Non riesco a riprendermi da una delusione lavorativa. Pensieri suicidi.

Buonasera, sono una ragazza di 29 anni. Da Agosto sono alla mutua, dopo aver subito per mesi atti pesanti di mobbing da parte del mio capo. Il trattamento subito mi ha tra l'altro impedito di studiare ed ho perso un anno di università. (Studio medicina e chirurgia). Sto finalmente risolvendo grazie ad avvocati ed ho già un nuovo lavoro che mi aspetta. Purtroppo però il mio stato mentale non migliora. Mi sveglio spesso con forte nausea che mi porta a rimettere tutto quello che provo a mandar giù. Mi sposto dal letto al divano e faccio giusto il minimo necessario per me ed il mio compagno (convivo). Fatico ad addormentarmi ed a svegliarmi. Progetto di fare mille cose, come riprendere a preparare esami o semplicemente sistemare l'armadio, ma non ne inizio neanche una. Non ce la faccio. Sto rinchiusa in casa, non esco da mesi e non vedo più gli amici. Piango quotidianamente. Penso spesso che l'unica cosa in grado di portarmi sollievo sia ammazzarmi. Perché non sento di aver più le solite speranze che prima mi aiutavano ad andare avanti. Ma ogni volta che lo penso mi faccio solo più schifo perché non vorrei mai far soffrire chi mi vuol bene. Bevo per calmarmi anche se so che è sbagliato. Ho provato a smettere di fumare in questo periodo, ma neanche questo mi è riuscito. Avverto costante l'insofferenza del mio compagno. Ho paura che questa mia condizione lo porti a non amarmi più, anche se stiamo insieme da 9 anni. Mi sento un fallimento completo e vorrei solo spegnermi per non provare più questa costante angoscia di vivere. Speravo che con la conclusione del contenzioso la situazione migliorasse, ma ora ho paura che la mia condizione sia ben più grave e non so che fare. Sono realmente depressa? Mia madre lo è, e vive in dipendenza dei farmaci. Ho paura di finire così anche io. Ogni riflessione o consiglio saranno preziosi. Vi ringrazio.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 990 248
Gentile utente,

In che senso ha paura della "dipendenza" da farmaci. Sua madre è depressa ma non lo è curandosi in maniera costante, quindi paura di che cosa ? Di avere la depressione curata ?

Dr.Matteo Pacini
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dopo
Utente
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Gentile Dr. Pacini la ringrazio per la sua attenzione. Credo di capire quale sia la riflessione che vuole portarmi a fare. "Se hai un male che può essere curato qual'è il problema?". Certo, non posso darle torto. Mi sta quindi implicitamente confermando che il mio è un caso conclamato di depressione? Che una persona affetta da una malattia cronica e costretta ad assumere farmaci per poter vivere in maniera accettabile, ha la medesima qualità di vita di una persona sana? Che la dipendenza che la maggior parte degli psicofarmaci comportano è dovuta alla cronicità della malattia che vanno ad attenuare e non alla loro natura chimica? Mi perdoni le domande, ma non sono ancora così avanti negli studi, ho iniziato tardi e sto frequentando il terzo anno. Certo le posso dire che mia madre non è più la solita persona di prima, per quanto la cura possa giovarle. E non credo sia così strano aver paura di non poter tornare più ad essere la persona che ero fino a qualche mese fa, se non con l'aiuto di farmaci. È strano aver paura di scoprire di avere una malattia cronica, oltretutto così poco compresa dalla società? La ringrazio ancora.
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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.5k 990 248
Non saprei cosa sia né posso stabilirlo qui, ma alla fine il concetto è che se c'è una cura che consente di tenere la malattia "come se non ci fosse", ovviamente la qualità di vita migliorerà rispetto all'ipotesi "malattia che c'è".
Poi, per alcuni già il fatto di dover prendere una medicina è fastidioso, e l'idea di avere una malattia è poco accettabile. Nei fatti però il benessere che si può ottenere curandosi equivale all'eliminazione dell'ostacolo creato dalla malattia, quindi sì, si può avere una qualità di vita normale.