Contraddizioni dell'ipertermia

C'è qualcosa che non convince nell'ipertermia in oncologia. L'idea di fondo sembra geniale. Riscaldiamo la zona perchè le cellule sane non ne risentono mentre quelle tumorali si e muoiono. Ma se la cosa è così semplice perchè tanti tipi di ipertermia (capacitiva, induttiva etc.)?
Ma soprattutto: se le cose stessero così, basterebbe usarla da sola e, in più sedute successive, i tumori solidi scomparirebbero del tutto. Infatti anche se le cellule mutassero sotto l'aspetto biochimico la sensibilità al calore rimane la stessa. Invece anche usata in associazione con la chemio o radioterapia dà solo un aiuto. Come mai?
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Dr. Carlo Pastore Oncologo 3.9k 133 1
Gentile Utente,

l'ipertermia agisce secondo differenti modalità e non tutte correlate con l'aggressione diretta alle cellule tumorali. Cercherò di mettere un pò di ordine nei concetti. Sostanzialmente esistono due tipi di ipertermia impiegati in oncologia: capacitiva profonda a radiofrequenza e total body ad infrarosso. La prima impiega una radiofrequenza a 13.56 Mhz per riscaldare in profondità la parte ammalata portando la temperatura intorno ai 43°C. A tale temperatura si ottiene un effetto proapoptotico diretto per la stimolazione di enzimi denominati caspasi che frammentano il DNA cellulare. Il discrime tra cellule sane e malate è dato dalla capacità maggiore della cellula sana di dissipare il calore rispetto a quella malata (attitudini di membrana). La sinergia con chemioterapia invece è per maggiore attivazione enzimatica locoregionale da parte del calore e maggior afflusso locale di sangue medicato. I chemioterapici difatti dopo la loro somministrazione persistono nel circolo sanguigno e debbono essere attivati, modificati, metabolizzati da reazioni enzimatiche che ne determinano l'azione. Da qui la sinergia con l'ipertermia. La sinergia con la radioterapia è invece sull'inibizione della riparazione del DNA delle cellule danneggiate in modo subletale che vengono spinte a morte. Il timing e la sequenza tra radioterapia ed ipertermia è ben schedulato (entro 4 ore dal trattamento radiante). In più l'ipertermia ottiene un effetto stimolante l'immunità locoregionale mediante la produzione di citochine ed antalgico. Per quanto riguarda l'ipertermia total body ad infrarosso il calore penetra lungo tutto il perimetro corporeo sino a 4 cm: stimolando l'immunità del sottocute, agendo in sinergia con taluni chemioterapici (ex. agenti alchilanti), avendo azione antalgica su tutto il corpo. Come mai l'ipertermia non può essere e non è la panacea per tutti i mali? Come le cellule neoplastiche sviluppano meccanismi di resistenza (o già li posseggono) per i chemioterapici e le radiazioni così sviluppano (od hanno già) resistenza al calore mediante la produzione di HSP (heat shock proteins, proteine da shock termico). Tali proteine formano un muro intorno al DNA della cellula malata impedendone la degradazione. In sostanza l'ipertermia deve essere collocata come un utile coadiuvante nell'ambito di una terapia multimodale di aggressione al cancro.

Cari saluti

Dr. Carlo Pastore
https://www.ipertermiaitalia.it/

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dopo
Utente
Utente
Adesso è più chiaro.
Questa faccenda della resistenza ai farmaci è incredibile. Non si riesce ad individuare un meccanismo di funzionamento "stabile" delle cellule tumorali, cioè un meccanismo che non muti pur in presenza di mutazione delle cellule, per poterlo colpire con un farmaco che sarebbe quindi sempre efficace?
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Dr. Carlo Pastore Oncologo 3.9k 133 1
Gentile Utente,

uno dei filoni di ricerca è diretto proprio in questo senso. Occorrerebbe trovare un bersaglio cardine nella crescita e replicazione cellulare che non vada incontro a mutazioni e variabilità. Andiamo avanti.

Colgo l'occasione per porgere i migliori auguri per le prossime festività.

Cari saluti
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dopo
Utente
Utente
Grazie delle risposte.
Una ultima cosa. Oltre l'ipertermia c'è qualcosa altro che può "potenziare" anche di poco la chemioterapia?
Mi risulta che l'assunzione di antiossidanti protegge in qualche modo le cellule in prossimità del tumore (senza ovviamente dare una protezione definitiva). E' vero? In questo caso cosa si potrebbe assumere? Intergatori di superossidodismutasi reperibili in commercio? Ascorbato di potassio di cui ho letto qualcosa ma le fonti non mi sembrano troppo affidabili?
Altro?

Inoltre a proposito dell'ascorbato di potassio le trascrivo un brano scritto da un medico non oncologo:
"nelle cellule cancerose si ha deplezione di potassio (forse
anche perché utilizzano molto le pompe molecolari con cui fra l'altro
espellono anche i chemioterapici, sottraendosi così alla loro azione).
L'impiego del potassio nel bicarbonato o nell'ascorbato
potrebbe quindi risultare indicato a potenziarne l'azione terapeutica."

Per correttezza preciso che il medico in questione parlava di un semplice "razionale" e non di un effetto sicuro e sperimentato.
Io non so precisamente come funzionano le pompe molecolari ma la cosa mi lascia perplesso anche sul piano logico. Fornire altro potassio non avrebbe l'effetto opposto di ridare alla cellule un elemento di cui ha bisogno?
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Dr. Carlo Pastore Oncologo 3.9k 133 1
Gentile Utente,

l'integrazione in oncologia è materia assai ostica. In effetti non riducibile a nulla di preconfezionato. Occorre personalizzare le terapie di supporto e coadiuvanti sulla base della condizione clinica del paziente, dei farmaci che si assumono, dello stato nutrizionale, delle patologie concomitanti, del tipo di neoplasia. Inoltre elementi in eccesso (come ad esempio il potassio) o farmaci prescritti in modo non adeguato possono portare danno al resto dell'organismo piuttosto che beneficio.

Un caro saluto