Tendini del piede morti

Salve,mia sorella di età 26 è stata ricoverata per ferita arto inferiore sinistro con perdita di sostanza,esattamente 60 giorni fa.Durante il primo intervento hanno legato i tendini sul collo del piede e applicata la VAC per tre settimane con buon esito.Successivamente ha subito un intervento di chirurgia plastica sul collo del piede..Ora i dottori si sono pronunciati dicendo che quei tendini sono morti e che dovrà portare la molla di codivilla,altri dottori parlano di "scarpa" o gessetto con il tacco per poter iniziare a camminare..Ora si riscontra piede equino..Se mia sorella è da 2 mesi in un letto di ospedale e non ha fatto nessun tipo di riabilitazione,si può dire con certezza che quei tendini siano morti?In teoria esistono altri interventi per riattivare quei tendini "morti"?so con certezza che il tendine più importante per camminare non è stato compromesso durante l'incidente.Questi tipi di tutori servono solo per qualche tempo per correggere il piede o si deve portare a vita?Grazie per una risposta
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Dr. Antonio Valassina Ortopedico, Chirurgo vascolare 2k 66 47
I tendini non "muoiono" nel senso funzionale del termine, i muscoli si'.
Traduzione: i tendini sono strutture sofisticate a basso metabolismo (con pochissimo apporto di sangue e dunque di ossigeno proprio perche' sottoposti a stress meccanici continui) che hanno il ruolo di trasferire l'azione di muscoli ai segmenti scheletrici e dunque consentirne il movimento, come delle corde. Se una corda e' interrotta non funziona.
I muscoli invece hanno un metabolismo semplice ad alto apporto di ossigeno, ma possono andare incontro a lesioni vascolari o neurologiche o entrambe che ne possono deteriorare o far perdere la funzione. Sono i motori del movimento.
I muscoli poi sono "accesi/spenti" da uan sorta di corrente elettrica poratat da dei cavi: i nervi periferici costituiti dal 2' motoneurone.
I nervi periferici sono invasi dalla corrente solo se a loro arriva dai grandi elettrodotti: il primo motoneurone la cui cellula si trova nel cervello.
Il computer che decide se far affluire o meno la corrente agli elettrodotti (il primo motoneurone) e' il cervello.

In poche parole la sequenza anatomo-funzionale del movimento e' schematizzabile in questo modo: cervello->1' motoneurone (cellula nel cervello)-> 2'motoneurone (cellula nel midollo spinale)-> muscolo -> tendine -> osso.

Semplificando...
Se la lesione e' in periferia a carico del nervo periferico (2'motoneurone) si avra' una paralisi del o dei muscoli innervati da quel nervo.
Ad esempio, se si ha una lesione del nervo sciatico popliteo esterno si avra' una paralisi dei muscoli che permettono l'estensione del piede e delle dita. La mancata attivazione di questi muscoli portera' alla caduta del piede verso il basso che, se non corretta con tutori e FKT adeguata, condurra' ad una deformita' detta "piede equino".
Questo tipo di lesione a seconda dell'eta' e delle condizioni generali del paziente puo' essere trattata con interventi detti "palliativi" in quanto permettono un recupero della funzione utilizzando altri muscoli non previsti per quello scopo specifico.

Se la lesione, invece, e' ancora piu' periferica a carico dei tendini, a seconda dei casi si possono utilizzare interventi di tenodesi (= i tendini vicini con funzione simile vengo agganciati ai tendini interrotti) o di innesti utilizzando altri tendini dello stesso paziente che verranno trasferiti in quella sede.
Ad esempio una lesione dei tendini estensori delle dita del piede puo' portare ad una "caduta" in basso del piede, ma questa deformita' in genere e' meno accentuata di quella della paralisi di tutti i muscoli innervati dal nervo sciatico popliteo esterno, come nell'esempio precedente.
In genere, in questi casi di lesione tendinea, la posizione in "equinismo" e' dovuta ad un insieme di fattori che possono andare dal prolungato allettamento in condizioni di scarsa o nulla attivita' motoria fino a lesioni miste complesse sia dei tendini che dei muscoli a monte e senza dimenticare la possibile rigidita' delle articolazioni interessate del trauma e responsabili di quel movimento particolare.

Tutto dipende, duqnue, dalle condizioni locali dove e' avvenuta la lesione e dallo stato generale del paziente. La decisione sul percorso possibile spetta dunque ai colleghi curanti che conoscono il caso.
Cordialita'
Dr. A. Valassina

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