga storia di ricerche a supporto della loro validità scientifica, ma non è corretto per questo affermare che siano le più valide scientificamente. Le prime ricerche comparate sulla validità delle psicoterapie, hanno dimostrato, infatti, che l'efficacia dei modelli cognitivi è pari e in alcuni casi specifici anche inferiore a quella di altre forme di terapia.

Le ricerche condotte già negli anni '70 (Luborsky, Smith & Glass) proseguite negli anni '80 (Brown, Andrews, Smith, Smith & Miller), danno evidenza di questi risultati.

Dopo gli studi sull’efficacia (Bateman e Fonagy, 1999) dei trattamenti psicoanalitici per i disturbi gravi di personalità come il disturbo borderline, nel 2008 (Leichsering e Rabung), si è dimostrato che le terapie psicodinamiche a lungo termine sono le più efficaci per quanto riguarda problemi specifici di funzionamento della personalità.

L’elettività della psicoanalisi nel campo dei disturbi di personalità, era comunque già ampiamente riconosciuta nella pratica clinica. Abbiamo inoltre aggiunto numerosi studi, negli ultimi 20 anni, che danno evidenza all’efficacia di questa terapia nelle forme d’ansia e nelle depressioni, infatti, per quanto la psicoanalisi sia nata con Freud proprio per la cura dei disturbi d’ansia, per i motivi descritti sopra le ricerche sono sempre state basate quasi esclusivamente sulla clinica.

 

La psicoterapia psicodinamica negli USA

La terapia psicodinamica, già forte dell’evidenza clinica della sua efficacia, ha comunque positivamente beneficiato di questi studi più recenti (non ultime le scoperte delle neuroscienze che rendono ragione a molte delle intuizioni di Freud) e i frutti anche in termini di rinnovato riconoscimento a livello mondiale come vedremo non sono mancati.

Il Residency Review Committee [ii] (RRC) statunitense prevede per i medici specializzandi in psichiatria un percorso formativo di 48 mesi teorico-pratico. Questo percorso deve integrare nozioni di prevenzione, diagnosi e trattamento dei disturbi mentali, includendo la conoscenza obbligatoria dei principali orientamenti in psicoterapia.

Nel 2005 l’RCC ha revisionato l’obbligatorietà di alcuni percorsi di studi per le conoscenze in psicoterapia degli specializzandi e ridotto da cinque a tre gli orientamenti in psicoterapia considerati obbligatori e indispensabili per tutti i medici specializzandi in psichiatria negli USA.

Assieme alla terapia supportiva e alla terapia cognitivo-comportamentale, la psicoterapia psicodinamica sia a breve sia a lungo termine, rimane, per la più grande struttura mondiale di formazione in psichiatria, una delle poche modalità di trattamento ritenute  fondamentali per coloro che lavorano nell’area della salute mentale.

 

L’efficacia della psicoanalisi: le prove empiriche di Shedler

Più recentemente, le ricerche di Shedler (2010), professore di Psichiatria presso l'Università del Colorado (USA) e direttore del servizio di Psicologia dell'ospedale psichiatrico universitario, hanno nuovamente riportato all’attenzione degli studiosi e degli psicoanalisti l’importanza della conduzione di studi rigorosi nel campo delle terapie psicodinamiche.

I risultati dello studio di Shedler, hanno, infatti, dimostrato che seppur con le difficoltà proprie della ricerca sui risultati della psicoanalisi, si possono condurre ugualmente studi sistematici di grande rilevanza e di importanti dimensioni. Lo studio è stato infatti condotto su più di 1.400 pazienti e la meta-analisi ha riguardato oltre 160 ricerche su terapie psicodinamiche e altre forme di terapia, incluse le terapie farmacologiche.

La psicoanalisi a lungo termine, si è dimostrata persino valida in confronto ad alcuni trattamenti farmacologici.

E' stato evidenziato dai ricercatori come in molte forme di terapia, basate su evidenze più empiriche, i terapeuti più efficaci utilizzino in realtà delle modalità proprie degli psicoanalisti, come: l'esplorazione dei modelli relazionali, il facilitare l'auto-osservazione, l'esame di punti "ciechi" negli aspetti emotivi. In una serie di studi sulla depressione Shedler e i suoi collaboratori, hanno notato che quanto più i terapeuti, indipendentemente dal loro modello e dal loro orientamento, utilizzavano un atteggiamento psicodinamico, più risultava efficace la terapia.

Oggi possiamo affermare che le prove empiriche dell’efficacia delle terapie psicodinamiche sono molto robuste, anzi, confrontando le dimensioni degli effetti terapeutici, in questa ricerca le terapie psicodinamiche si dimostrano particolarmente efficaci nel lungo periodo rispetto ad altre forme di terapia, con miglioramenti che oltretutto continuano anche dopo la fine della terapia, esattamente come sinora teorizzato nella teoria psicoanalitica, sia nei disturbi depressivi che nei disturbi d'ansia.

 

L’ansia come conflitto inconscio: le ultime scoperte danno ragione a Freud

Alcuni professori dell'Università del Michigan che hanno trascorso decenni che applicando scientifici allo studio della psicoanalisi, hanno presentato nuovi dati sostenendo un nesso di causalità tra il concetto psicoanalitico di conflitto inconscio e i sintomi da disturbi d'ansia, come le fobie, il panico e le ossessioni. Gli Studi [iii] dell’equipe guidata dal Prof. Howard Shevrin, Ph.D., professore emerito di psicologia presso il servizio U-M Medical School di Psichiatria (Michigan USA), sembrano dimostrare un legame tra conflitti conscio/inconscio e i sintomi del disturbo d'ansia, contribuendo a fornire supporto empirico alla psicoanalisi.

A detta dello stesso Shevrin, i risultati ei metodi interdisciplinari utilizzati - che attingono alla psicoanalisi, psicologia cognitiva e neuroscienze - dimostrano che è possibile sviluppare un disegno interdisciplinare scientifico basato sulla teoria psicoanalitica.

Adolf Grünbaum, Ph.D., professore di filosofia della scienza presso l'Università di Pittsburgh, sinora un critico di primo piano della psicoanalisi e della teoria freudiana, ha espresso soddisfazione rispetto ai nuovi risultati, che a suo avviso, se aggiunti alle prove precedenti, dimostrano che i concetti fondamentali della teoria psicoanalitica possono finalmente essere testati in modo empirico.

 

Freud

Bibliografia e letteratura

  • Bateman e Fonagy (1999). “Effectiveness of partial hospitalization in the treatment of borderline personality disorder: a randomized controlled trial” - (Am. J. Psychiatry,).
  • Anderson, E. M., & Lambert, M. J. (1995). "Short-term dynamically oriented psychotherapy: A review and recta-analysis." (Clinical Psychology Review)
  • Leichsenring, F & Rabung. S (2008). “The effectiveness of long-term psychodynamic psychotherapy: a meta-analysis.” -  Journal of the American Medical Association (JAMA).
  • Nilsson, Thomas; Svensson, Martin; Sandell, Rolf; Clinton, David (2007,2008) “Patients' experiences of change in cognitive-behavioral therapy and psychodynamic therapy: a qualitative comparative study.” (Psychotherapy Research).
  • Shedler, J.  (2010). “The efficacy of psychodynamic psychotherapy.” (American Psychologist). Tradotto in Italia: L’efficacia della terapia psicodinamica (Psicoterapia e Scienze Umane, 2010, XLIV, 1: 9-34).
  • Bazan, Ariane; Van Draege, Kim; De Kock, Liesbet; Brakel, Linda A. W.; Geerardyn, Filip; Shevrin, Howard (2012). “Empirical evidence for Freud's theory of primary process mentation in acute psychosis.” (Psychoanalytic Psychology)

Web

Il sito dell'APA (American Psychological Association) sulla ricerca di Shedler: http://www.apa.org/news/press/releases/2010/01/psychodynamic-therapy.aspx

 

Riferimenti

[i] Semi A.A. (a cura di) (1988) Trattato di psicoanalisi, Vol. I. e II Milano, Cortina.

[ii] Il Residency Review Committee è il comitato di training e tirocinio dell’Accreditation Council for Graduate Medical Education (ACGME), la struttura che determina l’accreditamento dei percorsi formativi dei laureati, dei laureandi e degli specializzandi in tutte le discipline di medicina negli Stati Uniti.

[iii] Science Daily (16 giugno 2012)

 

 

Data pubblicazione: 03 ottobre 2012

Autore

alessandro.raggi
Dr. Alessandro Raggi Psicologo, Psicoterapeuta

Laureato in Psicologia nel 1997 presso La Sapienza - Roma.
Iscritto all'Ordine degli Psicologi della Regione Campania tesserino n° 5670.

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