Cardiomiopatia dilatativa

Gentile dottore chiedevo un consulto per mio fratello affetto da cardopatia dilatativa is chemica con severa disfunzione ventricolo re sinistra. Cardiopatie is chemica cronica stabile. Pregresso infarto mio cardiaco Q anteriore. Trombosi apicale ventricolo re sinistra con aneurisma. Ipercolesterolemia. La coronografia ha mostrato una occlusion cronica di IV A prossimale e di coronarie destra medio distal. La scintigrafia ha evidenziato pregressa necrosis Dell apice, della parete inferiore, della parete anteriore e del setto, ed assenza di vitalità nei territori tributari dei vasi con occlusion e cronica. Alla fine si è optato per strategia conservativa. È stata data la cura adeguata ed ha consigliato il defibrillatore che dopo mille problemi creati da mio fratello alla fine ha messo. Inoltre la risonanza alla fine ha confermato che nn si evidenzia vano aree da rivasvollarizzare. La mia domanda da sorella è ma non si può intervenire in nessuno modo per garantirgli una sopravvivenza lunga? Oppure alla fine si arriva con il trapianto. Inoltre a livello genetico è una malattia che avrà il suo seguito in famiglia... A livello familiare dobbiamo fare qualcosa? La ringrazio anticipatamente egregio dottore. Certa di una sua risposta.
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Dr. Chiara Lestuzzi Cardiologo 1.5k 64 3
Da come lei descrive la situazione, mi sembra che non ci siano altre possibilità oltre alla terapia medica; se l'occlusione delle coronarie ha causato un infarto che è evoluto in cicatrice, anche riaprendole (o facendo un by-pass) non cambierebbe nulla. E' come una pianta che sia rimasta a lungo senz'acqua: finchè ci sono ancora delle parti vitali, ridando acqua la pianta (o almeno una parte) si può riprendere; ma se la pianta si è seccata non può riprendersi più.
L'impianto del defibrillatore è il principale intervento salvavita, in quando previene la morte improvvisa, e ha fatto bene a farlo.
Per il resto, la cosa più importante è fare in modo che il miocardio residuo (non infartuato) funzioni al meglio compensando almeno in parte il difetto della parte infartuta.
Questo si ottiene con la terapia medica, dove la ricerca sta studiando sempre nuovi farmaci da aggiungere a quelli vecchi quando questi non sono sufficienti.
Quanto alla genetica: ci può essere una predisposizione familiare, ma l'evoluzione alla malattia conclamata dipende spesso in gran parte dagli altri fattori di rischio (fumo, ipercolesterolemia, ipertensione, obesità...) che devono essere controllati.

Dr. Chiara Lestuzzi
Cardiologia, Centro di Riferimento Oncologico (CRO), IRCCS, Aviano (PN)

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