Angoscia, domande ossessive sul senso dell'esistenza

Gentile lettore, ho 30 anni e sono maschio. Sto completando gli studi in una facoltà di area scientifica. Vivo ancora con i genitori. Sono una persona di aspetto piacevole, emotiva, ipersensibile, amante dell'arte. Qualche anno fa ebbi una crisi d'ansia acuta che diede inizio al ricorrere di attacchi di panico e stati di profonda angoscia per tutti gli anni a venire. Per 5 anni a partire da allora ho seguito una psicoanalisi non coadiuvata dalla prescrizione di farmaci visto il parere non favorevole dell'analista (eccetto l'uso sporadico di qualche goccia di valium). Il percorso psicoanalitico mi ha sostanzialmente aiutato a gestire le sofferenze e continuare a costruire il futuro. Ho raggiunto ottimi risultati rispetto allo stato in cui mi trovavo all'inizio della cura. Le angosce però non sono mai scomparse. Da 6 mesi per l'impossibilità di sostenere la spesa ho terminato le sedute a dispetto del parere contrario dell'analista che riteneva il percorso incompiuto seppur a buon punto. Alcune persone mi hanno detto che resistere alle sofferenze contando solo sulle proprie forze è educativo e potrebbe costituire la migliore cura perchè fortificherebbe lo spirito. Le mie angosce riguardano principalmente le questioni esistenziali, la morte, il senso della vita, il cosmo, l'esistenza di Dio. Mi domando mentalmente in modo ossesivo "chi sono io". Nel momento in cui l'angoscia si trasforma in panico mi immagino perso nelle spazio infinito, mi sento scomparire. E' un'esperienza che vivo in modo sconvolgente ma oramai ci ho quasi fatto il callo. Se prima perdevo ogni speranza e mandavo a monte tutti i progetti perdendo settimane, ora mi concedo un giorno di stop e poi torno a lottare. Questo è merito dell'analisi. Devo resistere e andare avanti prendendo il tutto come una crisi evolutiva necessaria per la formazione della mia personalità o devo farmi aiutare perchè la situazione è rischiosa? Cordiali saluti.
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Dr. Francesco Saverio Ruggiero Psichiatra, Psicoterapeuta 41.1k 1k 63
Gentile utente,

ero indeciso se rispondere in quanto, da psichiatra, avrei pensato ad un trattamento farmacologico da subito mentre, da psicoterapeuta, forse non avrei prescritto nulla.
La realtà e' che il suo trattamento analitico ha dato pochi risultati ed a lungo termine.
Ora, sarebbe meglio un trattamento farmacologico che riduca in poche settimane tutti i sintomi.

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dopo
Attivo dal 2009 al 2009
Ex utente
Gentile dottore,
grazie della risposta. Vado diretto alla domanda. Poi se ha tempo legga il resto. La terapia farmacologica può portare ad un ottundimento delle capacità intellettive? Sono uno studente e tra poco inizierò un dottorato, quindi questo aspetto mi sta particolarmente a cuore. Grazie nuovamente per l'attenzione.

Il mio psicoanalista è anch'esso pscihiatra ed è iscritto alla società di italiana di psicoanalisi. Il motivo principale per cui ha sempre sconsigliato l'uso dei farmaci è perchè riteneva avrebbero indotto un senso di affaticamento perticolarmente negativo per chi studia e si trova spesso al volante. Inoltre sosteneva che la terapia farmacologica placa i sintomi solo temporalemte in quanto nella maggior parte dei casi questi riaffiorano dopo la sospensione. "E' fondamentale lavorare su se stessi" era il suo credo. Quando lei dice che il trattamento analitico ha portato scarsi risultati nel mio caso credo si sbilanci un pò troppo facilmente. Fatto molti passi in avanti, ora sono pronto per affrontare lal vita. I sintomi restano ma credo che sia dovuto al permanere della mia situazione di vita. Arrivata la lurea partirò e inizierò una nuova vita., credo che allora i sintomi svaniranno.
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Dr. Francesco Saverio Ruggiero Psichiatra, Psicoterapeuta 41.1k 1k 63
Gentile utente,

non ho detto scarsi ma pochi, nel senso di "meno" di quanto lei ha nelle sue aspettative.
Quindi, non mi permetterei di dire "scarso" ad una cosa che non conosco.

Invece, mi permetto di dissentire dalle valutazioni rispetto ai farmaci del suo psichiatra in quanto la "sonnolenza" e' considerata un effetto collaterale transitorio che puo' essere presente ma potrebbe anche non essere presente.

Come anche la paura che possano aversi delle conseguenze cognitive di qualche genere, secondo me e' assolutamente priva di qualsiasi logica di tipo clinico.

Pertanto, lei certamente ha la facolta' per fare le sue valutazioni.

Credo di doverla riportare anche che considerare la possibilita' di una aspettativa, se questa dovesse rivelarsi falsa per lei sarebbe una ulteriore delusione.

[#4]
dopo
Attivo dal 2009 al 2009
Ex utente
Gentile dottore,
grazie ancora della sua attenzione. Un'ultima cosa prima di chiudere lo scambio, non riesco a capire il senso dell'ultima frase: "Credo di doverla riportare anche che considerare la possibilita' di una aspettativa, se questa dovesse rivelarsi falsa per lei sarebbe una ulteriore delusione"
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Dr.ssa Franca Scapellato Psichiatra, Psicoterapeuta 3.9k 197 21
D'accordissimo col collega Ruggiero per tutto il resto; non ho capito neanch'io la frase sull'aspettativa.
I farmaci antidepressivi, SSRI o simili, non influiscono sulle capacità cognitive né sulla guida, naturalmente dopo un breve periodo di assestamento, non danno assuefazione e potrebbero evitare quei momenti di angoscia dolorosi che le rubano energie.
Miracoli non ne fanno, per fortuna: la sua personalità rimane la stessa;l'esperienza della psicoterapia l'aiuterà di sicuro (nella mente del paziente, la psicoterapia continua anche se i colloqui sono terminati), ma se si può evitare un po' di sofferenza inutile, perché no?
Cordiali saluti

Franca Scapellato

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Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze 43.6k 993 248
Gentile utente,

gli elementi che propone ricordano tratti (in passato disturbanti) di tipo ossessivo. Tali anomalie possono essere transitorie. La psicoanalisi non si inquadra come terapia, ma come teoria interpretativa. Pertanto il miglioramento ottenuto, specialmente se è stato ottenuto dopo molto tempo, è invalutabile se si vuole stabilire cosa lo ha prodotto, visto che può averlo prodotto anche l'evoluzione naturale del disturbo. Per questo le terapie studiate su una base scientifica sono sempre paragonate al placebo, per evitare di scambiare la remissione spontanea con l'effetto di una determinata cura.
In base all'effetto finale non c'è differenza: tutte le terapie efficaci portano risultati dello stesso tipo, compresa la remissione spontanea.
L'incompatibilità tra farmaci e psicoanalisi presuppone due concetti:
a) la valenza terapeutica prevedibile dell'analisi
b) una differenza "ontologica" tra farmaco e psicoterapia, inesistente (personalmente non vedo dove starebbe l'imcompatibilità). Da notare che questa contrapposizione nasce per ragioni culturali e all'origine su farmaci sintomatici (come il valium peraltro) cioè in epoca antecedente all'introduzione di farmaci curativi.

Dr.Matteo Pacini
http://www.psichiatriaedipendenze.it
Libri: https://www.amazon.it/s?k=matteo+pacini

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Dr. Francesco Saverio Ruggiero Psichiatra, Psicoterapeuta 41.1k 1k 63
Gentile utente,

facevo riferimento a questa sua frase:

"Arrivata la lurea partirò e inizierò una nuova vita., credo che allora i sintomi svaniranno."

Ritengo che, ponendosi lei in questa aspettativa, potrebbe poi rimanere deluso se i suoi sintomi non svaniranno dopo che avra' iniziato la sua nuova vita.

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