Psicofarmaci e difficoltà con lo studio

Gentili dottori,
sono uno studente di 22 anni di origini calabresi, ma vivo attualmente a Roma per frequentare la facoltà di Lettere.
A dover essere sincero, probabilmente non sono mai stato una persona in pace con sè stessa: fin da prima dell'adolescenza, anche probabilmente per via della mia storia familiare, sono sorte in me problematiche interne che poi negli ultimi anni sarebbero sfociate in pensieri ossessivi, crisi depressive, repentini e significativi sbalzi d'umore e problemi di varia natura nel relazionarmi con le altre persone, giusto per menzionare le cose principali.
Arrivato a Roma per frequentare l'università (2012), in seguito al peggioramento della mia situazione psicologica ho avuto l'occasione (e la sfortuna) di incontrare uno psichiatra e una psicanalista, che mi prendo tutta la presunzione di definire poco all'altezza della situazione, in quanto interessati unicamente al proprio tornaconto e non alla mia salute.
Così lo scorso anno, dopo le vacanze di Natale, non potendone più di tre sedute settimanali di analisi e dei farmaci che mi erano stati prescritti (Zyprexa, Depakin, Cipralex, En), che avevano praticamente avuto su di me unicamente effetti collaterali (aumento significativo del peso, stordimento, ecc.), anche in seguito al largo abuso che ne ho fatto, ho preso la decisione di tornare nella mia Calabria, dove sono stato preso in cura (circa un anno fa) da un altro medico (psichiatra e psicoterapeuta), il quale è stato capace di rimettermi piano piano in carreggiata in un lasso di tempo di neanche un anno (tant'è che ad oggi grazie a lui mi trovo di nuovo a vivere a Roma, e dal punto di vista psicologico sto discretamente bene). Lui mi ha prescritto una nuova terapia [Efexor (fino a 225 mg), poi cambiato in Zoloft (200); Abilify (7,5); Lamictal (100), Topamax (100), Mirtazapina (1/4 o 1/2 da 30)], ma abbiamo lavorato anche molto attraverso un approccio psicodinamico.
Uno dei problemi che sto però riscontrando è quello relativo allo studio. In tre anni di università sono riuscito a sostenere solamente tre esami. Posto che prima ci sono state difficoltà a livello prettamente psicologico (ora ridimensionate), ora che sto meglio sto comunque avendo grossissime difficoltà nell'apprendimento e nella fissazione dei concetti che leggo sui libri, quindi nella loro memorizzazione: leggo, comprendo, mi piace anche molto quello che studio, ma dentro poi non mi resta praticamente nulla, e non riesco ad esternare ed esprimere le nozioni, nonostante tante riletture e l'applicazione di metodi che prima erano efficaci.
Nell'attesa di sentire quel che ha da dire il mio terapeuta quando lo rivedrò tra 2 settimane (non lo incontro da 2 mesi), ci terrei ad avere anche un altro parere, e magari qualche consiglio pratico da parte vostra, visto che l'anno prossimo finirò fuoricorso e mi mancano ancora 19 esami. La mia soluzione (poco prudente, lo riconosco) è stata per ora quella di sospendere in blocco l'assunzione.

Grazie e buon lavoro.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 990 248
Gentile utente,

Manca la diagnosi, che sarà sicuramente stata fatta. Le terapie sono quelle di un disturbo bipolare, associato magari a un disturbo d'ansia (ossessivo ?).

Non è assolutamente chiaro perché sia stato utilizzata la psicanalisi.

In attesa di sentire quel che il suo medico ha da dire le viene in mente l'assurdità di sospendere in blocco la terapia ? Perché mai questo gesto così inutilmente pericoloso ? Ha seguito una cura fino ad ora, tra poco vede il suo medico, non vedo il senso della sua soluzione.

Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini

[#2]
dopo
Utente
Utente
Gentile Dottor. Pacini,
la ringrazio innanzitutto per aver risposto. Mi scusi, intanto, se c'è qualcosa di poco chiaro nella mia richiesta, ma lo spazio per scrivere purtroppo era limitato e non era sufficiente per spiegare tutto quanto nel dettaglio.
Quanto alla diagnosi, intanto, faccio riferimento a quella esplicata del medico presso il quale sono in cura attualmente, dal momento che quella precedente era probabilmente erronea (parole del mio terapeuta). Non si è mai parlato di un vero e proprio bipolarismo, o quantomeno non mi è stato mai attribuito esplicitamente tale disturbo. Si è parlato, piuttosto di disturbo ossessivo e sbalzi d'umore di una certa importanza, che derivano, in sostanza, dalla percezione e dalla rappresentazione che avevo, di momento in momento, di me stesso: nei giorni in cui questa era tutto sommato buona, beh, tutto andava liscio (facevo grandi progetti, ero euforico, riuscivo comunque a stare davvero bene); nei giorni in cui, invece, specchiandomi non vedevo riflessa un'immagine che mi soddisfacesse, e che valutavo adatta e adeguata alle situazioni che dovevo o stavo per affrontare (ad esempio incontrare qualcuno o comunque uscire di casa), ecco che andavo in crisi: iniziava a darmi fastidio tutto quello che mi circondava (persino il sole che entrava dalla finestra), pretendevo di fare chissà quali spostamenti all'interno dell'abitazione, mettevo in discussione tutta quanta la mia vita, diventavo irritabile, mi chiudevo in casa, non volevo che nessuno mi vedesse. Anche all'interno di una stessa giornata, spesso e volentieri, si verificava il passaggio dalla fase up alla fase down (o anche viceversa).
A rincarare la dose c'era il mio legame ossessivo col passato, che mi ha permesso di sperimentare sulla mia pelle forti momenti di quella che banalmente potrebbe essere definita malinconia, ma che in realtà è qualcosa di ben più profondo a mio avviso, tanto che spesso anche questi pensieri hanno offerto un fertile terreno agli episodi depressivi, dal momento che avevo la tendenza a fare sistematicamente il paragone tra la situazione presente e quelle passate, e molte volte il presente ne risultava schiacciato, poiché lo percepivo come vuoto e degradato, in opposizione ai fasti del tempo passato (visto come "età dell'oro"). Insomma, potrei stare qui per ore a parlarle di me, le ho giusto accennato i nodi problematici principali.
La mia domanda resta: può aver la terapia farmacologica influito sul mio attuale stato (parlo delle difficoltà a memorizzare, ecc. a cui ho fatto riferimento prima)? Ed eventualmente i danni sono irreversibili o c'è un modo per venirne fuori? Si può dire che io abbia sospeso l'assunzione in un momento di forte rabbia, derivata proprio dal fatto che anche nella passata sessione d'esami non avevo concluso nulla, e, se queste sono le premesse, non oso immaginare la prossima (posto che comunque ci metto tutto l'impegno e la buona volontà di questo mondo). Sa, vorrei anche sapere se i miei genitori stanno continuando a pagare l'università a vuoto, o c'è la speranza che un giorno mi riesca a laureare.

Un cordiale saluto.
[#3]
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 990 248
Gentile utente,

Non si sarà detta la parola bipolarismo ma mi sembra che tutte le descrizioni e i termini lo indichino, oltre al fatto che le sono state date due terapie da due medici diversi che sono per un disturbo bipolare.

Ha alcuni pensieri tipici di un meccanismo ossessivo, ovvero avere dei danni irreversibili, controllare le proprie funzioni mentali senza sapere più se sono normali o no, etc

Noto che nello spiegare la sua condizione collega i sintomi gli uni agli altri, e ragiona come se alcuni fossero il prodotto di altri, queste spiegazioni tra sintomi non sussistono, i sintomi e la psiche non sono fonte di nulla, sono prodotti e manifestazioni, tra loro sono collegati tramite il cervello che li produce se mai, ma non è che uno produce l'altro.

Se nella sua storia non si sono mai verificati deliri e allucinazioni, ovvero sintomi psicotici, forse può essere curato senza il ricorso a farmaci antipsicotici (ora è l'abilify), il che forse può influire sulle prestazioni e sulla spinta a fare.
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