Apatia e totale confusione

Buonasera,
mi trovo da circa una settimana in una condizione di fortissimo disagio psico-fisico. A giugno ho sofferto di coliche renali e questo ha causato uno slittamento dello studio, provocandomi stress e difficoltà. Ho preparato il primo esame principalmente da solo fuori città, non ho usato alcuna sostanza e il 27 l'ho sostenuto prendendo 29 (mentre avrei voluto darlo il 12). Ciò ha causato problemi nel preparare il secondo esame, fissato al 12 luglio e proprio gli ultimi giorni in cui avrei dovuto ripetere ho incontrato per una casualità la mia ex dopo quasi un anno. È stato un incontro sconvolgente per entrambi, che mi ha gettato in una crisi di diversi giorni in cui dentro di me si alternavano innamoramento, nostalgia, progetti di tornare insieme, amore purissimo al di là di un rapporto e pianti di commozione. Ci siamo lasciati per un suo trasferimento e fatti di poco conto; avevamo un rapporto profondissimo e abbiamo gettato insieme le radici delle nostre personalità. Nel frattempo, forse per lo stress crescente, ho acquistato dell'erba. "Di mio" fumerei poco (1-2 volte al mese), ma frequentando un gruppo di fumatori quest'anno ho fumato parecchio, 2-3 volte alla settimana. Non fumavo in solitudine da mesi ed è stato molto potente, con momenti al limite di una specie di schizofrenia: la "voce della coscienza" era stranissima, poteva spegnersi, distorcerci e potevo decidere di controllarla o lasciarle dire cose. Non ho sostenuto l'esame e il giorno dopo, arrabbiato e disprezzando me stesso, ho cominciato a preparare il terzo esame da dare a settembre. Un mio amico mi ha regalato un blister di Noopept, una versione russa più potente del Piracetam (prima volta). Ho percepito un aumento del pensiero razionale, che però tendeva a criticarmi, poco aiuto per lo studio e, non so se collegato o no alla molecola, una forte depressione. Dopo 3 giorni di studio buono, mi sono bloccato totalmente. Giorni di totale apatia si sono alternati a giorni felicissimi con gli amici, in cui però ho fumato parecchio. A casa, di nuovo impossibilità a concentrarsi. Sto constatando una totale confusione, mi sento sempre rintronato, come se dovessi dormire, ho perso il senso del tempo, passo le giornate a camminare per casa e pensare a un consulto da scrivere qui in modo ossessivo - mi sento fuori da me, non faccio e non penso a nulla e non ho energie nemmeno per le mie letture. Mi sento strano, mi comporto in modo strano e mi sembra di impazzire; la mia vita è ora totalmente disordinata e senza il minimo filo logico, salto i pasti, vago da una casa all'altra ecc... Esco di rado cercando di costringermi a studiare, ma quando esco con gli amici sto bene. Ho tentato di risollevarmi con una dose minima di LSD (non "da viaggio") ma non ho avuto effetti. Da dicembre ho fatto uso circa 15 volte di LSD e mi ha aiutato moltissimo, sconfiggendo un umore un po' negativo che ho da sempre e facendomi passare un semestre stupendo e pieno di vita. Cosa mi succede? Grazie.
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Dr. Francesco Saverio Ruggiero Psichiatra, Psicoterapeuta 42.5k 1k
Succede che fa uso di sostanze ne riceve poi effetti negativi e pensa di risolvere utilizzando altre sostanze.

Forse è il caso di considerare questo aspetto.

Dr. F. S. Ruggiero

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Utente
Utente
Salve,
innanzitutto tengo a precisare che ieri quando ho scritto il quesito ero totalmente fuori di me. Ho esposto i concetti in modo confuso e alcune cose sono espresse malissimo (ad esempio non ho mai assunto lsd solo "per tirarmi su"). Ieri sera ero come dissociato in tre: una parte era costituita dal pensiero ossessivo e irremovibile di essere andato fuori di testa e che necessitava assolutamente di chiedere un consulto qui; un'altra parte mi diceva che era tutto normale e mi stavo solo agitando senza motivo; una terza non era costituita dal pensiero razionale ma era quella che agiva e faceva cose disordinate e senza senso, come osservare il frigo, andare in panico anche solo riguardo la cena e mettere dischi di musica classica a tutto volume per gettarsi sul tappeto in posizione fetale.
Stamattina mi sono svegliato, dopo diversi giorni, decisamente meglio e infatti ora spengo subito il pc e provo a studiare.
Ovviamente non assumerò sostanze e spero di resistere più possibile, non tanto con l'lsd che gestisco totalmente e da cui non ho mai avuto alcuna dipendenza quanto dall'erba che per l'ambiente che frequento è molto difficile fare a meno.
Non posso fare a meno di ringraziarvi per il magnifico lavoro che fate: anche aver scritto quelle righe sconclusionate mi ha dato un aiuto non indifferente.
Secondo voi cosa ho vissuto/sto vivendo? È una sorta di "crisi"?

Una domanda. Come dicevo quest'anno ho fatto uso di LSD e questa sostanza mi ha aiutato a risolvere innumerevoli problemi e farmi stare meglio con me stesso e con il mondo. Non ne ho più bisogno, almeno per ora, (se la prendo mi dice che ora non devo drogarmi ma vivere). La sostanza ha avuto su di me un effetto terapeutico senza mai manifestare effetti negativi. Ora, secondo la vostra esperienza, potrebbe succedere che invece a distanza di mesi o anni abbia problemi psichiatrici legati a questo uso? Oppure è una sostanza che se non causa subito problemi può considerarsi sicura? (del resto è noto il suo impiego in medicina, nessuna ricerca evidenzia danni di alcun tipo e pare che sia stata bandita principalmente per ragioni politiche mentre è richiestissima da neuroscienziati per la ricerca).
Grazie.
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Dr. Francesco Saverio Ruggiero Psichiatra, Psicoterapeuta 42.5k 1k
È evidente che ciò che descrive possono essere fenomeni dissociativi correlati all'uso o al l'astinenza da sostanze.

Per quanto voglia convincersi del contrario il dato di fatto è purtroppo legato all'uso di sostanze.
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Dr.ssa Franca Scapellato Psichiatra, Psicoterapeuta 4.1k 202
Lei può credere a quello che le piace di più, ma questo non vuol dire che sia il percorso più efficace.
E' in balia delle emozioni e si crea regole rigide e obiettivi, è tutto bianco o nero, senza sfumature o mediazioni.
Sta uscendo ora dall'adolescenza, ma le sostanze non sono un buon modo di uscirne, non per un discorso moralistico ma realistico. Quanto a ritenere di avere il controllo della sostanza, i Sert sono pieni di gente che smette quando vuole.
I farmaci provenienti dall'estero, o acquistati in rete, spesso sono farlocchi, il principio attivo può essere assente o ridotto, la data di confezionamento e la conservazione non garantite.

Franca Scapellato

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Utente
Utente
Innanzitutto grazie per le risposte.
Per quanto riguarda il controllo delle sostanze, so che di alcune cose non ho particolare controllo. Non sono "tossico" come tante persone che conosco, ma so che difficilmente riuscirò a liberarmi dalle sigarette e dalle canne. Con l'LSD è diverso: se per "dipendenza" intendiamo il fatto che prima o poi farò un altro "viaggio" (magari tra mesi, magari tra un anno) allora, si, sono dipendente. Se invece intendiamo un'assunzione compulsiva, un "non poter farne a meno" allora non lo sono, ma per il semplice fatto che questa sostanza non lo consente. Un utilizzo continuo porta a non avere effetti e soprattutto sono esperienze pesanti, che alla fine non si ha nemmeno la voglia di fare. L'uso di LSD dei consumatori "abituali" che conosco difficilmente supera le 3-4 assunzioni annue: di più è superfluo, si sa, e pesante. Il mio abuso purtroppo è sempre stato legato ad occasioni che si creavano con altre persone e infatti gran parte delle esperienze non mi hanno dato nulla. I pochi che ne abusano finiscono come Syd Barrett, ma è una scelta di autodistruzione / totale ascesi / psicosi a seconda di come si vede, ed alla fine la ritengo più una scelta che una dipendenza, e non è la mia.

Tornando alla mia situazione, ieri, la mattina dopo aver chiesto il consulto, mi sono svegliato infinitamente meglio e sono riuscito a studiare con profitto (proprio grazie al consulto). Il pomeriggio, però, ho avuto degli impegni e si è verificata una stanchezza sempre crescente che non mi ha consentito né di aprire libro né di fare alcunché. La sera, tornata una tendenza alla depressione, ho bevuto dei superalcolici da solo (cosa che non faccio mai) e poi ho chiamato dei miei amici che, ovviamente, hanno portato una canna (non fumavo da quattro giorni). Stavolta è stato diverso però. Un mio amico mi ha messo in guardia sull'esame di settembre e, dopo che sono andati via, ho avuto momenti estremamente propositivi.
Ho scritto qualche pagina su un quaderno, individuando alcuni problemi di cui vorrei parlare, cerco di riassumere:
1) Il fatto che finalmente sto imparando a godermi la vita, ma che se mi abbandono totalmente al "carpe diem" rischio di perdere totalmente me stesso, di dissolvermi, trovarmi insoddisfatto e incapace materialmente di continuare anche solo a "cogliere l'attimo": l'"io razionale" deve tornare, serve una guida nella vita, sapere quando ci si può lasciare andare ma poi riuscire a tornare in se. So che sto trascurando questa parte che devo necessariamente ritrovare; L'una parte non può vivere senza l'altra; tornare a progettarsi un po', a pianificare l'avvenire;
2) Oltre a vivere "a mille" e "nel momento" come ho fatto negli ultimi sei mesi, non trascurare il progetto che mi sono dato, quindi quello di studiare, leggere, acculturarmi e soprattutto riuscire a scrivere qualcosa, sogno che inseguo dall'infanzia e che non devo lasciarmi sfuggire; (e magari dedicarmi anche ad altri hobby, come la pittura, l'ascolto di musica...)
3) Il fatto che inseguo sempre spasmodicamente "il tempo", che nei momenti di attività mi trovo sempre in una incessante corsa contro di esso. Il problema, però, non è una mancanza materiale di tempo, quanto il fatto che il mio pensiero "sfriziona". Proprio come quando la frizione di un'auto è usurata, nella mia testa si avvicendano sempre infiniti pensieri fino ad esserne esausta e senza muoversi di un passo, un motore a tavoletta che si surriscalda senza marcia inserita.
4) Ma qual'è il contenuto di questi pensieri? Questa "voce della coscienza" sempre e continuamente attiva, che non riesco mai a fermare, difficilmente pensa a qualcosa di utile, costruttivo e interessante, ma per la stragrande maggioranza del tempo è impegnata in rimuginazioni ossessive, infinite, sempre ridondanti che mi esauriscono (un esempio: il quesito da chiedere qui sarà stato pensato nella testa almeno 150 volte in un giorni; oppure una ricostruzione di un possibile incontro con la mia ex, o anche cose molto più banali ma ripetute e testate all'infinito).

Domanda, che mi affligge da quando sono bambino: La voce della coscienza, il "pensiero linguistico", deve normalmente stare sempre attivo o può fermarsi? Il mio non si è praticamente mai fermato da quando ho imparato a parlare, distraendomi da tutto, rendendomi spesso imbranato ecc... Il "nemico" che devo affrontare è la "voce della coscienza" (che potrei provare a fermare, c'è chi dice con la meditazione, cosa che un po' mi spaventa sembrandomi troppo "psichedelica") oppure i "pensieri ossessivi" che quasi sempre la dominano (potrei sviare su altri pensieri, ma sarebbe sempre la voce razionale a dominare la mia mente)? Una risposta a questa domanda, magari anche con link su letture mi aiuterebbe davvero tanto, è un cruccio che mi porto dietro da anni.

La maggior parte del mio tempo si spreca in pensieri continui che difficilmente portano a qualcosa, ieri ho pensato di prendere un taccuino e magari tentare di sostituire questo pensiero incessante con la scrittura. Spesso resto nell'inazione, divorato da un lavoro continuo della mente linguistica.

Per quanto riguarda la situazione attuale, oggi mi sono svegliato propositivo dopo i pensieri di ieri e ho cominciato a studiare e stavolta, invece di pensare ossessivamente al consulto, ho acceso il pc e sto scrivendo. Purtroppo lo studio è stato interrotto dopo appena mezz'ora. Una totale stanchezza si è impossessata di me: è come se non avessi riposato (avrò fatto 7 ore di sonno), gli occhi sono stanchi, i muscoli affaticati, la mente giusto un poco più attiva dei giorni precedenti. Questa astenia dura da più di una settimana. È un totale affaticamento fisico e mentale, come se dovessi sempre dormire. Ora:
1) questa "astenia" (non uso il termine in senso medico non essendo medico, ma giusto per farmi capire) la ricordo bene: esattamente un anno fa, quando non facevo uso di sostanze, cominciai a sentirmi stanco e rintronato esattamente come ora, poi passò. Vorrei parlarne col mio medico di famiglia, magari è una semplice carenza di ferro o roba fisiologica. Il problema è che non ho il coraggio di menzionare con lui il mio uso di sostanze. Lo conosco da anni, segue tutta la mia famiglia ed è estremamente scrupoloso. Secondo voi gli faccio perdere tempo parlando di questa stanchezza senza menzionare l'uso di sostanze (al massimo "qualche canna ogni tanto")? Questa stanchezza è però sicuramente qualcosa di antecedente l'uso di sostanze e, anzi, forse proprio una sua causa. Troppo spesso mi sento "non lucido", assonnato, apatico, stanco e ciò avviene da sempre, e si alterna con momenti di incredibile vita, in cui però mi angoscio per il tempo perso, divento nervoso e schizzo da una parte all'altra senza concludere nulla ed esaurendomi. Questo spesso avviene la sera, all'improvviso mi "sveglio" e cerco di recuperare il tempo perduto affannandomi.
2) possibile che il mio pensiero è a pezzi per questo suo funzionamento ossessivo continuo? appunto la metafora della macchina che sfriziona, magari finisco la benzina senza muovermi di un passo. DOC? Purtroppo a settembre andrò fuori per un anno e non posso cominciare un percorso psichiatrico.
3) Astenia data dall'accumulo di cannabis? Quest'anno per la prima volta ho fumato parecchio e non solo in modo puramente occasionale, ma durante l'anno non ho mai avvertito questi sintomi, forse anche perchè "caricato" dall'LSD.
4) Il "Noopept" (ovviamente interrotto dopo 4-5 giorni) potrebbe avermi dato il colpo di grazia? Possibile che un "farmaco per il deterioramento cognitivo lieve nell'anziano" abbia conseguenze così pesanti sull'umore? Lavora sull'acetilcolina se non erro.

Grazie mille per l'interessamento.

Aggiungo:
Un'altra sfera di problemi che mi affligge da sempre, e sicuramente intimamente collegata con la "rimuginazione ossessiva" è quella della scelta e della presenza dell'altro.
Molto spesso i miei pensieri si configurano come un assiduo dubbio su ogni piccola cosa. Ho letto tot. libri, quanti libri "si devono" leggere? Sto gestendo la mia giornata così e così, come "si deve" gestire? Quando "si deve" fare una determinata cosa? E questo processo distruttivo e dubitativo continua anche nelle più piccole cose "dove devo appoggiare il bicchiere?" "è maleducazione se vado in bagno ora?". Di certo mia madre non ha aiutato. Ricordo che fino a due anni fa aspettavo che lei me lo dicesse per farmi la doccia, io non lo "percepivo automaticamente" così come non percepivo nessuna delle piccole cose normali che tutti fanno in automatico. Tutto diventava/diventa un rovello, un dubbio. "se me la faccio ora poi sudo", "ma i capelli li devo lavare o no?" e questo si ripeteva anche nell'acquisto di vestiti e in tante altre piccole cose. Io sprofondavo/sprofondo sempre nel dubbio e nell'inazione e alla fine mia madre sceglieva per me, madre però assolutamente non sicura di se, ma a sua volta arrovellata in tremila paranoie, ansiosa. Lei va da una psichiatra, non so bene che diagnosi abbia, ma so che in tutta la sua famiglia c'è una tendenza al DOC, all'ansia e alla depressione, tutte e tre in modo non grave e da costituire un problema per la vita ma comunque presenti come sfera di influenza. Un grande aiuto in questo senso lo ebbi con la relazione con la mia ex, con lei fui sempre responsabile e sicuro, entrambi contribuivamo alla pari nella sfera comune.
Sento sempre la presenza dell'altro, del confronto commisurante con le altre persone, chiunque esse siano. Perfino dei passanti: "posso sedermi a vedere il panorama per quanto mi pare o sembro un pazzo?, forse è meglio che per tutto il tempo che sto qui fumo sigarette così sembra che mi stia riposando" e altri esempi sullo stesso tipo. Cerco sempre il confronto, nelle piccole cose "cammino bene o zoppico?", "sono strano, sembro strano?"
Il bello è che tutto nella vita, esperienze, letture, discorsi con gli amici, mi rileva come ognuno alla fine si faccia gli affari suoi, come ognuno debba scegliere della propria vita e come alla fine nessuno ne sappia più dell'altro, siamo tutti gettati in un'esistenza di cui non capiamo il senso e tentiamo di costruirci un nostro ordine. Questo aspetto finalmente sta aumentando in me, ma continua questa schiavitù dal pronome impersonale, dal "si deve fare così". Difficilmente dico "io voglio" ma piuttosto "io devo", in quello che alla fine è un vivere in frustrazione. Ho paura dell'"io voglio", ho paura che se non mi confronto, se non "vedo le cose come 'vanno' fatte" mi possa gettare in una totale apatia: fermo sul letto a non fare nulla tutto il giorno. Ho dentro di me un impulso di morte, di autodistruzione che troppo spesso sconfigge quello alla vita. Devo costruirmi mie scelte, una mia persona, che non dice "si deve" fare così ma "io faccio così perchè lo scelgo". Ma come faccio a seguire questa strada se tutto mi sembra un continuo dubbio? Io da sempre non ho avuto comportamenti naturali e automatici, ma sempre pensati fino allo sfinimento. Interrompo altrimenti non posso più modificare il testo.