Ansia, continui brontolii alla pancia. potrebbe esserci diagnosi differenziale?

Salve,
apro qui il consulto perchè è molto probabile che le cose siano strettamente correlate. Io ho sofferto di depressione maggiore con forti somatizzazioni ansiose, ad oggi la depressione è quasi scomparsa, mentre l'ansia mi accompagna costantemente. Assumo un Wellbutrin 300 e uno Zoloft 50 al giorno, dopo aver provato veri cocktail di farmaci questa cura alla lunga sta funzionando incredibilmente bene.

Inizialmente, anni fa, stavo malissimo, le somatizzazion ansiose mi causavano sintomi veramente di ogni genere: contrazioni del collo, pancia, perineali, "click" nella deglutizione, dolori intercostali specialmente a livello del cuore e del fianco sinistro, deficit erettile, stitichezza, calo della libido, eruzioni cutanee, tremori, attacchi di panico, calo della vista, insomma un vero massacro come potete capire e la preoccupazione per la mia salute era alle stelle, tant'è che feci esami di ogni tipo presso ogni qualità di specialista.

Ultimamente sto monitorando alcuni degli ultimi sintomi rimasti, quelli più fastidiosi e tra questi c'è sicuramente un senso di gonfiore, costrizione, tiramento alla parte bassa della pancia, accompagnati da continui brontolii ed espulsioni di aria intestinale. Brontolii che talvolta causano tremori, quindi molto forti.

Il senso di costrizione mi avvolge nella parte bassa come una cintura, propagandosi alla schiena, alla zona perineale, dove ho una sensazione di punturine e forte calore che si propaga sulla sinistra, fino a salire al fianco sinistro. Il tutto poi, come verifico nelle mie sedute di rilassamento, è collegato alla tensione del collo, della gola, del petto, delle "corde" dei testicoli e si propaga anche sulle gambe.

Tuttavia in un esame di tempo fa, spermiocultura, era stata rilevata una presenza di Candida Albicans, curata con terapia antibiotica e poi apparentemente scomparsa. Cercando su internet le possibili motivazioni dei brontolii intestinali, si annovera tra le cause anche la candida che può provocare, da quanto scritto, patologie che (stranamente) possono includere TUTTI i sintomi che ho avuto da quando non sono stato bene ad oggi. Ed è difficile da diagnosticare, sempre secondo quanto letto, specie se è intestinale.

Vabè, avrete già capito la domanda, mi chiedevo se mi conviene fare una verifica riguardo alla candida, ma ancor più di questo, che tipo di esami fare, considerando anche che quello delle feci lo feci (appunto) assieme a tanti altri, tempo addietro.

Come sempre Vi ringrazio della Vostra attenzione.
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Dr. Francesco Saverio Ruggiero Psichiatra, Psicoterapeuta 41.1k 1k 63
Gentile utente,

ma la sua e' una domanda per la psichiatria o per la gastroenterologia?

Secondo me, per quanto riferisca di stare bene, tutto questo giro di valutazioni, monitoraggio, controlli del suo stato dell'intestino e richiesta di esami fa parte di uno stato psichiatrico non in compenso e sarebbe il caso di ottimizzare il trattamento.

Attualmente l'uso di due antidepressivi non trova indicazione in questo modo.

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https://www.instagram.com/psychiatrist72/

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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 990 248
Gentile utente,

Lei affermava che "monitora" i sintomi rimasti, il che può generare un meccanismo confusivo per la loro interpretazione e quantificazione. Il significato di "sintomo" non equivale a quello di manifestazione, le attività che generano brontolii non sono per definizione patologiche. Le ipotesi diagnostiche le fa il medico, che sa meglio come orientarsi tra le varie cause, mentre il procedimento di prendere una situazione e verificare se comporta un sintomo è in genere aspecifica.

Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini

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dopo
Utente
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Gentilissimo Dott. Ruggiero,
la domanda è per gastroenterologia credo, tuttavia siccome come ho spiegato orsù soffro di somatizzazione ansiosa, ho pensato di chiedere prima se questi sintomi possono riguardare strettamente la patologia che già so di avere. Una volta avuto il Vostro parere, procederò anche secondo i Vostri consigli. Se ci pensa un attimo credo che anche Lei convenga con me che questi quesiti per un sito come questo sono l'ideale, perchè non si propongono diagnosi a distanza, consigli su terapie e sostituzioni di visite reali, ma solo consigli sul da farsi. Poi chissà, in effetti potrei essere completamente ammattito a sentire la mia pancia che brontola continuamente... potrebbe essere che brontoli solo nella mia testa e che con qualche farmaco mi riporti al compenso delle funzioni cerebrali ormai pericolosamente destabilizzate!


Gentilissimo Dott. Pacini,
non credo che il medico abbia, come dire, "l'esclusiva" sulla priorità di fare ipotesi. Fortunatamente la letteratura medica è accessibile a chiunque e chiunque può fare ipotesi. Sta poi al medico spiegare dove le teorie del paziente fanno acqua, scovare il male e assegnare la terapia, tuttavia se qualche esame senza effetti collaterali può escludere dubbi e tranquillizzare il paziente (ansioso, nel caso) non vedo perchè non effettuarlo, specie se il paziente se ne commissiona il pagamento.


Vi ringrazio della cortese attenzione.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 990 248
Gentile utente,

La letteratura medica non è accessibile a chiunque, a meno che leggere qualcosa non significhi comprenderlo, il che mi sembra pretendere troppo da sé stessi. Quindi invece sì, il medico come ruolo è quello che deve fare le ipotesi, altrimenti il rapporto viene speso nel verificare le ipotesi suggerite dal paziente, il che mi sembra abbia poco senso.
Quindi la sua visione è da rivedere a mio parere. "Sta poi al medico spiegare dove le teorie del paziente fanno acqua, scovare il male e assegnare la terapia,"
Il passaggio delle teorie del paziente può anche essere saltato, il medico le ascolta cortesemente, poi si concentra sulle sue ipotesi e su quanto ritiene abbia senso investigare, altrimenti specie in situazioni di disturbo somatoformi o di ipocondrie o di ansia il percorso ne risulta alterato. Gli accertamenti fatti senza ipotesi mediche (quelle formulate dal paziente che si è letto una lista di sintomi e cause non equivalgono a ipotesi mediche) hanno una coda ma non hanno un capo.
Capisco bene il discorso del tranquillizzare il paziente, che non è neanche questo corretto detto così. Se il paziente produce ipotesi e il medico le verifica per tranquillizzarlo non sta facendo diagnosi, sta facendo rassicurazione servendosi di referti medici, il che può essere controproducente e peggiorare il rapporto che il paziente ha con i sintomi, inducendolo ad un controllo assiduo e minuzioso di situazioni che non si comprendono più nella loro origine e nel loro svolgimento. Inoltre, il paziente può essere rinforzato nell'idea che ha una certa competenza comunque da integrare a quella del medico, il che disturba in genere il rapporto. Medico e paziente hanno delle prerogative diverse.
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Utente
Utente
Gentilissimo Dottor Pacini,

naturalmente un paziente non può leggere di medicina e capire, tuttavia può fare alcuni collegamenti anche nei confronti di patologie passate, comuni ai familiari e insinuare legittimi dubbi una volta che un certo numero di sintomi può corrispondere a qualcosa che non gli sarebbe nuovo. Siccome uno specialista per sua caratteristica non conosce i trascorsi del paziente e della famiglia, io credo debba prestare attenzione alle perplessità espresse da un nuovo paziente, senza ridurre questo rituale ad un "cortese ascolto", quasi fosse una sorta di banale formalità che affligge il mestiere di una classe superiore di individui selezionati. Cioè qui non si sta parlando di non fare come dice il medico o di voler prendere decisioni sulle terapie, assolutamente. Ma è sempre della salute del paziente che si parla, il paziente non può sentirsi escluso da ogni aspetto riguardante il suo problema in virtù del fatto che rischierebbe di dire la sua in un campo in cui non è competente. Se tutti dovessimo vivere parlando solo di quello che sappiamo con estrema certezza, non si direbbe più nulla.
Inoltre un paziente affetto da disturbo somatoforme deve entrare nell'ottica del suo problema, deve accettare qualcosa di molto arduo, ossia che i disturbi che avverte in realtà non esistono o esistono nella sua testa, che non è proprio il massimo. Significa accettare bene o male di avere problemi mentali, all'organo più importante del corpo e dell'intera vita, credo sia normale voler escludere qualsiasi altra forma di problema.
Oltretutto c'è una domanda che mi pongo spesso: se un domani dovessi avere problemi di salute e il mio stato di ansia immutato, andare dal medico significherebbe sentirmi dire per l'ennesima volta che non ho assolutamente niente? Mi dica Lei, con la probabilità che possa verificarsi una cosa del genere come posso anch'io stare tranquillo e ascoltare sempre cosa dicono i medici, accettarlo, senza dire la mia o esporre le mie perplessità e chiedere di indagare maggiormente sul problema, per quanto "capra" sia in materia.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 990 248
"Inoltre un paziente affetto da disturbo somatoforme deve entrare nell'ottica del suo problema, deve accettare qualcosa di molto arduo, ossia che i disturbi che avverte in realtà non esistono o esistono nella sua testa, che non è proprio il massimo"

Questo è sbagliato. Questo viene fuori dal fatto che se diventa una "lotta" tra richieste di accertamenti suggeriti dal paziente e esiti negativi o "resistenze" del medico, il paziente percepirà che i suoi sintomi non vengono creduti. Il tutto perdendo di vista che se la diagnosi fatta è di disturbo somatoforme o d'ansia, questo è il piano "guida". Ed è un piano concreto, neurologico, nella "testa" nel senso di cervello.
Quel che rischia di divenire "immaginario" è il disturbo così come è composto dai timori o dai collegamenti fatti dal paziente con un razionale che crede fondato e invece non lo è.
L'altra faccia della medaglia è che ovviamente in questo modo l'ansioso poi tenderà ad essere trattato "da ansioso", senza che però si distingua tra allarme per i sintomi e sintomi per allarme.
Il fatto che lei si senta immotivatamente offeso dal commento deriva proprio dal pensiero che debba controllare lei le ipotesi del medico a quattro mani. Lei riferisca le notizie, i collegamenti li fa il medico, altrimenti il medico finisce per diventare una propaggine al disturbo d'ansia o all'ipocondria.

Più i pazienti sono intellgienti, riflessivi e analitici e tendono già a far collegamenti di natura, più è probabile che non accettino i ruoli, e tentino un controllo "a due" in cui uno guida e l'altro se non può guidare gli suggerisce la navigazione, il che semplicemente è poco fattibile.

E' più utile capire meglio il senso di "somatoforme" e il meccanismo delle ansie ipocondriache piuttosto che suggerire ipotesi al medico.
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Utente
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Gentilissimo Dottor Pacini,

"Questo è sbagliato. Questo viene fuori dal fatto che se diventa una "lotta" tra richieste di accertamenti suggeriti dal paziente e esiti negativi o "resistenze" del medico, il paziente percepirà che i suoi sintomi non vengono creduti."

Su questo non sono d'accordo. Se gli esiti sono negativi e la diagnosi del medico è di disturbo somatoforme il paziente riflessivo non può pensare di avere competenze mediche, nè tanto meno credere che i suoi disturbi non vengano creduti. Semplicemente se ne fa una ragione e con più tranquillità, avendo escluso altri fattori, fa un passo fondamentale verso l'accettazione del problema reale. Aumenta anche la fiducia nel medico, aspetto molto importante in questi casi. Il tempo e il denaro portati via dagli accertamenti sono a carico del paziente. Non intralciano nemmeno la terapia assegnata dal medico, che può essere comunque iniziata e, anzi, il loro rifiuto da parte del medico può far rifiutare la terapia al paziente. Se questi accertamenti non costituiscono loro stessi un pericolo, tipo una biopsia, non si capisce il motivo di rifiuto da parte del medico, che nei loro esiti negativi dovrebbe solmente vedere una conferma di quanto è bravo a fare le diagnosi.

"L'altra faccia della medaglia è che ovviamente in questo modo l'ansioso poi tenderà ad essere trattato "da ansioso", senza che però si distingua tra allarme per i sintomi e sintomi per allarme."

Ha detto poco, scusi. Le sembra una consegueza anche solo lontanamente accettabile vista la naturalità con cui assume si possa verificare?
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 990 248
Gentile utente,

non sta capendo credo perché non accetta il discorso, fa delle obiezioni che non colgono il centro del mio discorso.

Esiste una psicologia dell'interazione tra medico e paziente, il quale è portatore di uno stato cerebrale (e quindi mentale). Se la soluzione all'ipocondria fosse fare tutti gli accertamenti disponibili, non esisterebbe l'ipocondria. Se questa fosse la pratica per il paziente ipocondriaco, il paziente alla fine degli accertamenti sarebbe ancora ipocondriaco, probabilmente di più, probabilmente ripeterebbe gli accertamenti da capo dopo una fase di precaria rassicurazione, e avrebbe imparato una lezione diseducativa sul rapporto con il medico e sul ruolo degli esami, che diventano rituali anti-ansia, cosa che non sono se si vuole indirizzare il paziente in maniera corretta.
Il motivo del rifiuto da parte del medico è innanzitutto che il medico non è lì per accettare o rifiutare, ma per decidere e indirizzare.

Infatti le ho proprio detto che facendo come dice Lei, si finisce a un punto morto, o perché il paziente che nonostante gli accertamenti è più preoccupato di prima o come prima, o perché il paziente ha perso "credito" nei confronti del medico, secondo un meccanismo di falsi allarmi ripetuti ed esiti di esami negativi a 360 gradi. In realtà è quando si affida al paziente la gestione dell'orientamento diagnostico che si dà un credito in una formulazione discutibile.
La fiducia nel medico non aumenta se il medico perde il suo ruolo. All'inizio un medico assecondante è quanto di meglio un ipocondriaco cerchi, alla fine è invece privo di autorevolezza.

Lei purtroppo ha una posizione per cui pretende di dirigere lei l'attività del medico, questo è improduttivo.
Non essendo in atto alcuna polemica, se vuole può leggere le risposte per quello che dicono evitando di travisarle secondo una contrapposizione che non sussiste, perché una collaborazione con una gerarchia utile agli scopi.
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dopo
Utente
Utente
Gentilissimo Dottor Pacini,

ha ragione se si parla di pazenti ipocondriaci, ma un paziente che chiede di fare qualche accertamento non è automaticamente ipocondriaco. Non lo sono in generale le persone che si sottopongono periodicamente ad esami del sangue, non lo sono quelle affette da disturbi somatoformi che per una certezza loro si sottopongono ad accertamenti. Io non conosco i metodi per diagnosticare l'ipocondria, ma mi pare di capire che secondo Lei sia estremamente diffusa nei pazienti ansiosi, tanto da sospettarne la presenza ai minimi segni di dubbi del paziente sul proprio problema e sulla diagnosi medica. Onestamente mi pare un'esagerazione.

Per la mia esperienza io ho fatto diversi accertamenti e intanto seguivo la terapia psichiatrica, lungi da me avere la pretesa di saperne più del medico. Ma non ne ho ripetuto nessuno e quando ho finito ero più tranquillo, avendo scongiurato la possibilità di malattie estremamente gravi (per quanto la mia non sia molto da meno) e sarà un anno e mezzo che non faccio accertamenti, solo ultimamente questo dubbio sui gorgoglii di pancia dato l'esito positivo di candida tempo addietro e dato che non era un sintomo contemplato nei miei primi stati di malessere.

Inoltre Le ricordo la seguente frase estremamente grave:

"L'altra faccia della medaglia è che ovviamente in questo modo l'ansioso poi tenderà ad essere trattato "da ansioso", senza che però si distingua tra allarme per i sintomi e sintomi per allarme."

Una frase che descrive una circostanza inaccettabile, che dimostra quanto anche i medici, con l'esperienza, possono prendere incredibili fregature, che alla fine paga il paziente.

Comunque io non voglio mettere in dubbio le sue certezze scientifiche riguardo l'approccio col paziente, sempre che di queste si tratti e non di un suo personalissimo modo di intendere il rapporto con esso.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 990 248
"Una frase che descrive una circostanza inaccettabile, che dimostra quanto anche i medici, con l'esperienza, possono prendere incredibili fregature, che alla fine paga il paziente"

Gentile utente,

io temo che sia portato a fraintendere senza capire per una sua animosità. Questa frase esprime il rischio derivante da una posizione come quella che Lei invece ritiene utile, cioè i suggerimenti del paziente che il medico dovrebbe seguire senza troppe storie. Visto che secondo Lei era un modo utile per approdare a risultati, le faccio presente che invece vi è il rischio di approdare ad un vicolo cieco nel rapporto medico-paziente. Proprio perché sia l'uso del medico come prescrittore di esami da lui non individuati come necessari, sia l'insistenza per "coadiuvarlo" nel suo ruolo sono in partenza atteggiamenti poco costruttivi. Qualche medico mette subito uno stop, altri accondiscendono al fine di rassicurazione e sulla base del fatto che "escludere" in fondo non fa male a nessuno (nel pubblico ci sarebbero anche altri problemi rispetto alle risorse da utilizzare). Questo secondo atteggiamento ha due difetti, ovvero che di solito va a saturazione, cioè presuppone che si giunga ad una tranquillità e tipicamente invece non è così; inoltre spesso proprio questo uso degli accertamenti peggiora la capacità del paziente di gestire l'ipocondria, se ipocondria è.

Il discorso della somatizzazione lo ha voluto discutere Lei, quindi il riferimento è a questa categoria, non al suo specifico caso. Proprio per rendere chiara la diagnosi differenziale tra una cosa e l'altra è bene che il medico si orienti in base ai sintomi e ai segni, non alle indicazioni del paziente.

Non c'è ragione di far polemica, per cui onde evitare la prosecuzione di questi toni considereri chiuso il consulto.

Saluti
[#11]
dopo
Utente
Utente
Gentilissimo Dottor Pacini,

chiudiamo pure il consulto, in effetti mi rendo conto che la discussione si è distaccata parecchio dall'argomento portante, come si dice nel gergo della rete siamo Off Topic.

Mi dispiace che abbia inteso i miei toni come inadatti, io Le posso assicurare che mai e poi mai era mia intenzione portare la discussione ad una lite sull'etica della professione medica. Il mio obbiettivo, dato che Lei disapprovava la mia idea, era solo quello di capire a fondo come mai la mia idea era a Suo dire completamente sbagliata.
La polemica è nata da questo, ma più che di polemica parlerei di discussione. Io, sebbene Lei continui a sottolineare la mia scarsa capacità di comprendonio, credo di aver capito le Sue motivazioni. Tuttavia Le ripeto che a mio parere fa riferimento a casi limite quando parla degli aspetti negativi della mia idea, parla di raggiungimento di un vicolo cieco nel rapporto medico-paziente, di aggravamento ipocondriaco. Certamente sono possibilità da tenere a mente, come a mio avviso lo è anche quella che dopo aver eseguito alcuni accertamenti, proposti dal paziente, che hanno avuto esito negativo, il paziente possa tranquillizzarsi, riconoscere la ragione del medico e aumentare la fiducia, accettando la propria situazione clinica. Ma Lei non mi riconosce nemmeno lontanamente questa possibilità e coninua ad estremizzarne gli aspetti negativi, sicchè Le ho portato la mia esperienza dove questo approccio ha funzionato. Purtroppo non posso parlare di altri casi, ma solo del mio.
Inoltre la Sua seguente frase:

"Qualche medico mette subito uno stop, altri accondiscendono al fine di rassicurazione e sulla base del fatto che "escludere" in fondo non fa male a nessuno"

credo significhi che in fondo un parziale conseguimento della mia idea non è del tutto insensato, visto che lo fanno anche altri medici. Cosa che mi porta a pensare che il suo metodo drastico sia, più che scientificamente il solo perseguibile in quanto il solo ad essere corretto, coadiuvato dalla Sua personale idea su come debba svilupparsi un rapporto medico-paziente.

Spero, almeno stavolta, di aver scritto qualcosa di sensato.

Comunque La ringrazio di avermi dedicato il Suo tempo, rileggerò sicuramente il tutto e cercherò di capire meglio le Sue ragioni, per quanto la mia cultura in materia certamente non brilli.

La saluto e mi auguro di risentirLa.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 990 248
"Lei continui a sottolineare la mia scarsa capacità di comprendonio,"

Gentile utente,

Io le ho dato della persona "intelligente", spiegandole al tempo stesso come le persone intelligenti tendono a commettere alcuni errori nel decidere quale debba essere il loro ruolo in situazioni che non possono controllare con basi di conoscenza. Fare il paziente non è una questione di arguzia o di intelligenza, specie quando si crede di poter, in base al proprio livello culturale o di analiticità, di entrar dentro le decisioni.
Inoltre, i presupposti di un disturbo che coinvolge alcune funzioni mentali per definizione configurano un irrigidimento nelle posizioni dettate dal disturbo (in parole povere: l'ansioso "prende" le cose in maniera ansiosa, compresi i concetti della cura, ad esempio ha terrore delle medicine, e così via, ogni disturbo ha le sue specifiche rigidità).
Chi crede che gli sia dovuta una compartecipazione alla cura finisce per ritrovarsi poi in un rapporto impostato male che non gli torna poi utile e comodo, con le varianti dell'opposizione al medico, dell'autogestione, o dell'impressione di non essere creduto.
La maggior parte delle persone con sintomi "somatoformi" si arena per questa via su posizioni del tipo "i miei sintomi non sono immaginari !", oppure "secondo me non si è escluso bene tutto", oppure "il medico non mi ascolta a sufficienza", oppure "non mi sono riuscito a spiegare bene", oppure "non voglio fare io il medico, però se posso dare un piccolo suggerimenti etc etc".

Il tutto era per spiegarle come questo non sia funzionale alla diagnosi e alla cura.
Gli estremi del suo caso e le diagnosi relative le gestirà poi il suo medico, che siano somatoformi o somatiche.
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