Laboratorio di analisi e problema di deontologia
Buon giorno. Vi scrivo per chiedere un parere ed un consiglio su un fatto increscioso che mi sta facendo vivere male.
La settimana scorsa ho effettuato delle analisi presso un laboratorio privato di Roma. Si trattava di analisi del sangue, complete e con l'aggiunta del test per l'HIV e altri possibili virus. Un test, che ho fatto soltanto per controllo. Mi avrebbero dovuto consegnare i risultati sabato scorso, ma recandomi negli orari indicati mi è stato comunicato che non potevano darli, in quanto non disponevano di un "reagente" per alcuni test. Oltre alla scortesia di non avermi avvertito per tempo, hanno aggiunto che avrei dovuto aspettare almeno altri 3/4 giorni per ritirarle. Tollerante come sempre, mercoledì scorso ho telefonato e, con rinnovata scortesia, la dottoressa (che non mi è stata passata al telefono, ma che si sentiva parlare a distanza) ha fatto sapere che entro questo sabato (ovvero domani) potevo ritirarle, aggiungendo che cosa volessi... No comment sul nuovo posticipo e sulla cafonaggine del dialogo indiretto.
Il fatto increscioso è avvenuto ieri. Ero nel bel mezzo di una riunione di lavoro e alle 9.30 di mattina, mi chiama un'impiegata del laboratorio, dicendomi che "dovevo" recarmi da loro entro le 14 per ritirare le analisi. Entro le ore 14, perché la dottoressa "doveva" parlarmi e dopo sarebbe andata via. Al che, coi sudori freddi che cominciavano a farsi sentire, ho detto subito che per le 14 non potevo recarmi a ritirarle (ero lontanissimo) e che sarei passato l'indomani (oggi). L'impiegato risponde di attendere, sempre con tono gelido, e contatta la dottoressa, la quale gli dice che avrei potuto ritirarle sabato mattina (cioè domani) in sua presenza dalle 9 alle 12 (senza appuntamento).
Il tempo di attesa, mi ha dato modo di prendere un po' di forza e di rispondere che esigevo maggiori chiarimenti in quel preciso momento: vi erano problemi con le mie analisi, era risultato qualcosa? L'impiegato ha detto che non poteva dirmi nulla. Al che ho replicato che volevo parlare con la dottoressa, ma si è rifiutato di passarmela, aggiungendo peraltro, con tono seccato, che se fossi passato venerdì (cioè oggi) non me le avrebbero consegnate perché le teneva personalmente la dottoressa. Vi lascio immaginare il mio stato d'animo (ero malato di qualcosa di grave?), ma non ho potuto far altro che affermare che mi sarei recato sabato.
Un collega che ha assistito alla mia conversazione, ha tentato di rassicurarmi dicendo che anche a lui era capitato una storia simile con una struttura privata e con un ritardo di consegna. Pure nel suo caso, mi ha detto, gli hanno consegnato le analisi brevi manu, scusandosi per il ritardo. In sostanza, si sarebbe trattato di una prassi (brutale?).
Ora, a parte questo tentativo di consolazione, chiedo a voi se sia deontologicamente (e legalmente) corretto il comportamento del laboratorio.
E' possibile mai che se passassi oggi non mi dicano nulla, perché la dottoressa non è presente di venerdì?
E' legalmente accettabile che si allarmi una persona per telefono (cellulare privato, rilasciato proprio per comunicazioni importanti), senza indicargli anche genericamente, dopo tante insistenze, la causa di detta modalità di consegna?
Oggi vorrei passare presso il laboratorio, dopo una notte passata in bianco e tante preoccupazioni, ma ho paura di fare una piazzata, che non è nel mio stile.
Consigliatemi e esprimete un parere, se potete. Grazie fin d'ora.
La settimana scorsa ho effettuato delle analisi presso un laboratorio privato di Roma. Si trattava di analisi del sangue, complete e con l'aggiunta del test per l'HIV e altri possibili virus. Un test, che ho fatto soltanto per controllo. Mi avrebbero dovuto consegnare i risultati sabato scorso, ma recandomi negli orari indicati mi è stato comunicato che non potevano darli, in quanto non disponevano di un "reagente" per alcuni test. Oltre alla scortesia di non avermi avvertito per tempo, hanno aggiunto che avrei dovuto aspettare almeno altri 3/4 giorni per ritirarle. Tollerante come sempre, mercoledì scorso ho telefonato e, con rinnovata scortesia, la dottoressa (che non mi è stata passata al telefono, ma che si sentiva parlare a distanza) ha fatto sapere che entro questo sabato (ovvero domani) potevo ritirarle, aggiungendo che cosa volessi... No comment sul nuovo posticipo e sulla cafonaggine del dialogo indiretto.
Il fatto increscioso è avvenuto ieri. Ero nel bel mezzo di una riunione di lavoro e alle 9.30 di mattina, mi chiama un'impiegata del laboratorio, dicendomi che "dovevo" recarmi da loro entro le 14 per ritirare le analisi. Entro le ore 14, perché la dottoressa "doveva" parlarmi e dopo sarebbe andata via. Al che, coi sudori freddi che cominciavano a farsi sentire, ho detto subito che per le 14 non potevo recarmi a ritirarle (ero lontanissimo) e che sarei passato l'indomani (oggi). L'impiegato risponde di attendere, sempre con tono gelido, e contatta la dottoressa, la quale gli dice che avrei potuto ritirarle sabato mattina (cioè domani) in sua presenza dalle 9 alle 12 (senza appuntamento).
Il tempo di attesa, mi ha dato modo di prendere un po' di forza e di rispondere che esigevo maggiori chiarimenti in quel preciso momento: vi erano problemi con le mie analisi, era risultato qualcosa? L'impiegato ha detto che non poteva dirmi nulla. Al che ho replicato che volevo parlare con la dottoressa, ma si è rifiutato di passarmela, aggiungendo peraltro, con tono seccato, che se fossi passato venerdì (cioè oggi) non me le avrebbero consegnate perché le teneva personalmente la dottoressa. Vi lascio immaginare il mio stato d'animo (ero malato di qualcosa di grave?), ma non ho potuto far altro che affermare che mi sarei recato sabato.
Un collega che ha assistito alla mia conversazione, ha tentato di rassicurarmi dicendo che anche a lui era capitato una storia simile con una struttura privata e con un ritardo di consegna. Pure nel suo caso, mi ha detto, gli hanno consegnato le analisi brevi manu, scusandosi per il ritardo. In sostanza, si sarebbe trattato di una prassi (brutale?).
Ora, a parte questo tentativo di consolazione, chiedo a voi se sia deontologicamente (e legalmente) corretto il comportamento del laboratorio.
E' possibile mai che se passassi oggi non mi dicano nulla, perché la dottoressa non è presente di venerdì?
E' legalmente accettabile che si allarmi una persona per telefono (cellulare privato, rilasciato proprio per comunicazioni importanti), senza indicargli anche genericamente, dopo tante insistenze, la causa di detta modalità di consegna?
Oggi vorrei passare presso il laboratorio, dopo una notte passata in bianco e tante preoccupazioni, ma ho paura di fare una piazzata, che non è nel mio stile.
Consigliatemi e esprimete un parere, se potete. Grazie fin d'ora.
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Biochimico clinico, Allergologo, Medico di laboratorio
Laboratorio che vai, modi di fare che trovi.
Prendiamo il toro per le corna, capita di avere il test di screening HIV positivo e allora la prima cosa che si deve fare e' ricontrollarlo su un secondo campione. Quindi si telefona al pz. e a seconda dei casi si dice la verita' oppure una balla ma comunque invitando la persona non a "parlare" ma a "rifare il prelievo". Se anche il secondo prelievo e' positivo e confermato dal test di conferma, allora la diagnosi si ha per certa e a quel punto la consegna del referto avviene, per delicatezza e per legge, di persona da medico a paziente, e non tramite i servizi di segreteria che danno via le buste con gli esiti (lei potrebbe dare il talloncino di ritiro a qualcuno, che in cambio del favore potrebbe mettere il naso nei fatti suoi).
In un maschio adulto, scusi la franchezza, se fosse una positivita', noi gli si accenna qualcosa il prima possibile anche al telefono, con tutte le attenuanti del caso (un singolo prelievo davvero non e' mai dirimente), cosi' intanto lo blocchiamo dall'andare in giro a far danni. Cioe' si fa prevalere la tutela della comunita' sul diritto individuale alla delicatezza comunicativa.
Ad ogni modo anche nell'ipotesi peggiore, HIV o altro, la prima cosa da fare e' _sempre_ rifare il prelievo.
Visto che a lei non vogliono controllare il prelievo ma solo parlare, non ho idea di cos'abbiano da dirle, se vorra' poi lei riferirlo, le saro' grato.
Prendiamo il toro per le corna, capita di avere il test di screening HIV positivo e allora la prima cosa che si deve fare e' ricontrollarlo su un secondo campione. Quindi si telefona al pz. e a seconda dei casi si dice la verita' oppure una balla ma comunque invitando la persona non a "parlare" ma a "rifare il prelievo". Se anche il secondo prelievo e' positivo e confermato dal test di conferma, allora la diagnosi si ha per certa e a quel punto la consegna del referto avviene, per delicatezza e per legge, di persona da medico a paziente, e non tramite i servizi di segreteria che danno via le buste con gli esiti (lei potrebbe dare il talloncino di ritiro a qualcuno, che in cambio del favore potrebbe mettere il naso nei fatti suoi).
In un maschio adulto, scusi la franchezza, se fosse una positivita', noi gli si accenna qualcosa il prima possibile anche al telefono, con tutte le attenuanti del caso (un singolo prelievo davvero non e' mai dirimente), cosi' intanto lo blocchiamo dall'andare in giro a far danni. Cioe' si fa prevalere la tutela della comunita' sul diritto individuale alla delicatezza comunicativa.
Ad ogni modo anche nell'ipotesi peggiore, HIV o altro, la prima cosa da fare e' _sempre_ rifare il prelievo.
Visto che a lei non vogliono controllare il prelievo ma solo parlare, non ho idea di cos'abbiano da dirle, se vorra' poi lei riferirlo, le saro' grato.
Questo consulto ha ricevuto 1 risposte e 30.9k visite dal 23/01/2009.
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