Come stabilire se è il caso cambiare/aumentare terapia oppure no

Salve dottori, sono in cura con escitalopram 20 mg da diversi mesi per problemi depressivi. Sono anche in cura presso uno psicoterapeuta. Faccio da anni terapia con terapeuti diversi senza risultati.
I vantaggi della cura li ho sentiti, soprattutto per i problemi d'ansia, anche se ora essendo stato periodo di vacanza è anche normale forse essere meno ansiosi. Comunque soprattutto sul versante ansia sociale sento di non averla più tanto.
Tuttavia nonostante mi senta meglio da questo punto di vista resto comunque inattivo e con poco interesse nei confronti di piaceri e doveri. Io non ho capito se ciò è determinato dal fatto che "non so bene cosa voglio e debbo scegliere la mia strada" come la psicoterapia vorrebbe cercare di farmi capire oppure perché tendo ancora ad avere rimuginii depressivi.
Io in realtà una mia strada la vedo, ma la vedo difficile, onerosa e poco allettante, in quanto vivo la paura che sia troppo tardi per molte cose. Da qui dico che forse sono ancora depresso.
Ora io voglio capire se sia il caso di aumentare dosaggio, integrare altro farmaco e/o cambiare cura oppure continuare così perché non centra nulla la cura farmacologica della depressione in se ma debbo affidarmi allo psicologo e basta.
Mi rendo conto che non sono io che dovrei decidere cosa fare con la terapia farmacologica ma è lo psichiatra, tuttavia nei fatti mi trovo come se fossi io a determinare cosa viene fatto con le cure. Lo psichiatra infatti fa solo da contorno alla terapia psicologica, e a me basterebbe una telefonata a lui dicendogli "la cura non mi basta" perché lui la cambi o mi faccia aumentare il dosaggio.
Io sinceramente vorrei AFFIDARMI di più, vorrei che fossero le persone che mi curano a dirmi "hai ancora pensieri depressivi, devi assumere questo e quello" oppure "la terapia per ora sta andando bene, continua con la psicoterapia".

Insomma, io la psicoterapia la sto facendo, se non ho comunque ancora risultati è perché debbo aumentare le cure farmacologiche o perché sono io che non sono abbastanza "forte, deciso, sicuro, ecc." da essermi messo in gioco e riuscire a guarire?
Capisco che a questa domanda non potete rispondere direttamente voi non conoscendomi come paziente, ma vorrei sapere se c'è un modo per stabilire se la cura farmacologica non è ancora abbastanza (pur avendo dato risultati) oppure è tutto appannaggio del paziente se è soddisfatto oppure no.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 993 248
Gentile utente,

Se lo psichiatra è a conoscenza che la cura non è pienamente soddisfacente e questo lo spinge a cambiargliela, perché non comunicarglielo chiaramente ?

Non capisco perché non tratta questo aspetto come un aspetto da comunicare al medico perché provveda. Certo, può darsi che il medico se ne accorga da sé, ma non ho capito cosa ci sarebbe di sbagliato nell'ottenere una modifica ad una cura i cui risultati non sono pienamente soddisfacenti.

Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini

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dopo
Utente
Utente
Perché lo psicologo mi ha fatto capire che al di là del farmaci sono io che ho delle resistenze al cambiamento.
Insomma magari ho raggiunto la massima aspettativa che la cura farmacologica può darmi sta ora a me darmi una mossa.

Inoltre vorrei sapere una cosa, queste fantomatiche "resistenze al cambiamento" sono per forza dovute al vantaggio secondario? Perché io sinceramente questo vantaggio nel vivere passivamente la mia vita non lo vedo, io mi sento in gabbia.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 993 248
Gentile utente,

Ecco appunto, le fantomatiche resistenze al cambiamento "al di là dei farmaci" sono discutibili. Diciamo che ognuno, quando è in una configurazione mentale rigida e che non lascia speranze o impone timori rispetto al cambiamento, tende a orientarsi più verso la gestione dei propri limiti che non verso la ricerca di un cambiamento della situazione. Ma questo è un sintomo, non è qualcosa di "extra". Se i medicinali migliorano i limiti, dopo un periodo iniziale in cui ancora la persona può essere diffidente, dubbiosa, addirittura preoccupata del cambiamento che sta avendo, poi la persona cambia e si adatta bene alle novità, cioè a quel che può fare senza i limiti imposti dal suo disturbo.