Alla c.a. dr. vannucchi

Egregio Dottore,
mi rivolgo a Lei perché ho visto che è specializzato sia in psichiatria che in farmacologia.
Il mio problema è questo: dopo alcuni colloqui con uno psichiatra, mi è stato proposto di assumere Sereupin.
Secondo il medico, io non rientro pienamente in nessuna diagnosi psichiatrica; sostiene che le mie difficoltà siano dovute alla mia intelligenza (abbiamo passato due sedute a fare test ed è risultato q.i.134) e ad alcuni traumi subiti durante la crescita.
I miei sintomi sono questi: inversione notte/giorno, emozioni fortissime alternate e sensazione di vuoto si alternano molto velocemente, a volte addirittura più volte nello stesso giorno, senso di colpa fortissimo, senso di fallimento (per anni non sono riuscita a toccare libro e ancora adesso ci sono giorni in cui ho un blocco totale. In pratica o studio 11 ore al giorno o ne studio 0, senza via di mezzo), mi affeziono tantissimo a persone che a malapena sanno che esisto (spesso professori, ovviamente inconsapevoli... lo psichiatra dice che ricerco la figura paterna), solitudine enorme (stare con i miei coetanei semplicemente non mi interessa) che "colmo" immaginando dialoghi con i miei scrittori preferiti, crisi d'identità molto forte (e in particolare un momento penso di essere una persona intelligente e capace e magari due giorni dopo mi sento la persona più stupida e inutile del mondo), e ahimè pensieri di morte (però: mai provato il suicidio e mai commesso autolesionismo)

Lo psichiatra ha detto che in parole povere sono un po' borderline ma che non avendo impulsi (anzi sono molto riflessiva) discontrollati non mi somministrerà nessuno stabilizzatore dell'umore. Gli impulsi naturalmente ci sono, compreso a volte l'impulso di farmi del male, ma io semplicemente immagino di farmi male e mi sento subito molto meglio, senza farmi mai del male davvero.

La domanda è questa... io rifiuto categoricamente di assumere Sereupin (e tutti gli altri ssri) perchè ho letto su vari articoli scientifici (studio medicina) che cambiano la personalità. Ho anche avuto esperienza diretta di una mia parente che ha cominciato ad assumere effexor a dicembre e di un'amica che da poco assume invece prozac ed entrambe sono diventate due persone completamente diverse, sicuramente molto più felici, ma anche tanto più superficiali e scanzonate e addirittura sembrano non essere neanche consapevoli di aver avuto opinioni e pensieri diversi.

Che cosa ne pensa?
[#1]
Dr. Tommaso Vannucchi Farmacologo, Psichiatra, Tossicologo 7.9k 408
Gentile utente
i farmaci non ghanno lo scopo di cambiare la personalitrà ma di riequilibrare ciò che è alterato;non avendola visitata non posso fare una diagnosi precisa ma se le hanno detto di essere border (che si confonde molto spesso con disturbi dell'umore es bipolare etc) è strettamente necessario intervenire farmacologicamente eventualmnente in associazione a psicoterapia al fine di garantire una "vita normale" so cosa provano i miei pazienti con queste problematiche e quanto si stia male essere in preda a rwepentini sbalzi di umore e "scatti di impulsività" con conseguenze negative a livello sociale familiare etc

Tommaso Vannucchi

[#2]
Attivo dal 2009 al 2010
Ex utente
Gentile Dottore,
so che non è lo scopo dei farmaci cambiare la personalità, e che lo scopo sarebbe semplicemente quello di eliminare i disagi patologici.
Il problema è che a me pare proprio che cambino anche la personalità, e in particolare che la appiattiscano.
Articoli scientifici che ho letto sembrano dimostrarlo, però io vorrei sentire anche il Suo parere su questo argomento.

Vorrei aggiungere che il mio problema non è l'impulsività, che riesco a controllare molto (probabilmente perché come dice il mio psichiatra non sono borderline al 100% per fortuna), ma piuttosto quello che il mio psichiatra definisce "harm avoidance"
[#3]
Dr. Tommaso Vannucchi Farmacologo, Psichiatra, Tossicologo 7.9k 408
mi scusi ma vedo delle contraddizioni nella sua diagnosi,una caratteristica tipica del border è l'impulsività( e per questo rientra nel cosiddetto cluster B del DSM-IV) che è una situazione opposta all'harm avoidance
[#4]
Attivo dal 2009 al 2010
Ex utente
Non so, vedo che i sintomi secondo il dsm sono:
1. Frequenti ed immotivate oscillazioni dell'umore
2. Persistente instabilità nell'immagine di sé
3. Frequenti ideazioni suicide e/o comportamenti autolesivi
4. Senso cronico di vuoto e inutilità
5. Paura ingiustificata dell'abbandono, che spinge spesso a comportamenti manipolatori e/o possessivi atti ad evitare lo stesso
6. Comportamenti impulsivi in almeno due aree a rischio, quali ad esempio: gioco d'azzardo, guida spericolata, abuso di sostanze, disturbi dell'alimentazione, sessualità promiscua o sregolata
7. Sintomi dissociativi infrequenti e, comunque, circoscritti a periodi di particolare stress (para-allucinazioni)
8. Marcata disforia e reattività emotiva, incapacità di controllare la rabbia e/o comportamenti eterolesivi
9. Oscillazione fra estremi di idealizzazione e svalutazione all'interno delle relazioni interpersonali

e posso dire di avere sicuramente 1, 2, 3, 4, 5, 9.
Il 6 sicuramente non ce l'ho, il 7 non ho ben capito cosa sia e per quanto riguarda la rabbia lo psichiatra dice che ho il problema opposto, cioè di reprimerla esageratamente.

Se ho capito bene cosa mi ha detto lo psichiatra, ha parlato di harm avoidance perché evito di andare agli esami per paura di non passarli, evito contatti con altre persone per paura di stare male (dato che sono instabile emotivamente), evito situazioni in cui devo espormi (compreso il contatto con parenti che potrebbero chiedermi degli esami ecc.)
[#5]
Dr. Tommaso Vannucchi Farmacologo, Psichiatra, Tossicologo 7.9k 408
allora non vedo altra scelta che un trattamento con stabilizzanti dell'umore e/o serotoninergici
[#6]
Attivo dal 2009 al 2010
Ex utente
Gentile Dottore,
vorrei porLe queste domande dirette:
1) Lei pensa che la psicoterapia non sia sufficiente per trattare harm avoidance?
2) Dalla sua esperienza e conoscenza, i farmaci ssri cambiano effettivamente la personalità, come si dice in molti articoli scientifici?
3) Se una persona è in pericolo per idee suicide e rifiuta i farmaci, questi possono essere somministrati contro la sua volontà? Questo non è il mio caso (non ho mai effettuato tentativi di suicidio), ma una curiosità

Vorrei aggiungere una cosa.. l'idea di prendere il farmaco mi fa stare malissimo e se penso di assumere il farmaco mi vengono dei fortissimi impulsi autodistruttivi e penso che se lo assumessi (dato che ci mette anche un po' a fare effetto) penso che subito dopo potrei farmi del male realmente.
Capita mai che i pazienti rifiutino così categoricamente il farmaco?
[#7]
Dr. Tommaso Vannucchi Farmacologo, Psichiatra, Tossicologo 7.9k 408
allora nel suo caso Le conviene sottoporsi (considerate le sue ostilità al trattamento farmacologico) ad un trattamento psicoterapeutico
[#8]
Attivo dal 2009 al 2010
Ex utente
Non è possibile avere una risposta anche alle altre domande?

[#9]
Dr. Tommaso Vannucchi Farmacologo, Psichiatra, Tossicologo 7.9k 408
Per concludere rispondendo alle sue domande, se vuole sapere se i farmaci cambiano la personalità le posso dire che se lo fanno lo fanno nel migliore dei modi facendo stare bene il paziente(pensi ad una persona affetta da depressione con anedionia che dopo trattamento con antidepressivi riprende ad avere uno stile di vita adeguato)
per la terza domanda è ovvio che in casi particolari si può ricorrere al trattamento sanitrario obbligatorio
e termino con una domanda quale riviste sono quelle dei "suoi articoli scientifici"?
[#10]
Attivo dal 2009 al 2010
Ex utente
Gentile Dottore,
La ringrazio per la risposta. So che è una discussione scomoda perchè può influenzare chi prende già questi farmaci o chi si accinge a farlo, ma secondo me non si può far finta che il problema non esista e non è giusto spazientirsi con una persona solo perchè si pone delle domande che interferiscono con il trattamento ideale.

Se fossero stati somministrati antidepressivi a Schopenhauer o a Leopardi, che ne sarebbe stato di due geni? Avrebbero vissuto una vita più felice ma il loro talento sarebbe andato perso. Il talento infatti non stava nella depressione ma in altri tratti della loro personalità, che però l'antidepressivo avrebbe spazzato via insieme alla depressione.
Fa benissimo a prendere antidepressivi chi ha dei progetti estremamente concreti. Se io avessi, ad esempio, dei figli, non esiterei a tentare in tutti i modi, compresi quelli farmacologici, di recuperare il mio
equilibrio il più velocemente possibile.

"Far star bene il paziente" per Lei e per i suoi colleghi significa renderlo ben integrato nella società, nel senso di dargli sia la possibilità di integrarsi (più estroverso, meno ansioso, ecc.) sia la VOGLIA di integrarsi se prima non ce lo aveva. Quindi l'antidepressivo cambia non solo le attitudini del paziente ma anche i suoi interessi. Ne fa una personalità nuova, funzionale, sociosintonica. E' come avere un oggetto quadrato ma solo cassetti rotondi. Non si cerca un altro posto per quell'oggetto, non si cerca di fargli vivere bene la sua forma particolare, ma si decide di renderlo anch'esso rotondo.

Anche secondo me la depressione è una malattia, il problema è che il farmaco non si limita a curare la depressione (la malattia), ma altera anche i tratti che sarebbero egosintonici (come introversione, perfezionismo, riflessività...).

Gli articoli che ho letto provengono dall'"american journal of psychiatry", non posso riportarle gli articoli perchè solo dall'università ho accesso pieno alla rivista. Posso però riportarle un altro articolo letto:
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19996037


Mi dispiace molto averLa infastidita, io ho molta stima delle persone che come Lei ogni giorno sono alle prese con il dolore psichico e con l'ambiguità.

[#11]
Dr. Tommaso Vannucchi Farmacologo, Psichiatra, Tossicologo 7.9k 408
non mi ha infastidito affatto!
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