Sindrome schizoaffettiva: diagnosi discutibile

Salve.

Vorrei esporvi un problema alquanto spinoso, che per me è diventata una questione ormai decennale e tormentata.

Intorno al 2010, un affermato specialista psichiatrico mi ha diagnosticato un disturbo schizoaffettivo, semplicemente sulla base di diversi colloqui, avuti con lui, nel corso di un anno nel quale ero in terapia presso il suo studio.
La diagnosi è stata formulata repentinamente, in una sola seduta, nella quale è stato redatto un certificato in cui si attesta la presenza di questo disturbo. Precedentemente non mi aveva mai sottoposto alcun test specifico finalizzato ad accertare la presenza di eventuali tratti associati ad uno spettro psicotico. Inoltre non ha mai indagato ed accertato la presenza di sintomi specifici di questa patologia, che pure sono codificati e catalogati dal DSM. Ad esempio, non mi ha mai chiesto se avessi allucinazioni uditive o visioni. Dunque la sua diagnosi si è basata unicamente su quello che io gli riferivo nel corso della terapia, principalmente questioni legate alla difficoltà ad avere rapporti con le persone e ad avere una vita sociale soddisfacente.
Soltanto dopo, non essendo minimamente convinto della correttezza della diagnosi, ho cambiato specialista e ho chiesto di sottopormi al test SCID, che ha rilevato la totale assenza di tratti psicotici o comunque riconducibili a schizoaffettività. Successivamente questo psichiatra è partito per lavoro abbandonando definitivamente la città nella quale vivo. Per questo motivo, ho proseguito la terapia con un altro psichiatra, il quale ha anch’egli riscontrato la totale assenza di tratti psicotici nella personalità, peraltro attestandolo con un certificato che ho poi presentato in commissione medica. In questo certificato la diagnosi del mio malessere è stata modificata in “disturbo fobico-ossessivo”.
"Dulcis in fundo", all'ultimo rinnovo di patente, ho presentato un certificato di guarigione e remissione definitiva della fobia ossessiva alla commissione medica, supportato dalla solita conferma della struttura sanitaria pubblica di loro riferimento, dimostrando, sulla carta, di non avere nessun tipo di patologia psichiatrica in atto.
Ormai, sono diversi anni che va avanti questa storia, almeno tre, in cui la prima diagnosi, quella appunto di schizoaffettività, è contrastata da elementi successivi, fino ad essere sparita del tutto negli ultimi due certificati, ma il permesso è stato sempre della validità di un anno.
Volevo chiedervi se la legge prevede che non si possa mettere in discussione la diagnosi di uno specialista. Perché se le cose stanno così anche su un piano legale e formale, allora è inutile che io mi muova in questo senso ed incrocio le braccia. Se invece c’è una possibilità di mettere in discussione, vorrei sapere quali elementi dovrei produrre in sede legale per invalidare la diagnosi ed, addirittura, dimostrare che non è corretta.

Certo di un vostro autorevole e valido riscontro, vi porgo cordiali saluti.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 993 248
Gentile utente,

In questi casi per dare un giudizio è indispensabile sapere che terapie sono state svolte o sono in corso, e che esistano formalmente diagnosi tra loro in contraddizione.
Poiché la prima avrebbe una prognosi di cronicità, non può semplicemente essersi "modificata" o essersi conclusa.
Se adesso ha una diagnosi di disturbo ossessivo ed è in corso una cura per il disturbo ossessivo, effettivamente ci sarebbero elementi.
Il resto è invece meno rilevante, perché se una persona delira, non gli si chiede se delira, e se sente voci, non è detto che lo affermi o lo riconosca. Neanche è detto che in corso di cura una persona divenga consapevole di aver avuto una psicosi, anche perché può darsi che la psicosi rimanga, più attenuata, e quindi non ci sia consapevolezza.
Detto questo, schizoaffettivo è una diagnosi che significa, in due parole: sintomi psicotici stabili, e fasi umorali alterne, o solo depressive, o come disturbo bipolare. I sintomi psicotici stabili devono essere stati osservati stabilmente, quindi non equivale a dire che uno abbia assunto a lungo antipsicotici.

Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini

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